• L’altro sviluppo

    Canapa industriale. Tra impacci normativi e decollo economico

    Leonardo Fiorentini – Fuoriluogo, novembre 2001

    Duecentocinquanta ettari: questa l’estensione in Italia delle coltivazioni di canapa (sativa a basso contenuto di Thc) per uso alimentare e industriale. Una produzione che al di là dell’interesse degli affezionati canapisti, sta uscendo con fatica dalla fase sperimentale per trasformarsi, come è già in altri paesi, in vero e proprio business. Le difficoltà sono molte, in particolare legate agli “incidenti” derivanti da un quadro normativo non ancora chiaro e da un recente forte abbassamento dei contributi europei alla coltivazione (si sono ridotti quasi a un terzo nell’ultimo anno).
    Ma la canapa ha infiniti usi e per questo mille prospettive di sviluppo, come sottolineato ancora una volta dall’Assemblea di Assocanapa riunitasi il mese scorso, e come confermato da un recente studio che parla di un mercato potenziale valutato oltre 300 miliardi solo nel nostro paese. Con la fibra di canapa si può fare di tutto: dalle parti accessorie delle automobili, ai cosmetici, alla carta e alla fibra tessile. Proprio quest’ultimo è il settore con le prospettive più interessanti (si parla di oltre 100 miliardi di possibile fatturato) e dove già oggi sono coinvolte importanti marchi (si pensi ad Armani).
    La cannabis ha anche qualità che la rendono unica dal punto di vista ecologico. Non solo perché non necessita per crescere di alcun pesticida ed erbicida, ma anche per la sua incredibile resa: da un’area coltivata a canapa si ottiene cellulosa in quantità quattro volte superiore rispetto a quella prodotta da un’equivalente coltivazione di pioppo. Per non parlare del suo utilizzo per il ripulimento dei suoli, così come sperimentato a Porto Marghera.
    Il salto di qualità è rappresentato dalla creazione nel nostro paese di un filiera della canapa per consentire ai coltivatori di avere uno sbocco economico più solido ed un maggiore impatto sul mercato. Il Consorzio Canapa Italia è un primo esempio di organizzazione di una filiera industriale che sfrutti le diverse attitudini della pianta. A Ferrara, provincia dove la coltivazione della Canapa è strettamente legata alla tradizione contadina locale (nel 1914 ne produceva ben 363.000 quintali) da una produzione di 50 ettari del 2001 si passerà entro il 2004 ad un area coltivata di 1000 ettari che permetteranno il pieno utilizzo di un nuovissimo impianto di trasformazione costato 12 miliardi. Dalla fibra ferrarese si faranno vestiti e carta. Proprio a Ferrara la Coldiretti ha dedicato alla canapa l’annuale giornata del ringraziamento. Con tanto di messa di benedizione dell’Arcivescovo. Sarà un caso?
    L’interrogativo maggiore è quello legato a come il passaggio da un settore di nicchia, alimentato dall’interesse di pochi affezionati cultori/coltivatori, ad una produzione a livello industriale e quindi orientata al profitto snaturerà o meno le qualità di questa pianta. Una scommessa per una pianta che ha accompagnato l’uomo per gran parte del suo cammino e che, dopo anni di persecuzione, ora potrebbe ancora dare il proprio contributo alla sostenibilità del futuro del pianeta.