• Grillo, comizio con esclusiva

    Nella foto: l'unico grillo che ci ha concesso i diritti di immagine

    Eh sì, ognuno ha i guardiani che si merita.

    Se Silvio ha le solerti forze dell’ordine pronte a portar via i contestatori dalle piazze.

    Beppe Grillo, evidentemente più interessato alla proprietà della sua immagine che al processo democratico delle elezioni, ha invece  un service dedicato che in nome dell’esclusiva di fatto impedisce il diritto di cronaca di una tv locale colpevole di non avere voluto acquistare le immagini…

    Da Estense.com altro materiale per lo stupidario:

    Codigoro. “Siamo in guerra. E’ ora di dire basta, perché questa non è democrazia, è partitocrazia”. Peccato però che il personale del service audio-video che ha seguito Beppe Grillo a Codigoro – dove lo showman è arrivato questa mattina in piazza Matteotti a sostegno della campagna del candidato sindaco Andrea Castagnoli e dei candidati del Movimento 5 Stelle del Basso Ferrarese – abbia tenuto un comportamento poco socievole con gli operatori della tv locale della provincia, Telestense.Alla troupe televisiva giunta da Ferrara per documentare l’evento, seguito in piazza da circa 400 persone, è stato fatto presente che le telecamere del service dovevano avere la precedenza, e che quindi nessun altro operatore video avrebbe potuto frapporsi fra Grillo e i loro obiettivi (“dobbiamo avere immagini pulite”, la motivazione); non solo, perché all’arrivo di Grillo ai bordi della piazza, al tentativo della troupe di Telestense di effettuare una breve intervista al comico, due individui si sono parati davanti alla videocamera della tv cercando di impedire le riprese, e questo per qualche minuto anche in seguito, quando Grillo era già salito sul piccolo palco allestito proprio di fronte alla sede del Municipio di Codigoro. Un episodio quantomeno spiacevole e scorretto, che arriva dopo il rifiuto dell’emittente all’acquisto delle immagini che sarebbero state prodotte dal service stesso.

    L’episodio è stato stigmatizzato dallo stesso candidato sindaco di Codigoro, il 22enne Andrea Castagnoli: “Dispiace per quanto successo – è stata la sua dichiarazione – che ho appreso solo nel pomeriggio, trovandomi in quel momento sul palco. Mi dissocio da questo modo “antidemocratico” di fare. Ero d’accordo con il service che avrebbero avuto la postazione migliore per le riprese, ma questo non doveva essere di pregiudizio per nessun altro. Doveva essere un bel momento, mi dispiace e mi scuso”.

    Dopo il comizio di Grillo e la presentazione dei giovani candidati – con le consuete battute ironico-sarcastiche del comico-politico sui temi più disparati, ma soprattutto contro la casta politica che il Movimento 5 Stelle intende “mandare a casa” –, è intervenuto Castagnoli che – come sottolineato anche da Grillo nel corso del suo intervento – ha devoluto i soldi per la campagna elettorale al locale hospice. Con un programma fatto di appena quattro pagine, con l’intento di risultare il più chiaro e leggibile per i comuni cittadini, Castagnoli è uno di quei candidati la cui giovane età, secondo lo showman genovese, rappresenta “il valore aggiunto”. Grillo gli ha ceduto il microfono per pochi minuti sul palco prima di ripartire per il suo ‘tour’ verso Ravenna, Cesenatico e Rimini, a sostegno di altri candidati del Movimento. Chissà se con lo stesso service al seguito.

  • Così non si trasportano nemmeno le bestie

    Denuncia dei sindacati di polizia iulp, Sap, Siap-Anfp, Silp-Cgil, Ugl e Coisp, da Estense.com:

    Viaggio al di là dei diritti umani
    Protesta dei sindacati sul servizio di accompagnamento stranieri

    Dove sono finiti i diritti umani? A quanto sembra lontano dalla direttrice Ferrara- Lamezia Terme, quella deputata all’accompagnamento degli stranieri non regolari sul territorio verso i centri di permanenza temporanea.

    Già i Cpt, oggi ribattezzati Cie (Centri di identificazione ed espulsione), non brillano per qualità della permanenza. Ma che il viaggio verso il limbo che preannuncia l’espulsione debba essere costellato da qualcosa che viene definito al di là della “dignità delle persone” fa meditare.

