
Taser a Ferrara. La dichiarazione di voto contrario
Incomprensibilmente la Giunta ha deciso di portare all’attenzione dell’ultimo consiglio comunale una delibera che definisce il regolamento per l’uso dei Taser da parte del corpo di Polizia Municipale di Ferrara.
E’ una scelta incomprensibile perchè, come risposto dalla Comandante dei Vigili a mia esplicita richiesta, i bastoni distanziatori in uso alla Polizia Locale di Ferrara sono stati usati “2/3 volte” negli ultimi anni, e MAI è stato usato lo spray al peperoncino. Non si capisce quindi il perchè di questa ipotesi di innalzamento del livello di difesa dei nostri vigili, anche guardando, e tenendo io per primo, alla loro sicurezza e incolumità.
E’ incomprensibile perchè la sperimentazione non potrà comunque partire prima di molti mesi visto che ad oggi mancano le linee guida e che comunque andrebbero addestrati gli agenti al loro uso. Quindi non se ne capisce la fretta visto che il prossimo consiglio, già ai primi di luglio (3 mesi) avrebbe potuto fare (o non fare) in meno di una settimana questa scelta senza alcuna modifica di fatto dei tempi di attuazione, e con piena legittimazione elettorale.
E’ incomprensibile perchè, come ricorda spesso Associazione Antigone, l’uso del Taser ha provocato moltissime morti negli USA dove la sua diffusione è molto ampia. Anche la Corte Europea dei Diritti Dell’uomo ed il Comitato ONU per la prevenzione della tortura si sono espressi relativamente alle pericolosità di quest’arma e il rischio di abusi che l’utilizzo può comportare.
Insomma quasi una “excusatio non petita” preventiva all’arrivo di Salvini in città. Politicamente è un'”accusatio manifesta” della continua rincorsa miope e senza senso del Partito Democratico a una visione della sicurezza che è cara alla destra. E che la destra ha sempre “monetizzato” nelle urne. Perché fra la copia sbiadita ed in ritardo, e l’originale, è facile scegliere. E’ una rincorsa che ha sempre portato, basta ricordare Bologna, a sbattere contro un muro.
Ma questa discussione non è solo una discussione sul Taser, è una discussione più profonda, sul ruolo della Polizia Municipale all’interno delle città. Io ero e rimango convinto che essa debba mantenere il suo ruolo di polizia civica, che si occupa di garantire il rispetto delle norme di convivenza, dei regolamenti comunali, del codice della strada e delle altre funzioni a loro delegate. L’ordine pubblico spetta ad altri, come spetterebbe ad altri dotarsi di un’unità cinofila. Non ha alcun senso, in assenza di reali problematiche di sicurezza dei nostri agenti durante il loro servizio, pensare a strumenti di difesa che vadano oltre quelli già in dotazione e che sono stati usati rarissimamente in questi anni.
Ma è evidente che è su questo che siamo in disaccordo.
Ferrara veniva ricordato prima è uno dei pochi Comuni in italia in cui la Polizia Locale non è armata. Per me è motivo di vanto e orgoglio, nonchè di stima per il lavoro e l’impegno dei nostri Vigili Urbani. Altri, evidentemente, se ne vergognano.
Ecco perchè ho votato contro, unico nel Consiglio Comunale di Ferrara, il Regolamento sulla sperimentazione del Taser a Ferrara.
Senso dello Stato
Allora. Lo Stato italiano, sì quello per cui ognuno di noi dovrebbe avere “rispetto”, manda la propria portaerei, fiore all’occhiello della Marina Militare (sì proprio quella per cui comprano gli #F35), in giro per le acque africane a promuovere i sistemi d’arma prodotti dalle industrie nostrane (compresa Finmeccanica, partecipata dallo Stato stesso). Evidentemente è talmente necessaria e indispensabile che puo’ tranquillamente essere utilizzata per 5 mesi come fiera ambulante. In più, ciliegina sulla torta, non riuscendo a coprire interamente le spese con gli sponsor “privati”, il “Governo delle larghe schifezze” impegna 7 milioni di euro dal proprio bilancio.
