• Ferrara, il terremoto, la memoria, Red Ronnie e wikipedia

    (questo post ha subito modifiche rispetto alla prima pubblicazione)

    Una premessa. Ricordo il fastidio con cui tecnici (ma anche amministratori e cittadini) presero la notizia quando Ferrara, qualche anno fa, fu inserita fra le zone a (basso) rischio sismico. Questo comportava maggiori obblighi e controlli per le nuove costruzioni, e verifiche e interventi antisismici anche per gli interventi di ristrutturazione. Io stesso, al momento di ristrutturare casa, ho evitato con cura quegli interventi che ci avrebbero obbligato a verifiche antisismiche, troppo costose, e inutili per il sentire popolare sul pericolo di terremoti nella bassa padana.

    Oggi possiamo però dire che quella decisione, presa da qualche ricercatore (probabilmente precario) e considerata al tempo scomoda e costosa, probabilmente ha salvato qualche vita.

    Si è già fatta menzione dell’importanza della memoria storica, anche per cose più futili di in terremoto. Dopo 2 giorni di scosse ininterrotte, la “scoperta” per me e per le generazioni contemporanee dell’esistenza della “dorsale ferrarese” dell’appennino (che non è il montagnone) e dell’arco di Ferrara (nulla a che vedere col Palio), forse vale la pena di cominciare a ricatalogare come leggenda metropolitana la frase “siamo sulla sabbia, il terremoto fa pochi danni” e guardare un po’ al passato di questa terra accomodata placidamente sulle sponde del Po.

    Ho trovato due interessanti fonti on line sul terremoto del 1570, quello che storicamente è ricordato come catastrofico a Ferrara (ma che viene valutato di intensità minore a quello di domenica mattina), che vale la pena di rileggersi, non tanto per l’insano gusto di farsi prendere dal panico, quanto per conoscere un po’ meglio la storia del nostro territorio e magari imparare da questa.

    In primis un’interessante analisi storico politica degli effetti di quel terremoto dalla rivista della Cassa di Risparmio di Ferrara: Terremoti a Ferrara e nel suo territorio: un rischio sottovalutato, di Emanuela Guidoboni e Marco Folin, a cui vi rimando non senza aver prima cura di riprendere almeno l’incipit:

    Quando si perde la memoria di eventi distruttivi del passato, come i terremoti, si perde anche la percezione del rischio a cui si è esposti.

    Un’analisi più “tecnica” e archivistica del terremoto di 500 anni fa l’ho trovata invece nella raccolta dei Danni sismici in località elencate nella Banca Ipermediale delle Vetrate Italiane (BIVI):

