• Il silenzio dissenso e la vergogna

    Il sinistro governo che doveva togliere lacci e lacciuoli alla nostra economia, il governo del liberista, liberal libertino Silvio Berlusconi cosa ti inventa? Il silenzio dissenso sulla detraibilità delle opere volte al risparmio enegetico.

    Ovvero in controtendenza con la sua azione governativa volta quasi sempre a eliminare i controlli (dalla Via alle autorizzazioni paesaggistiche) questa volta punisce coloro che nel 2008 (e nei prossimi anni) hanno effettuato interventi sulle proprie abitazioni volti a risparmiare energia, obbilgando i cittadini a inviare all’Agenzia delle entrate, solo per via telematica, «un’apposita istanza per consentire il monitoraggio della spesa e la verifica del rispetto dei limiti di spesa complessivi». L’Agenzia delle entrate esamina le domande secondo l’ordine cronologico di invio e comunica entro 30 giorni l’esito della verifica agli interessati. Decorsi i 30 giorni senza esplicita comunicazione di accoglimento «l’assenso si intende non fornito» e il cittadino non potrà usufruire della detrazione.

    Una sola parola: VERGOGNATEVI.

    Dal Corriere della Sera.

    NB: magari alcune delle spese oggi detraibili non sono proprio considerabili volte al risparmio energetico (tipo l’installazione di condizionatori), ma da qui a rendere tortuosa la strada di chi tenta di costruire e ristrutturare case con l’obiettivo di risparmiare energia di strada ce ne passa…

3 Comments

  1. Paolo says: 1 Dicembre 2008 at 22:51

    Invio un mio piccolo contributo. Mi sembre molto interessante!! (tratto dal sito di Forza Italia)
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    Intervista del ministro Scajola a Panorama
    Parla Scajola: il nucleare facciamolo a casa nostra
    “Panorama”, 27 giugno 2008, intervista di Roberto Seghetti

    L’obiettivo del governo è di ridurre i costi e i prezzi dell’energia elettrica per le famiglie e le imprese, portandoli ai migliori valori europei. Nella produzione di energia elettrica dobbiamo arrivare a un mix composto dal 25 per cento di energia rinnovabile, 25 per cento di nucleare e 50 per cento di combustibili fossili tra gas, carbone pulito e petrolio. La meta che secondo il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, bisogna raggiungere entro 20-30 anni è chiara. Come arrivarci e con quali tappe intermedie, il ministro lo spiega a Panorama.

    Oggi il 42 per cento del fabbisogno energetico italiano è coperto dal petrolio, il 36 dal gas, il 9 da combustibili solidi, il 5,2 da importazioni di elettricità, il 7,3 da fonti rinnovabili. Come deve cambiare questa ripartizione?
    Il mix italiano nella produzione di energia elettrica è troppo sbilanciato sulle fonti fossili, in particolare sul gas naturale, che ha un problema di dipendenza dalle importazioni. È la conseguenza delle scelte passate, con le quali è stato escluso l’uso dell’energia nucleare e privilegiato il ricorso al gas anche per la generazione di elettricità. Per questo nel Piano triennale per lo sviluppo, approvato dal governo lo scorso 18 giugno, abbiamo inserito le prime norme per la definizione, entro il giugno 2009, della Strategia energetica nazionale, la quale prevede tra i suoi obiettivi: il ritorno al nucleare, la promozione delle fonti rinnovabili, l’accelerazione delle infrastrutture energetiche (rigassificatori, sistemi di stoccaggio per il gas naturale, collegamenti internazionali) e la diversificazione delle fonti e delle rotte di approvvigionamento.

    Quanto tempo ci vorrà?
    Alcuni progetti relativi al gas troveranno realizzazione entro quest’anno, come l’aumento delle importazioni dall’Algeria, per 6,5 miliardi di metri cubi all’anno, e dalla Russia, per ulteriori 3,2 miliardi di metri cubi. Nei primi mesi del 2009 sarà operativo il nuovo terminale di rigassificazione di Gnl al largo della costa di Rovigo, che si aggiunge all’attuale rigassificatore di Panigaglia (avrà una capacità di 8 miliardi di metri cubi). Sempre quest’anno autorizzeremo la costruzione di nuovi impianti di rigassificazione e stoccaggio di gas. Altri progetti che vogliamo completare entro la legislatura sono il gasdotto Galsi, che collegherà l’Italia all’Algeria passando attraverso la Sardegna, e il gasdotto Itgi, che porterà il gas dalle regioni del Caspio, passando per Turchia e Grecia.

    E per il nucleare?
    Il Consiglio dei ministri ha previsto una delega al governo per la definizione dei criteri di localizzazione degli impianti, per le misure compensative da riconoscere alle popolazioni e per la costituzione delle autorità di controllo della sicurezza. L’obiettivo è di arrivare entro la legislatura ad avviare la costruzione di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione, secondo le tecnologie più avanzate.

