
Il gioco dei 4 Cantone spopola in Consiglio
Ognuno rigira “pro domo sua” le parole e gli atti del presidente dell’Anac La maggioranza respinge (19 a 11) la mozione delle opposizioni contro la Sapigni
Articolo di Marcello Pradarelli su La Nuova Ferrara
Il gioco dei quattro Cantone (ognuno in consiglio comunale si è rigirato come meglio ha creduto e potuto le parole e gli atti del presidente dell’Anac) è durato un’ora e 57 minuti e si è concluso alle 17.48 con la vittoria scontata della maggioranza. La mozione per la destituzione dell’assessore Chiara Sapigni è stata respinta con 19 voti (Pd, Ferrara Concreta, Sel) contro 11 (Lega, M5S, Fdi, Fi, Gol). Tocca a Giovanni Cavicchi (Lega) aprire i giochi: «Leggerò la mozione». Detto e fatto. Nelle due pagine sottoscritte dai 5 gruppi di minoranza la Sapigni viene descritta come la quintessenza della cattiva amministrazione: colpa sua se l’Asp ha un pesante deficit, colpa sua «le incapacità gestionali» di ex Sant’Anna e Cona, colpa sua la mobilità passiva verso il Veneto, la chiusura dei punti nascita, il taglio dei posti letto in ospedale e nelle Rsa, colpa sua anche se Ferrara è meno sicura. Nelle ultime righe la mozione arriva al nodo: quando si parla di «inchiesta dell’Anac sull’organizzazione della gestione dei migranti in seguito alla mancata ottemperanza del codice dei contratti pubblici». Per tutte queste ragioni si chiede a Tagliani di togliere alla Sapigni le deleghe. Di fatto ne chiedono le dimissioni. Ora Matteo Fornasini (Fi) può rincarare la dose e citare l’intervista della Nuova al presidente dell’Anticorruzione: «Cantone dice che in fondo la vicenda di Ferrara non è distante da quella del Cara di Mineo. Parole che pesano come un macigno e che basterebbero per indurre la Sapigni a fare un passo indietro». Ilaria Morghen (M5S) sorvola sui migranti e atterra sulla sanità addebitando alla Sapigni ogni genere di disservizio, perfino la ridotta capacità produttiva delle piastre operatorie, per non parlare delle liste d’attesa. Per Morghen siamo davanti a «uno sfacelo» per il quale la Sapigni potrebbe «rispondere alla Corte di giustizia europea». Qualche minuto dopo il capogruppo del Pd Luigi Vitellio replicherà ironicamente così: «Ci mancava solo la fame nel mondo». Lei, la Sapigni, ascolta e ogni tanto scarabocchia qualcosa. Dietro di lei, a fare la guardia, c’è il sindaco Tagliani. Di fronte, invece, sugli spalti riservati al pubblico, domina ovunque Camelot. Tutti compostissimi, dalla presidente Anna Baldoni al suo predecessore Andrea Benini, alle decine e decine di giovani dipendenti della coop sociale. Appena qualche mormorio qua e là e una mezza risata alla fine quando Alberto Bova (Ferrara Concreta) stempera il clima prima del voto con un’uscita delle sue: «Se voi (dell’opposizione) attaccate Camelot, io sarò Re Artù». Nel frattempo si tirano fendenti. Cavicchi: «Noi abbiamo chiesto conto degli affidamenti Camelot, abbiamo fatto le nostre inchieste, ora ci pensa la Procura. Se poi chi sta sopra di noi dirà che va tutto bene ci adegueremo, ma adesso non ci fermiamo». È il turno di Paolo Spath (Fdi): «Questa città non è stata amministrata al meglio, con la giusta competenza e trasparenza, forse c’è stato un danno erariale dovuto alla mancata concorrenza». Poi rende omaggio ai lavoratori di Camelot: «Solidarietà, pieno sostegno e ringraziamento a chi svolge questo complesso lavoro» con i migranti. Quelli di Camelot allargano gli occhi e si interrogano muti. Tommaso Cristofori (Pd) invece può parlare: «Non capisco la commedia di Spath che oggi dà solidarietà a Camelot e ieri manifestava davanti alla sede della cooperativa». Poi va al sodo: «Voci più autorevoli delle nostre diranno se sono state commesse irregolarità nelle assegnazioni». Poi replica a Fornasini: «Troppo comodo estrapolare una frase di Cantone da un’intervista. Io leggerò l’ultimo capoverso della lettera dell’Anac, datata 23 giugno: “Si invita l’amministrazione a tener conto delle osservazioni surriportate e di rendere note le iniziative eventualmente assunte in autotutela”. Cosa che è avvenuta con delibera del 7 agosto e con il bando del 21 agosto». Francesco Rendine (Gol)rende omaggio a modo suo alla Sapigni: «Ha avuto il merito di compattare di nuovo le minoranze». L’ultimo intervento è di Leonardo Fiorentini (Sel): «Sulla lettera di Anac ho la sensazione, per quanto so di codici contrattuali, che la procedura per lo Sprar sia legittima. Credo anche che se uno, oltre a leggere l’intervista a Cantone se avesse visto anche il video capirebbe che il Cara di Mineo viene citato in modo assolutamente provocatorio e come non sia lo stesso caso di Ferrara». «Cantone – conclude Fiorentini – dice anche che la pratica dell’affidamento diretto era comune in molte città. E che davanti ad appalti che assumono una certa rilevanza è bene portarli a gara: non c’è un’imposizione di legge. Bene ha fatto l’amministrazione a raccogliere l’indicazione di Anac».