    Terremoto del 1570 11 17, intensità locale VIII MCS
    La prima scossa, avvenuta alle ore 9:30 italiane (1:40 GMT ca.), causò il crollo di circa 600 tra merli, terrazzini e comignoli, che cadendo causarono gravi danni alle coperture. Durante la notte e il giorno successivo furono avvertite numerose repliche; le più violente avvennero alle ore 20 italiane (12:10 GMT ca.) e alle ore 24 (16:10 GMT ca.) e causarono lesioni e sconnessioni delle murature. La scossa principale avvenne alle ore 3 della notte (19:10 GMT ca.) e causò danni molto gravi agli edifici, già lesionati e sconnessi dalle scosse precedenti. Un elenco dettagliato dei danni, con sostanziali riscontri incrociati, si trova in diversi autori coevi. Sono ricordati: notevoli danni al Castello Estense, tanto da costringere il Duca a rifugiarsi nei giardini di S.Benedetto; crollo parziale del palazzo della Ragione; apertura della loggia dei Banchieri e dei Callegari prospiciente il Duomo; indebolimento del palazzo dei Contrari, che dovette essere puntellato; parziale demolizione del palazzo Vescovile, vicino al Duomo, in seguito ricostruito; rovine limitate ai palazzi del Cardinale, del Paradiso, Tassoni, del duca Alfonso.
    Numerose le chiese danneggiate: crollarono completamente S.Paolo e S.Giovanni Battista; S.Maria degli Angeli, ancora in costruzione, rimase talmente danneggiata che non venne più terminata; rovine parziali furono riscontrate nel Duomo, dove la facciata si staccò dal muro nella parte verso le “Straccerie”, rovinò la parte verso S.Romano, la cappella del Corpus Domini, la catena di ferro sopra l’altare maggiore, caddero i capitelli di marmo intorno. Danni alle facciate delle chiese di S.Francesco, S.Andrea, S.Maria in Vado, S.Domenico, Certosa, S.Maria della Consolazione. Anche le torri vennero severamente danneggiate, in particolare si ricordano la torre della campana del castello e i coperti delle altre tre torri: torre del palazzo della Ragione, torrione di porta S.Pietro, torre di Castel Tealdo; i coperti dei campanili del Duomo, di S.Silvestro, S.Agostino, S.Giorgio, S.Bartolo. Oltre alla scossa del 17 novembre causarono danni la scossa del 15 dicembre, che secondo Canigiani rovinò palazzo Tassoni, S.Andrea e S.Agostino, e quella del 12 gennaio che danneggiò palazzo Montecuccoli.
    Il numero delle vittime è oscillante a seconda delle fonti: 9 morti in De Robertis, 40 morti in Nubilonio; 70 morti ricordati da Buonaiuto dei Rossi e Guarini; 100 nelle “Memorie”; 130-150 nella lettera dell’ambasciatore fiorentino Canigiani. Meno probabili le cifre di 200 morti ricordati da Yosef Ha-Kohen e di 500 in Olivi.
    Dopo le scosse la popolazione fuggì in luoghi aperti e visse a lungo in ripari di fortuna anche per la paura causata dal ripetersi delle scosse nei mesi successivi. Alcuni cronisti coevi riportano che ben 11.000 persone abbandonarono la città per un certo lasso di tempo. I primi segni di riorganizzazione furono avvertiti solo nel mese di marzo, quando il Duca, rientrato alla fine di gennaio nel Castello, rinforzato nei camerini con numerose chiavi di ferro, ordinò un censimento della popolazione di Ferrara; il 14 agosto fu emanato un decreto in cui si ordinava a tutti i residenti a Ferrara da almeno 15 anni, cioè ai cittadini a pieno titolo, di ritornare in città pena la confisca delle proprietà urbane. Una prima fase dei lavori di ricostruzione e restauro sono documentati nella relazione del cardinale Maremonti pubblicata da Marzola per il Duomo, S.Michele, S.Romano, S.Maria in Vado; Guarini, canonico ferrarese della fine del XVI secolo, e Ferrazi, citano anche S.Rocco, S.Silvestro, S.Stefano, S.Cristoforo, S.Francesco e S.Paolo, rifatta nel 1575 e ricordata nella “Cronica di Ferrara” e in Rodi; la chiesa del Gesù viene menzionata da Leccioli. Riparazioni al baluardo di S.Benedetto sono ricordate in Aleotti e al bastione di S.Giorgio in Sardi ed Equicola. I numerosi lavori di rafforzamento delle case comuni con chiavi di ferro ed erpici, resero necessario ordinare il ferro da fuori città, essendo terminate le scorte a Ferrara.

    E’ infine davvero curioso, ma assolutamente specchio dell’amnesia cronica italiota, che esista una voce di wikipedia “1570 Ferrara earthquake” in inglese ma apparentemente non una versione italiana (prego smentirmi).

    Del resto visto che lo sport nazionale pare sia inseguire i complotti e le profezie anche quando non esistono, non c’è troppo da stupirsi.

2 Comments

  1. Fabio B. says: 21 Maggio 2012 at 11:44

    Ha salvato (per ora) anche la mia famiglia, visto che durante le ultime ristrutturazioni alla mia casa (vecchia casa di campagna) I tecnici non hanno “voluto” tagliare le vecchie fondamenta.

  2. marzocchi_ says: 27 Maggio 2012 at 17:44

    «Beatissimo Padre – risponde il duca attraverso l’internunzio a Roma – né giudei né marrani hanno causato il terremoto, essendo cosa naturale»

    http://www.repubblica.it/2009/07/speciale/altri/2009rumiz/altra-padania/altra-padania.html

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