    Chi pagherà la costruzione?
    Gli impianti nucleari assicurano energia su larga scala senza emissioni di gas serra. Il fattore sicurezza è dimostrato dall’esperienza decennale accumulata. Si tratta di energia che può essere prodotta a costi competitivi, e lo dimostra il fatto che l’Italia importa una quota significativa di elettricità da paesi dove il nucleare è molto presente, come Francia e Svizzera. I rincari di petrolio e gas rendono ancora più conveniente l’investimento. Quindi, non ci sono ragioni perché l’energia nucleare non debba essere economicamente sostenibile anche in Italia, e perché gli impianti non possano essere costruiti dalle imprese energetiche con propri capitali nell’ambito delle regole del sistema elettrico.

    E il governo?
    Compito del governo è di rimuovere gli ostacoli: dare un quadro di regole certe, rendere disponibili i servizi tecnici e le infrastrutture di supporto di cui ha bisogno la filiera nucleare.
    È sicuro che sia possibile individuare i siti delle centrali? Non si fa prima a costruirle in Albania?
    Nel Piano triennale per lo sviluppo è previsto che il governo avvii una procedura per l’individuazione dei siti con il coinvolgimento attivo delle regioni. Per la localizzazione dei siti contiamo di avvalerci anche della normativa e delle raccomandazioni elaborate dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica, della normativa Euratom, degli studi dell’Agenzia per l’energia nucleare dell’Ocse. Dal punto di vista dell’accettabilità sociale, penso sia importante un percorso partecipato e trasparente, che fornisca informazioni complete e risponda alle comprensibili preoccupazioni dei cittadini. Forniremo ogni assicurazione sugli standard di sicurezza e garantiremo adeguate compensazioni economiche ai territori coinvolti. Quanto a possibili impianti in Albania, si tratta di un’ipotesi da verificare. Ma penso che un grande paese come l’Italia debba perseguire una maggiore autonomia energetica, facendosi carico direttamente delle infrastrutture necessarie.

    E i siti per le scorie?
    Un sito per le scorie nucleari è necessario anche a prescindere da nuovi impianti. Il precedente governo, pur contrario allo sviluppo del nucleare, aveva costituito un gruppo di lavoro per elaborare proposte volte all’individuazione del sito. I risultati dovrebbero giungere entro l’anno.

    Quanto si investirà in ricerca?
    Dobbiamo investire di più, concentrando gli sforzi sulle filiere tecnologiche più promettenti. Nel Piano triennale per lo sviluppo abbiamo previsto risorse per la partecipazione dell’Italia ai programmi internazionali di ricerca sui reattori nucleari di nuova generazione, che potranno entrare in funzione non prima di 30 anni da oggi, e a progetti per la cattura e il confinamento dell’anidride carbonica prodotta da impianti termoelettrici alimentati con combustibili fossili.
    In altri paesi eolico e solare sono molto utilizzati. Quali interventi farà il governo?
    La potenza elettrica installata basata su fonti rinnovabili è cresciuta a fine 2006 a oltre 21 mila megawatt. Ma la produzione elettrica rinnovabile è rimasta grosso modo costante e l’apporto di queste fonti alla produzione totale è addirittura calato. Gli incrementi di produzione forniti da alcune fonti rinnovabili (come geotermia, energia eolica e solare e biomasse) non hanno infatti compensato la contrazione dell’apporto della fonte idrica. Aumenteremo dunque lo sforzo per ottenere dalle fonti rinnovabili un contributo del 25 per cento alla produzione totale, dall’attuale 16-17 per cento, intervenendo sulla semplificazione delle procedure per la realizzazione degli impianti e sull’efficacia degli incentivi. Tuttavia, non bisogna fare l’errore di mettere in contrapposizione le rinnovabili con l’energia nucleare. Un paese come l’Italia non può permettersi di rinunciare a nulla.

    Anche il risparmio energetico è decisivo. Quali sono i programmi?
    L’obiettivo è di ridurre i consumi dell’1 per cento l’anno fino al 2016. Puntiamo su strumenti strutturali, piuttosto che su interventi occasionali, come la certificazione energetica degli edifici, per i quali a breve emaneremo le linee guida: a ogni abitazione verrà attribuita una classe energetica tanto migliore quanto meglio isolato è l’edificio e quanto più efficienti sono gli impianti. Le linee guida conterranno anche indicazioni sui possibili interventi per ridurre i consumi.

    Il petrolio resterà una fonte importante per molto tempo. Come si può frenare il rincaro dei prodotti derivati in Italia?
    Bisogna superare la logica dell’emergenza. Intendiamo rilanciare la ricerca e la produzione di idrocarburi in Italia, diversificare le aree di approvvigionamento sostenendo le iniziative di internazionalizzazione delle nostre imprese, ammodernare la raffinazione e la logistica, liberalizzare la rete di distribuzione dei carburanti. Tra i provvedimenti già varati c’è appunto una norma per liberalizzare la distribuzione dei carburanti.

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