    La denuncia arriva dai sindacati di polizia Siulp, Sap, Siap-Anfp, Silp-Cgil, Ugl e Coisp, che riferiscono di un recente episodio, l’ultimo di una lunga serie a quanto pare, relativo a uno di questi viaggi lontano dai diritti umani.

    “La modalità di organizzazione dei servizi di accompagnamento stranieri – affermano -dovrebbe mettere in primo piano non tanto il servizio stesso ma la vicenda umana che esso rappresenta nelle sue complesse contraddizioni, tra l’effettuare un servizio obbligatorio e il rispetto dell’uomo”.

    E invece lunedì scorso qualcosa è andato “al di là del comune buon senso”, tanto da “porre dubbi sulla legalità del servizio svolto”.

    Il 5 luglio una persona doveva essere accompagnata al centro di accoglienza di Lamezia Terme, l’unico posto messo a disposizione dal Ministero degli Interni, a oltre 1.000 km di distanza dal capoluogo estense.

    Due poliziotti, che effettuavano il turno con orario 14/20, sono stati incaricati del servizio: accompagnare in auto lo straniero fino a Lamezia. “Sono quindi partiti alle 14,30 circa – ricostruiscono i sindacati – per un viaggio di oltre dodici ore, sotto un sole cocente, dentro una volante in cui lo straniero sedeva dietro, nel posto dei passeggeri, quelli da accompagnare in cella. Quest’uomo ha viaggiato su sedili di gomma, separato dall’abitacolo da un vetro interno di plexiglass, in uno spazio ridottissimo senza possibilità di aprire i vetri e con solo un piccolo bocchettone di areazione”.

    “Così non si trasportano nemmeno le bestie – denunciano i sindacati di polizia -. Senza poter farlo uscire, senza poter uscire loro stessi, senza poter mangiare, bere, riposare. Un viaggio che somiglia a un’odissea, o al ladro di bambini, il film di Gianni Amelio”.

    “Dove sono finiti i diritti umani? La dignità delle persone? Non sono forse gli stessi diritti che noi dovremmo difendere? Qualora fosse accaduto un incidente stradale dovuto alla stanchezza, chi ne avrebbe risposto?” si chiedono le sigle delle forze di polizia, che ritengono il questore “responsabile di aver organizzato un servizio con orari illegittimi. Noi lo accusiamo di aver messo in pericolo l’incolumità dei colleghi e della persona (di persona si tratta), da accompagnare”.

    La segnalazione, oltre che alla stampa, è stata inviata anche alle rispettive segreterie nazionali, per far “pervenire questa nota al Servizio immigrazione e al Capo della Polizia, sempre molto attento alla difesa dei diritti delle persone, affinché simili episodi non accadano più, né a Ferrara né da altre parti”.

    E presto questo viaggio “al di là dei diritti umani”, anticipano gli stessi sindacalisti, potrebbe finire sul tavolo di Amnesty International.

  • 10 a 0

    Alle 20.30 di mercoledì sera l’articolo di Estense.com sull’arresto di un tunisino di 20anni con 30 dosi di eroina nell’intestino contava 10 commenti, un altro articolo messo on line più o meno alla stessa ora che dava conto dell’arresto di un 45enne comacchiese, fermato con 200 grammi di hashish di commenti ne aveva 0.
    Che si fa, “cari” commentatori di Estense.com, discriminiamo le sostanze? Guardate che con la legge fini-giovanardi (ripeto F-i-n-i – e – G-i-o-v-a-n-a-r-d-i) non si può più, sono tutte uguali.

  • Finchè siamo in tempo

    Anch’io ieri ero insieme al Comitato Acqua Pubblica in Piazzale San Giovanni per prendermi la mia bottiglia di acqua pubblica, finchè siamo in tempo…

    Da Estense.com:

    “Fare la fila per riempire le taniche di acqua potabile potrebbe diventare parte della routine quotidiana delle persone indigenti”. Lo sostiene Marzia Marchi, referente del comitato “Ferrara acqua pubblica”. Alla fontanella di Porta Mare tanti cittadini ieri mattina si sono messi in coda muniti di bottiglie, taniche e barilotti, per dare il via alla campagna nazionale “Salva l’Acqua” del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.

