Ci risiamo
Ci risiamo. Tre senatori si sono accorti che in rete c’è un sito, legalizziamolacanapa.org, fra i tanti che promuovono la legalizzazione della canapa. E al grido di “noi siamo per la liberta’ di espressione”, chiedono al ministro Cancellieri di chiuderlo perchè reo di mettere “alla berlina scienziati come Garattini ed altri ancora” ed esaltare le qualità di una sostanza sulla quale “ci sono centinaia di pubblicazioni che parlano del rischio di indurre psicosi, e c’e’ una quotidianita’ clinica che lo dimostra”.
Ora, non mi soffermerò troppo sulle centinaia di pubblicazioni che confutano i rischi legati alla cannabis (ne cito solo una, il rapporto della Beckley Foundation) soprattutto quando messi a confronto con le altre sostanze ricreative, legali ed illegali. Non mi soffermo nemmeno sugli scienziati, che spesso si mettono alla berlina da soli.
Mi preme solo dire che probabilmente le psicosi più gravi, perchè provocate dall’ideologia proibizionista, securitaria e illiberale, sono quelle dei politici, che pur di dimostrare l’indimostrabile, ovvero che il consumo di droghe è un problema da risolvere con il codice penale, fanno carta straccia dell’art. 21 della costituzione e invocano la censura per le idee non conformi al loro disegno repressivo. A legalizziamolacanapa.org, per quel che conta, va quindi la mia solidarietà.
Facebook e la crociata anti cannabis
Ieri la notizia in Italia l’ha data Repubblica: Facebook ha censurato la pubblicità di “Just say Now” una campagna pro legalizzazione della cannabis negli USA lanciata dal blog Firedoglake.
Il messaggio pubblicitario, di cui vedete un esempio qui a fianco, sarebbe stato in prima battuta accettato, poi censurato con la motivazione che
“il logo in questione non era più accettabile come pubblicità sul sito. L’immagine di una foglia di marijuana rientra tra i prodotti per il fumo e quindi non è permessa secondo le nostre politiche”
Almeno così ha detto Andrew Noyes a Wired, dichiarazione che sembra proprio un arrampicarsi sugli specchi da parte dell’esponente di Facebook, soprattutto dopo che si è scoperto che anche una analoga pubblicità pro-legalizzazione del Partito libertario americano è stata censurata lo scorso luglio con la più schietta motivazione
“noi non ammettiamo pubblicità pro marijuana o propaganda politica per la promozione della marijuana”.
Ma non finisce qui: da un commento al post odierno di Vittorio Zambardino scopriamo che anche l’account di Matteo Gracis è stato disattivato, questa volta senza spiegazioni. Essendo Gracis il Direttore editoriale di Dolce Vita, magazine che si occupa molto di canapa e stili di vita, qualche sospetto che non sia una coincidenza c’è, come del resto scrive lui stesso sul suo blog:
Conoscevo già bene la Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità di Facebook, dal momento che mi occupo anche per lavoro di comunicazione sul web, ma dopo questo episodio sono andato a rileggermi per intero il regolamento e posso affermare con certezza di non aver violato in alcun modo le regole da loro imposte.
Ma penso di sapere il motivo per cui sono stato cacciato da Facebook: la cannabis!
La war on drugs varca quindi, con la sua consueta dose di ottusità censoria, le soglie dei social network, con primario obiettivo l’immagine della foglia di una pianta. Come scrive Pietro Yates Moretti sul sito Aduc in fondo è
un po’ come se durante il proibizionismo sull’alcool fosse stato vietato di pubblicare immagini che rappresentassero grappoli d’uva.
Le pagine di Forum Droghe e Fuoriluogo hanno già cambiato immagine del profilo in solidarietà con i censurati.
Ora tocca a voi.
Vabbè, però allora abolite l’ordine dei Giornalisti…
Da Punto informatico un articolo di Guido Scorza sull’ultima trovata di Pecorella, ovvero assoggettare i siti internet aventi natura editoriale alle norme sulla stampa. Ovviamente c’è ampio dibattito su quali siano i siti internet aventi natura editoriale…
Pensandoci bene ci potrei anche stare, a patto che la norma sia retroattiva e ci sia un condono per i blogger che non hanno registrato sinora la testa, con ulteriore dispensa per i requisiti del direttore responsabile… Così con gli 885 articoli di questo blog forse potrei far direttamente l’esame da giornalista professionista. Non che ci tenga tanto a entrare nell’ordine dei giornalisti, ma visto che tanto non l’aboliranno mai, almeno mi tolgo la soddisfazione…
i filtri e lo stato di diritto
50.0.100 (testo 2)
V. testo 3
Dopo l’articolo 50, inserire il seguente:
«Art. 50-bis.
(Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet)
1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
2. Il Ministro dell’interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all’adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all’autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.
3. I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l’effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l’attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministro dell’interno con proprio provvedimento.
4. Entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Ministro dell’interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con quello della pubblica amministrazione e innovazione, individua e definisce i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.
5. Al quarto comma dell’articolo 266 del codice penale, il numero 1) è così sostituito: “col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda”.».
Il senatore D’Alia chi ha messo del suo per peggiorare, se possibile, il Pacchetto Sicurezza di questo mese: sì perchè ormai, a scadenza bimestrali, ci ritroviamo a veder discutere, ed ahimè approvare, alle Camere un pacchetto sicurezza. E va sempre peggio.
Ci si chiede in questo caso specifico, cosa voglia dire “filtrare” ma soprattutto quali effetti possa avere questo sulla rete. Lo spiega molto bene Quintarelli. Il ventilato oscuramento die Facebook, al di là del principio, a questo punto è l’ultimo dei nostri problemi: ci dovrebbe preoccupare un po’ di più, ad esempio, cosa si voglia intendere per “istigazione di reato”. Una campagna per la dissobedienza civile è, di per sè, istigazione a compiere un reato come lo puo’ essere una qualsiasi azione e manifestazione, chessò per difendere il posto di lavoro o per protestare contro la riforma della Scuola.
Il vero problema è che concetto di “filtro” applicato ai flussi telematici (per esempio l’email) rimane di difficile declinazione in uno Stato di Diritto. Per rimuovere bisogna filtrare. Per filtrare bisogna leggere. Per leggere bisogna violare la Costituzione italiana.
Ma sappiamo che questo, ormai, non è più un porblema.