A me la cosa fa talmente schifo che il prossimo che mi parla di “senso dello Stato” riceverà una fragorosa risata (e se la luna gira storta uno sputo in un occhio).
http://www.repubblica.it/politica/2013/11/11/news/sel_portaerei_cavour-70777486/?ref=HREC1-6
Quattrocentoventidue vaffanculo
L’Italia spende poco per gli armamenti. Al convegno Pd sulla politica estera, Massimo D’Alema ha detto una cosa che un tempo avremmo definito “di destra”, ma che in realtà è saggia, ragionevole e controcorrente rispetto alle posizioni del suo partito (che chiede tagli alla Difesa) e dell’informazione di area («Manovra di guerra», ha esagerato l’Unità). Internet e il sistema di navigazione Gps nascono dalla ricerca e dallo sviluppo finanziato dal complesso militare-industriale, così come decine di soluzioni medico-sanitarie che hanno allungato la nostra vita.
Le scelte di politica estera di D’Alema sono andate maturando con la sua esperienza personale e politica. È passato dalla protesta con-figlio-in-spalla di piazza San Pietro contro la guerra sotto egida Onu anti Saddam (1991) alla partecipazione come premier nella coalizione che mise fine ai conflitti etnici nei Balcani e al regime di Milosevic, raid su Belgrado inclusi. È stato criticato perché troppo «amico degli americani» (Cermis), ma è anche andato a braccetto con Hezbollah. Il D’Alema odierno è lungimirante e capace di dire scomode verità sull’utilità degli investimenti per la Difesa. Amici e avversari farebbero bene ad ascoltarlo.
Non so se sia peggio D’Alema o il commento del Sole 24 Ore.
Perchè non solo
Tagliando la commessa per 131 i caccia bombardieri F-35 si possono risparmiare 15 miliardi di euro. Altri 5 miliardi si possono recuperare dall’ultima trance del programma per l’acquisto di 121 caccia Eurofighter (per il quale sono già stati spesi 13 miliardi). Fermando l’acquisto delle 10 fregate ‘FREMM’ per la marina militare si risparmiano altri 5 miliardi di euro e fermando la commessa per 100 elicotteri NH90 restano a disposizione altri 4 miliardi di euro.
Complessivamente si possono reperire ben 29 miliardi di euro, di più di quanto Tremonti sia riuscito a mettere nella sua Manovra di ‘lacrime e sangue‘ per i cittadini più deboli.
ma quegli stessi 29 miliardi di euro – che sia ben chiaro non sono investimenti diretti in ricerca, bensì semplici forniture militari – sono 422 volte i fondi raccolti da AIRC e FIRC per la ricerca sul cancro nel 2009. Quattrocentoventidue. In un anno.
Ma vaffanculo! 422 volte.
Non rivolto a D’Alema, sia beninteso: questo è per promemoria personale, per quando penserò “ma in fondo D’Alema è un politico intelligente”.
Mi è capito, nel passato, lo confesso.
Anche su Civati, Metilparaben, Rangle.
Proprio in Pakistan dobbiamo esportare?
Da unimondo, via Pax Christi ferrarese. Vai al sito della campagna Banche Armate.
Italia: nuovo record dell’export di armi, Pakistan primo acquirente
venerdì, 28 marzo, 2008 www.unimondo.org
Nuovo record per l’esportazione di armamenti italiani che nel 2007 sfiorano i 2,4 miliardi di euro con un incremento del 9,4% rispetto al 2006 grazie soprattutto ad un’autorizzazione per missili contraerei (di tipo Spada-Aspide prodotti dalla MBDA una controllata di Finmeccanica) verso il Pakistan: il regime di Islamabad con 471,6 milioni di euro si attesta come il primo compratore di armi “made in Italy”. Sono i primi dati del Rapporto annuale reso noto oggi dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che sono stati presentati dall’Ufficio del Consigliere Militare ad una delegazione della Rete Disarmo.
“Se è positivo che il Governo abbia mantenuto l’impegno annunciato lo scorso anno aprendo un confronto con le associazioni come le nostre attente al controllo del commercio di armamenti, il trend di crescita dell’export è invece alquanto preoccupante” – commenta Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo. Un trend che vede tra l’altro nel 2007 la ripresa di autorizzazioni verso Paesi non appartenenti alla Nato e all’Unione Europea che, con oltre 1,1 miliardi di euro, raggiungono il 46,5% di tutte le esportazione di armi italiane. Si conferma cosi quanto le analisi di Rete Disarmo evidenziano da tempo: nonostante una legge considerata “restrittiva” come la 185, dalla sua entrata in vigore nel 1990 ad oggi più del 40% di armi italiane è stata diretta a nazioni che non appartengono alle principali alleanze economiche e militari del nostro Paese.