    “Lo scorso 19 novembre – spiega l’organizzatore Davide Scaglianti – la Camera ha approvato la fiducia sulla legge volta alla privatizzazione della gestione dell’acqua. Un provvedimento – evidenzia il referente – che porterà ad un aumento vertiginoso delle tariffe, nonché a servizi peggiori”.

    Scaglianti cita un elenco di casi di privatizzazione, tutti puntualmente falliti: dalla Francia alla Germania si torna infatti a rendere pubblica la gestione dell’erogazione dell’acqua – a Parigi, dallo scorso 1° gennaio -, poiché la privatizzazione aveva portato a bollette molto più alte, di pari passo con scarsi investimenti sul servizio. “Ma esistono – ricorda Scaglianti – già vari esempi nel nostro Paese”. Ad Aprilia (Latina), il servizio idrico è affidato ad una multinazionale, la Veolia che ha deciso di aumentare le bollette del 300%. A Ceccano, in provincia di Frosinone, l’acqua è privatizzata da 5 anni: le bollette sono schizzate alle stelle, i cittadini si sono auto-organizzati presentando 1500 reclami alla magistratura –  sostenuti anche dalla denuncia della GdF -, per contestare l’aumento spropositato delle bollette, addirittura con validità retroattiva, mentre le tubazioni perdevano e le fontane pubbliche venivano chiuse.

    “L’Italia – aggiunge Scaglianti – sembra non imparare dall’esperienza: entro due anni il servizio idrico dovrà essere messo in gara, ed entro il 2015, la quota pubblica delle SpA non potrà superare il 30%. Da diritto umano universale – sancisce il referente del comitato ferrarese -, l’acqua diventerà quindi una merce”. Sarà però salvaguardato, come disposto dalla legge, l’affidamento diretto per le società, ex municipalizzate, quotate in borsa al 1° ottobre 2003, come Hera. L’acqua è un diritto universale, ma anche un affare da 6 miliardi di euro. Non sembra allora tanto lontano un aumento anche del prezzo delle acque minerali, di cui gli italiani sono i primi consumatori al mondo. “Complice la crisi – continua il referente -, è alto il rischio di morosità da parte dei cittadini: la situazione degenererebbe a quel punto nella piombatura dei contatori dell’acqua”.

    Questo provvedimento non sembra quindi sostenere la gestione del bilancio familiare, già messo a dura prova dalla crisi economica. Continua allora la mobilitazione del Comitato Ferrara Acqua Pubblica, che si ritroverà con innumerevoli altri enti e istituzioni il prossimo 20 marzo a Roma, per la manifestazione nazionale per la ripubblicizzazione dell’acqua indetta dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, in occasione della giornata mondiale dell’acqua. L’appello per chiedere il referendum abrogativo della legge di conversione del 20 novembre 2009, n. 166, partirà in quella sede: “Contiamo su una grande mobilitazione” auspica Scaglianti, e Marzia Marchi si dice intanto “soddisfatta per il successo del tam tam di questa prima azione diretta non violenta”.

    Nel frattempo, a livello locale, il Comitato Ferrara Acqua Pubblica chiede che sia modificato lo statuto comunale, in sede di commissione, affinché il Consiglio possa deliberare che il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica.

  • E’ stata ingannata tutta Ferrara

    Omissione di atti d’ufficio, falsa testimonianza, favoreggiamento. Sono le pesanti accuse che chiudono l’inchiesta bis sulla morte di Federico Aldrovandi avvenuto nel settembre 2005.

    Gli imputati rischiano fino a sei anni per le omissioni, le false testimonanzie e le reticenze a favore dei quattro poliziotti condannati in primo grado per la morte del giovane ferrarese: Marco Zavagli su Estense.com.

