• Cosa non ci piace dell’ordinanza sul mercoledi’ in piazza

    La prima notte dell'ordinanza (foto di elisa corridoni)

    Sgombriamo subito il campo dalle incomprensioni: ai vigili urbani oggetto dell’aggressione di qualche mercoledì fa va ovviamente la nostra solidarietà, come va al ragazzo che circa 15 anni fa venne sfiorato da un bicchiere (episodio che provocò la prima ordinanza sul divieto del vetro in piazza). E ancora: siamo favorevole alla regolamentazione legale del consumo di tutte le sostanze, figuriamoci se non lo siamo per l’alcol, che ogni anno provoca nel nostro paese più di 30.000 morti.

    Per questo avremmo sostenuto l’ordinanza se questa si fosse limitata a proibire le “offerte speciali” sugli alcolici, che spingono spesso i giovani ad un modello di consumo che non è nella tradizione italiana dell’uso dell’alcol, e ancor meno favoriscono il consumo responsabile. Troviamo però che tutto il resto del testo ordinanziale denoti una mai sopita tendenza alla proibizione e alla repressione di quello che, può piacere o meno, è un fenomeno sociale e che come tale andrebbe trattato. Porre limiti temporali e territoriali al consumo di alcol in strada è una via che si è già percorsa con altri fenomeni sociali, e che assomiglia tanto alle ztl contro la prostituzione o alle retate contro i tossicodipendenti. Abbiamo la sensazione, ma possiamo sbagliarci, che servirà soltanto a spostare il fenomeno, in luoghi e giorni diversi. E così fra un mese ci ritroveremo a dover discutere un’ordinanza su Piazza Ariostea, o sul martedì o il giovedì.

    Il vuoto che c’è fra il primo bicchiere di vino annacquato bevuto a tavola con i genitori, e la consapevolezza del bere responsabile, è stato da sempre riempito da tutte le generazioni da un intervallo fatto di bevute smodate, ubriacature e corse in bagno (quando disponibile). Oggi, assistiamo probabilmente all’allungamento di quell’intervallo e soprattutto ad un’incapacità della società nel suo complesso a indirizzare il consumo dei più giovani verso il controllo della sostanza alcol (e non solo di quella). Le scritte a caratteri microscopici nelle pubblicità servono a poco, ancora meno servono i proclami da “lega della temperanza” dei probizionisti di turno: la cultura del bere alcolici, che è una cultura millenaria nel nostro paese e fondamentale per limitare gli eccessi, da sempre è stata tramandata da una generazione all’altra.

    Oggi ci dobbiamo chiedere perchè questo non avviene, o avviene in ritardo, o viene sostituita da modelli di consumo tipicamente nordeuropei, non reprimere fenomeni che quantomeno trattano il bere come momento di socialità. Sennò, forzando un poco il ragionamento, spingiamo i consumatori a rinchiudersi in casa ed implicitamente preferiamo l’ubriacone solitario: quello che non molesta nessuno, ma che probabilmente finirà i suoi giorni sotto un ponte.

    Una delle prime cose da fare è responsabilizzare le persone rispetto al luogo in cui si trovano. Che non significa solo dotare la piazza di qualche cestino in più, anzi. Una delle proposte che ci ostiniamo a fare è quella di introdurre l’obbligo del vuoto a rendere per bicchieri e bottiglie di vetro: non solo per evitare lo spreco di bicchieri di plastica che ogni settimana invadono il selciato del Duomo, ma soprattutto per educare le persone alla responsabilità rispetto ai loro comportamenti. Sia nei confronti del luogo che vivono, sia nei confronti del mondo che ci ospita. Puo’ sembrare poco, ma perchè non cominciare?

    Se c’è un deficit di conoscenza del consumo controllato e responsabile, l’unico modo è intraprendere la strada dell’educazione. Potrebbe sembrare una provocazione, ma non lo è. Perchè non organizzare, a cura degli esercenti del centro storico, una serie di degustazioni di vini e birre locali e internazionali, proprio per incentivare l’opposto di quello che oggi vogliamo solo reprimente, ovvero un consumo slow, consapevole dei rischi e dei benefici della sostanza e dei limiti del proprio corpo?