Nel 2007, tra i maggiori acquirenti di armi italiane figurano infatti oltre al già citato Pakistan (471,6 milioni di euro di autorizzazioni), la Turchia (174,6 milioni di euro), la Malaysia (119,3 milioni) e l’Iraq (84 milioni di euro). Proprio il Pakistan e la Turchia sono stati oggetto nei mesi scorsi dell’attenzione di due specifici comunicati di Rete Disarmo che, in considerazione delle tensioni interne e delle politiche militari dei due paesi, aveva esplicitamente chiesto al Governo italiano una sospensione delle esportazioni di armi italiane. Tra le nazioni Nato/Ue che commissionano armi italiane vanno ricordate invece la Finlandia (250,9 milioni di euro), Regno Unito (141,8 milioni), Stati Uniti (137,7 milioni), Austria (119,7 milioni) e Spagna (118,8 milioni).
Oltre alle autorizzazioni crescono anche le consegne definitive di armamenti che, come riporta l’Agenzia delle Dogane, superano gli 1,23 miliardi di euro a fronte dei 970 milioni del 2006. Forte incremento anche dei “Programmi intergovernativi” che – per l’arrivo a regime di diversi programmi, sfiorano nel 2007 i 1,85 miliardi di euro. “E’ particolarmente urgente che il Governo italiano integri una seria politica di tutela dei diritti umani con le autorizzazioni alle esportazioni di tutti i sistemi di armi in particolare per quanto riguarda l’attuazione della raccomandazione del Comitato Onu sui Diritti dell’Infanzia che richiede di non esportare armi verso Paesi dove sono utilizzati i “bambini soldato” – afferma Daniela Carboni, direttrice dell’Ufficio Campagne e Ricerca di Amnesty International.
Record anche per le operazioni autorizzate alle banche che salgono ad oltre 1,2 miliardi di euro. “Dai primi succinti dati il gruppo Unicredit con oltre 183 milioni di euro di operazioni si profila come la prima banca d’appoggio al commercio di armi del 2007 nonostante la policy di ‘uscita progressiva dal settore’ annunciata fin dal 2001 dal suo Amministratore delegato” – sottolinea Giorgio Beretta della Campagna ‘banche armate’. “Unicredit lo scorso anno ha acquisito Capitalia ma non ha ancora definito una linea di comportamento per quanto riguarda questo tipo di operazioni: c’è da augurarsi che questi nuovi dati non stiano a significare un ripensamento di quanto finora dichiarato da parte di Unicredit che ormai è un gruppo con operatività internazionale” – aggiunge Beretta.
Diminuiscono, invece, le operazioni del gruppo IntesaSanPaolo: un primo effetto della nuova policy entrata in vigore solo nel luglio scorso, ma che già sembra presentare risultati positivi, anche se – data la natura delle operazioni – è pensabile che occorrano alcuni anni per non veder più apparire il gruppo nell’elenco del Ministero delle Finanze per operazioni riguardanti i servizi d’appoggio al commercio di armi.
“Preoccupa invece soprattutto la crecita di operazioni di istituti esteri come Deutsche Bank (173,9 milioni di euro), Citybank (84 milioni), ABC International Bank (58 milioni) e BNP Paribas (48,4 milioni) a cui vanno sommati i valori dell’acquisita BNL (63,8 milioni). Se siamo riusciti a portare diverse banche italiane ad esplicitare una policy precisa e il più possibile restrittiva in questa materia, dobbiamo creare la stessa azione di pressione sia in Italia sia negli altri paesi europei per quanto riguarda le banche estere” – conclude Beretta.
I dati del Rapporto della Presidenza del Consiglio sull’export 2007 di armi saranno oggetto di ulteriori approfondimenti sul sito di Unimondo e verranno commentati domani, sabato 29 marzo, al Convegno promosso a Roma da Rete Disarmo e Campagna ‘banche armate’ sul tema “Oltre l’insicurezza delle armi: politica, istituzioni, società civile a confronto“. [GB]