    La madre di Federico: “Oltre a noi come famiglia, è stata ingannata tutta Ferrara”

  • Omicidio, colposo

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    Condannati a 3 anni e 6 mesi per omicidio colposo i 4 agenti che il 25 settembre del 2005 fermarono, non si sa ancora perchè, Federico Aldrovandi in via Ippodromo. Ci sono voluti quasi 4 anni, l’allontanamento di un Questore, il cambio di PM, l’intervento di un Sindaco, del Presidente della Camera e vari deputati della scorsa legislatura, ma soprattutto il coraggio di Patrizia e Lino. E con loro la tenacia dei parenti di Federico, degli amici e di tutti coloro che hanno manifestato in questi anni la propria solidarietà alla famiglia e la richiesta di verità e giustizia per la morte di Federico. Fondamentale poi, e va ricordato in questi giorni orribili, il coraggio di una migrante allora in attesa del permesso di soggiorno, Anne Marie Tsegueu unica residente in via Ippodromo a sentire il dovere civico di raccontare ciò che successe quella mattina.

    Di Verità su quanto accadde quel giorno ne stiamo ancora cercando, e la parola Giustizia forse non si accosta a questa sentenza. Che è pure una sentenza di primo grado, che sarà sicuramente appellata dagli imputati. Ma chè una sentenza, e vi assicuro che qui, fra le nebbie padane, in pochi pensavano che sarebbe arrivata.

    Fra le tante testimonianze mi preme riportare quella di un collega degli imputati, un poliziotto della Digos di Ferrara che oggi ha consegnato alla famiglia Aldrovandi una sua lettera, come riporta estense.com:

    L’ispettore Solito: ”Sono solo e certa gente è capace di tutto”

    Lettera di un poliziotto ad Aldro

    “Gente che è arrivata a fare quello che ha fatto è capace di tutto”. Sono le parole di un poliziotto. Un poliziotto che parla di altri poliziotti, suoi colleghi con i quali da quasi quattro anni non riesce ormai a convivere più. Sono le parole che Nicola Solito, ispettore della Digos in forza alla questura di Ferrara, ha scritto in una lettera indirizzata a Federico Aldrovandi.
    Una busta con tre fogli consegnati questa mattina – prima dell’inizio dell’udienza definitiva – a Stefano, il fratello di Federico Aldrovandi, prima di sapere come finirà il processo che vedeva imputati quattro agenti di polizia. Si ricorderà che fu proprio Solito – chiamato dai colleghi per sapere se conosceva il ragazzo deceduto (all’inizio si pensò potesse appartenere ai centri sociali) – a riconoscere il cadavere di Federico in via Ippodromo. E toccò a lui l’ingrato compito di avvisare la famiglia, diverse ore dopo, di quanto era accaduto.
    Da allora “non c’è notte e giorno che non ti penso – scrive l’ispettore -; ho sempre davanti agli occhi quella tremenda immagine del tuo corpo senza vita. Nonostante il lavoro che faccio, non ci si fa mai l’abitudine a certe scene e con te è stato devastante perché ti conoscevo”. Solito ricorda anche la scena straziante che fu costretto a vivere, proprio lui, amico da anni della famiglia: “Ho davanti agli occhi lo strazio di tuo padre che, inginocchiatosi davanti mi stringeva forte le gambe urlando: “Dimmi che non è vero Nicola… dimmi che è uno dei tuoi scherzi…”. Sarebbe stato uno scherzo troppo crudele. Tante volte quella mattina ho pregato Dio di essere ancora nel mio letto, che quello che stavo vivendo era un brutto sogno. Purtroppo era vero. Con i tuoi genitori abbiamo deciso di non vederci e frequentarci più per motivi di opportunità, perché non volevamo che qualcuno, nel vederci insieme, potesse pensare o credere chissà che cosa. È stata una decisione sofferta ma opportuna. Gli amici si vedono nel momento del bisogno e io non ho potuto stargli accanto”.
    La lettera continua con un rimprovero implicito a chi intervenne quella notte. “Il tuo, era e doveva essere il più semplice degli interventi – si legge – che una forza di polizia può affrontare e risolvere. Quella mattina potevi essere chiunque, il figlio di chiunque, la persona più onesta o disonesta di questo mondo. Quando ci si trova di fronte a una persona nelle condizioni in cui ti hanno descritto, la prima cosa da fare è chiamare un’autoambulanza con medico al seguito. Nel frattempo si prova a dialogare con chi ti sta di fronte per cercare di calmarlo, di tranquillizzarlo. Se poi è violento o diventa violento ci si allontana, ci si chiude in macchina chiedendo rinforzi. Una volta arrivato il medico, con questi si concorda su come intervenire. Di solito si immobilizza il soggetto e il medico pratica un’iniezione con del calmante. C’era solo questo da fare e nient’altro”.
    Quello che è invece accaduto “quella mattina e da quella mattina in poi è un incubo – continua Solito -. In tutto quel tempo ho dovuto fare i conti con me stesso e con tutto quello che mi circonda, da una parte l’uomo e dall’altra il poliziotto, perché io ero “l’amico” e per questo ho subito gratuitamente delle minacce, battute e commenti fuori luogo. Quante volte ho dovuto stringere i denti, fare finta di niente, fare finta di non aver sentito”.
    Solito fu chiamato anche in causa come testimone, nell’ipotesi – rivelatasi poi infondata – che potesse aiutare la ricostruzione dibattimentale. “Sono fatti, eventi che ti segnano – continua la lettera -, ti sconvolgono radicalmente la vita, ti sfiancano, specialmente dopo la mia deposizione, quando qualcuno ti manda a dire: “purtroppo l’onestà non paga mai!”, come se nella vita a un certo punto devi essere obbligato o forzato a fare delle scelte o a schierarti, perché non hanno ancora capito che non si tratta di andare contro il “sistema”, di fare il paladino della situazione”.
    Una situazione che ha “fiaccato” umore e sentimenti dell’ispettore, che confessa come “si tratta di essere uomini dalla testa ai piedi, perché io la mattina voglio guardarmi allo specchio e, la sera, quando vado a letto, devo e voglio dormire con la coscienza a posto. Son arrivato al punto di non avere più fiducia in nessuno, a non sapere più di chi fidarmi. Ho scelto di continuare a essere onesto e sincero come lo sono sempre stato, a dire spietatamente sempre quello che penso e assumendomi sempre tutte le mie responsabilità”.