    Leonardo Fiorentini, consigliere ecologista Circoscrizione 1

    Elisa Corridoni, Partito della Rifondazione Comunista Ferrara

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  • Cosa non ci piace dell’ordinanza sul mercoledi’ in piazza

    Sgombriamo subito il campo dalle incomprensioni: ai vigili urbani oggetto dell’aggressione di qualche mercoledì fa va ovviamente la nostra solidarietà, come va al ragazzo che circa 15 anni fa venne sfiorato da un bicchiere (episodio che provocò la prima ordinanza sul divieto del vetro in piazza). E ancora: siamo favorevole alla regolamentazione legale del consumo di tutte le sostanze, figuriamoci se non lo siamo per l’alcol, che ogni anno provoca nel nostro paese più di 30.000 morti.

    Per questo avremmo sostenuto l’ordinanza se questa si fosse limitata a proibire le “offerte speciali” sugli alcolici, che spingono spesso i giovani ad un modello di consumo che non è nella tradizione italiana dell’uso dell’alcol, e ancor meno favoriscono il consumo responsabile. Troviamo però che tutto il resto del testo ordinanziale denoti una mai sopita tendenza alla proibizione e alla repressione di quello che, può piacere o meno, è un fenomeno sociale e che come tale andrebbe trattato. Porre limiti temporali e territoriali al consumo di alcol in strada è una via che si è già percorsa con altri fenomeni sociali, e che assomiglia tanto alle ztl contro la prostituzione o alle retate contro i tossicodipendenti. Abbiamo la sensazione, ma possiamo sbagliarci, che servirà soltanto a spostare il fenomeno, in luoghi e giorni diversi. E così fra un mese ci ritroveremo a dover discutere un’ordinanza su Piazza Ariostea, o sul martedì o il giovedì.

    Il vuoto che c’è fra il primo bicchiere di vino annacquato bevuto a tavola con i genitori, e la consapevolezza del bere responsabile, è stato da sempre riempito da tutte le generazioni da un intervallo fatto di bevute smodate, ubriacature e corse in bagno (quando disponibile). Oggi, assistiamo probabilmente all’allungamento di quell’intervallo e soprattutto ad un’incapacità della società nel suo complesso a indirizzare il consumo dei più giovani verso il controllo della sostanza alcol (e non solo di quella). Le scritte a caratteri microscopici nelle pubblicità servono a poco, ancora meno servono i proclami da “lega della temperanza” dei probizionisti di turno: la cultura del bere alcolici, che è una cultura millenaria nel nostro paese e fondamentale per limitare gli eccessi, da sempre è stata tramandata da una generazione all’altra.

    Oggi ci dobbiamo chiedere perchè questo non avviene, o avviene in ritardo, o viene sostituita da modelli di consumo tipicamente nordeuropei, non reprimere fenomeni che quantomeno trattano il bere come momento di socialità. Sennò, forzando un poco il ragionamento, spingiamo i consumatori a rinchiudersi in casa ed implicitamente preferiamo l’ubriacone solitario: quello che non molesta nessuno, ma che probabilmente finirà i suoi giorni sotto un ponte.

    Una delle prime cose da fare è responsabilizzare le persone rispetto al luogo in cui si trovano. Che non significa solo dotare la piazza di qualche cestino in più, anzi. Una delle proposte che ci ostiniamo a fare è quella di introdurre l’obbligo del vuoto a rendere per bicchieri e bottiglie di vetro: non solo per evitare lo spreco di bicchieri di plastica che ogni settimana invadono il selciato del Duomo, ma soprattutto per educare le persone alla responsabilità rispetto ai loro comportamenti. Sia nei confronti del luogo che vivono, sia nei confronti del mondo che ci ospita. Puo’ sembrare poco, ma perchè non cominciare?

