Le contraddizioni dei Verdi
Due elementi vengono lasciati prudentemente fuori dal dibattito sul futuro dei Verdi. Il primo è che l’operazione “Girasole” è stata la più grossa idiozia politico-elettorale compiuta dai Verdi dalla nascita ad oggi; il secondo è che la base Verde, in larghissima maggioranza, non ha fatto campagna elettorale per il “Girasole” e forse non l’ha nemmeno votato. Si è dunque verificata una interessante sintonia d’intenti tra elettorato e Verdi, ma questo è un dato difficile da introdurre nel confronto poiché siamo stati in pochi ad aver reso pubblica questa scelta, ad aver sostenuto, in tempi non sospetti, che il “Girasole” era un’operazione antistorica e in controtendenza rispetto al progetto ecologista europeo.
L’eventuale raggiungimento del 4% da parte del “Girasole” avrebbe sancito l’esistenza di uno spazio elettorale per una formazione politica che si erge a riferimento del “popolo di Seattle” e poi si allinea con lo SDI, che si dice ambientalista e al Ponte sullo Stretto di Messina da le stesse risposte della Margherita, che si autoproclama difensore dei diritti civili e individuali, ma di extracomunitari e di legalizzazione delle droghe non parla più, che può eliminare ogni strumento democratico interno e decidere tutto e il contrario di tutto senza consultare la base. Insomma una forza politica che invece di dare risposte alle contraddizioni ne crea di nuove.
Lo spazio per una formazione politica di questo tipo per fortuna non c’è. Questo ha detto l’elettorato, a ragione. Ma ciò non significa che non vi sia spazio politico per un soggetto ecologista autonomo. Bisogna ripartire da un modo di operare diverso all’interno del partito e affrontare le contraddizioni vecchie e nuove, a partire dalla scelta della guerra. Alle europee il non voto è stato un non voto politico, in assenza di una forza politica realmente pacifista e nonviolenta. I Verdi erano, e devono tornare ad essere, una forza ecopacifista.
Della deriva di questi ultimi due anni siamo poi responsabili tutti, anche chi come noi votò contro l’elezione di Grazia Francescato e contro l’intera operazione che a Chianciano si è chiaramente manifestata. Nessuno ha mosso un dito per impedire tanti errori e tanta arroganza. Chi per stanchezza, chi per opportunismo (quanti sono rimasti al coperto con la speranza del collegio-premio!), chi per convinzione, chi per savoir-faire.
Nel suo intervento Luigi Manconi sostiene che i Verdi ormai le hanno tentate inutilmente proprio tutte, ma su questo ha torto. Almeno sei cose i Verdi non le hanno ancora tentate: interrompere il rito tribale dell’eliminazione delle persone pensando di eliminare così i problemi; piantarla di agitare lo spettro dello scioglimento ogni volta che occorrerebbe affrontare responsabilità individuali e collettive; ricordare che una Federazione nazionale dei Verdi ha senso di esistere solo se nasce da un patto federativo tra regioni e agire di conseguenza; porre in secondo piano la gestione del potere rispetto alla prospettiva politica e rendere la prima funzionale alla seconda; non cercare compagni di strada prima di ridefinire un progetto politico che non può essere astrattamente deciso a tavolino, ma deve essere determinato da ciò che i Verdi già stanno facendo sul territorio e nelle istituzioni; scegliere un/una Portavoce/Presidente all’interno dei Verdi, che dei Verdi sia parte, che li conosca e possibilmente non li disprezzi, ed un esecutivo che sappia garantire uno scambio ed un ricambio, anche generazionale, di idee ed esperienze. Evitando che tutto ciò sia un pretesto, come è sempre stato e ancor oggi è, per l’ennesima epurazione. Proviamo, insieme, a costruire un nuovo patto tra di noi e con il nostro elettorato.
Barbara Diolaiti (coordinatrice provinciale Verdi Ferrara)
Leonardo Fiorentini (portavoce comunale Verdi Ferrara)