Degli ordini
Nonostante il mio statalismo innato, sugli ordini la penso un po’ come il libertario e Marcello, soprattutto se dopo aver letto i loro post, mi capita sotto il naso questo, dal Corriere della Sera:
Cuochi, sessuologi, imam e stenotipisti. La febbre dell’albo che contagia l’Aula
A istituire l’albo «dei cuochi professionisti» ci avevano già provato nel 2007. Senza fortuna. Non che le argomentazioni portate da quel gruppo trasversale di parlamentari (dai Verdi al centrodestra) a sostegno della loro proposta di legge non fossero solide: «Le cronache, soprattutto estive, rimarcano con frequenza infortuni gastro-intestinali di cui sono vittime i consumatori e ciò è spesso dovuto a una scarsa preparazione professionale e igienico-sanitaria di cuochi improvvisati a cui ricorrono imprenditori scarsamente scrupolosi».
Ma a complicare la vita al disegno di legge ci si erano messi il calendario intasato, i provvedimenti più urgenti… Ecco quindi che nella nuova legislatura è toccato a Francesco Maria Amoruso, del Pdl, riproporre la nascita dell’Ordine degli chef.
Certamente, non l’idea più stravagante. Nei due brevi anni che hanno preceduto le elezioni del 2008 se n’erano viste di tutti i colori. Daniela Santanché aveva proposto, provocatoriamente ma fino a un certo punto, di istituire l’albo degli imam. Il diessino Vincenzo Siniscalchi voleva l’Ordine degli stenotipisti. Il presidente onorario dell’Arcigay, Franco Grillini, quello dei sessuologi. Erminia Mazzoni, dell’Udc, si batteva per l’albo degli «antropologi esistenziali». Il senatore di An, Euprepio Curto, considerava invece indispensabile dare vita all’albo degli ex parlamentari. Ma a che cosa sarebbe servito? Dall’elenco avrebbero potuto attingere gli enti pubblici per gli incarichi in società pubbliche, municipalizzate, Asl. Come se già non fosse un’abitudine metterci i politici riciclati, pure senza avere un albo dei trombati…
La febbre degli Ordini, dunque, non ha abbandonato il Parlamento nemmeno nella nuova legislatura. Per l’aennino Domenico Gramazio sarebbe fondamentale creare l’albo degli esperti in «medicina manuale vertebrale». Berselli, del Pdl, preferirebbe invece una disciplina della «professione intellettuale di ufficiale giudiziario». Rosario Giglio Costa scommette sull’albo professionale dei pedagogisti. Tommaso Foti (Pdl) e Renzo Lusetti (Pd) puntano al contrario sull’Ordine degli «ottici e optometristi». Forse nella speranza di vedere meglio nel futuro delle rispettive formazioni politiche.
Insomma, altro che farla finita con le «barriere di accesso» alle professioni, e la «sproporzionata regolamentazione » dei mestieri già messe sul banco degli imputati dall’ex presidente dell’Antitrust Giuseppe Tesauro e poi dal suo successore Antonio Catricalà. È o non è l’Italia il Paese delle corporazioni? Medici, ingegneri, geometri, giornalisti, ragionieri, commercialisti, geologi, psicologi, agronomi, ostetriche, chimici, notai. Perché allora non i traduttori, gli «informatori scientifici del farmaco», i logopedisti, e chi più ne ha più ne metta? D’altra parte, alla materia i parlamentari italiani sono sempre stati sensibilissimi. L’economista Francesco Giavazzi nel 2004 spiegò che il 31,4% di loro erano iscritti ad albi, contro il 16,4% dei membri del Parlamento britannico.
Dal 1985 al 2005 gli iscritti agli Ordini professionali in Italia sono passati da 867.151 a 1.827.279. L’aumento è stato del 110,7%. I commercialisti sono cresciuti del 212%, i geologi del 174%. Gli Ordini e gli albi sono arrivati all’incredibile numero di 72: settantadue. Ma i benefici? I servizi sono diventati più efficienti? I prezzi sono diminuiti? Macché.
Inoltre, ogni tentativo di liberalizzazione ha incontrato ostacoli insormontabili. Le tariffe minime, per esempio. Il ministro dello Sviluppo Pier Luigi Bersani era riuscito a far passare un provvedimento che eliminava i tariffari e cancellava l’anacronistico divieto di fare pubblicità. Per arrivarci c’erano voluti fatti di cronaca come quello di cui è stata protagonista la veterinaria torinese Laura Bertolazzi, responsabile di un’associazione che cura gli animali delle persone non abbienti a prezzi ben inferiori alle tariffe minime. Che per questa colpa si è beccata tre sospensioni dal suo albo.
Questa battaglia sembrava finalmente vinta. E sapete com’è andata a finire? Che le tariffe minime, cacciate dalla porta, sono rientrate dalla finestra. Alcuni Ordini, come quello degli avvocati, hanno inserito nei codici deontologici delle pillole avvelenate, come il divieto di praticare prezzi tanto bassi da offendere il decoro della categoria. Chi decide qual è il livello che offende il decoro? L’Ordine. Quanto alla pubblicità, è stato introdotto una specie di diritto di veto: sarà ancora l’Ordine a vigilare sulle inserzioni. Fatta la legge, trovato l’inganno.