    Se c’è un deficit di conoscenza del consumo controllato e responsabile, l’unico modo è intraprendere la strada dell’educazione. Potrebbe sembrare una provocazione, ma non lo è. Perchè non organizzare, a cura degli esercenti del centro storico, una serie di degustazioni di vini e birre locali e internazionali, proprio per incentivare l’opposto di quello che oggi vogliamo solo reprimente, ovvero un consumo slow, consapevole dei rischi e dei benefici della sostanza e dei limiti del proprio corpo?

    Leonardo Fiorentini, consigliere ecologista Circoscrizione 1

    Elisa Corridoni, Partito della Rifondazione Comunista Ferrara

  • E fra un mese la stessa ordinanza per Piazza Ariostea?

    Ora, al di là della follia della logica emergenziale per il secondo episodio di violenza in 15 anni di mercoledì in piazza, mi permetterei di far notare come l’ordinanza, ci informa estense.com, non solo impedirà al Rag. Rossi di prendersi la pizza+birra da asporto nella pizzeria sotto casa dopo una lunga giornata di lavoro, ma soprattutto come il divieto di consumare all’esterno nulla c’entri con la “prevenzione dell’abuso”. E’ un divieto fine a se stesso.

    Se l’ordinanza (qui la versione ufficiale) si fosse limitata a vietare le vendite promozionali di alcolici, beh, sarei stato pure d’accordo: purtroppo non riesco però a spiegarmi perchè ogni volta c’è questa corsa alla proibizione, come se non si stesse aspettando altro, e le mani prudessere sulla tastiera del computer.

    Come qualcuno suggerisce su Twitter passeremo al #giovedìuniv?

    O basterà spostarsi in Piazza Ariostea?

  • Paladini della Cristianità in trasferta a Monaco

    http://www.youtube.com/watch?v=fUkWLqpEhlI

    OktoberFest, se non ci fosse bisognerebbe inventarle

    NB: i musulmani in teoria non bevono alcol

  • Imperdibile

    http://www.youtube.com/watch?v=IhB6ROxNdGU&feature=player_embedded

    Il ministro belga per le pensioni Michel Daerden che si presenta in aula ubriaco.

    Via La Stampa.

    PS: da tempo era una star su youtube

  • quando l’idiozia è al Governo (ed è pericolosa)

    Carlo Giovanardi si disseta

    Carlo Giovanardi si disseta

    Sempre dal Notiziario Aduc, ecco l’ultima del “nostro” Carlo Giovanardi.

    Il sottosegretario boccia il cosiddetto guidatore designato perche’ ‘anche se il ragazzo non beve ma passa la notte in mezzo a musiche e locali, non dormendo, rientra nel rischio. Alle 4 del mattino anche chi non ha bevuto e’ nelle condizioni peggiori per guidare. Le statistiche dicono che quelle sono le ore peggiori per guidare’

    Direi che questa è la classica esemplificazione di come la furia proibizionista possa rendere ciechi (poi bisogna anche essere ben predisposti, ma Giovanardì è Giovanardi) di fronte alle politiche di riduzione del danno.

    Quella del guidatore designato è una battaglia che da anni le unità di riduzione del danno stanno portando avanti davanti alle disoteche o nelle piazze di tutta Italia. E’ una pratica che ha salvato vite, e ne potrà salvare altre.

    Peraltro, buttandola un po’ sul ridere, come dimostrare se uno ha dormito o no? Si dovrà timbrare un cartellino andando a letto? Una certificazione dei genitori sul buon sonno? O direttamente il coprifuoco sulle strade? Oppure Giovanardi punta al premio Nobel avendo scoperto come stabilire da quante ore una persona non dorme, quante ore ha dormito e soprattutto se ha sognato.

    Nel frattempo sogno, a occhiaperti, di essere in un altro paese, con un altro governo.

    Tranquilli, non sto guidando.