    Assunzione di responsabilità non senza conseguenze, se è vero che “questo mi ha portato ad allontanare inconsciamente e volutamente le persone a cui voglio bene, le persone che amo, per paura che, quanto mi è accaduto e mi sta accadendo, che le mie scelte, possano di riflesso e in qualche modo arrecargli del danno, del male, che possano subire delle rivalse, delle ripicche. Gente che è arrivata a fare quello che ha fatto è capace di tutto”.

    Solito si è portato tutto questo dentro e ha deciso solo la mattina dell’ultima udienza di confessare in un foglio tutto questo: “questa mattina, per la “sentenza”, come quella maledetta mattina del 25 settembre, sono e mi sento solo e da solo ho deciso di essere al fianco di tuo padre Lino, di tua madre Patrizia, di tuo fratello Stefano. La sentenza, non mi interessa, qualunque essa sia. Da oggi in poi, mi interessa solo tornare a stare al fianco dei tuoi genitori e di Stefano, Perché l’amicizia, come l’amore e come altri e veri nobili sentimenti che non accettano condizioni, non possono e non verranno mai scalfiti da qualsiasi strategia, disgrazia, da qualsiasi evento”.

    “I tuoi genitori – conclude Solito – sono affamati di verità e giustizia e spero tanto che trovino delle risposte ai loro perché, che trovino un po’ di pace, di tranquillità, perché perdere un figlio è inumano, è contro-natura e come poliziotto ti chiedo perdono per tutto quello che ti hanno fatto. Niente e nessuno potrà riportarti in vita, mi auguro che quanto successo ci serva a migliorare ancora di più, a cambiare il mondo di tutti i giorni, specialmente le coscienze degli uomini che, qualunque cosa essi facciano o dicano, si comportino con umanità, umiltà, coscienza, dignità, lealtà, onestà, rispetto, onore, perché nessuno possa mai più pensare o possa permettersi di dire: “l’onestà non paga mai!”. Sinceramente non so come saranno per me i prossimi giorni, mi auguro e spero di trovare anch’io un po’ di pace, di serenità, di tranquillità, di ritrovare il mio “senso della vita””.

  • La via giurisprudenziale al buon senso

    E’ una delle cose più gravi della moderna crociata contro le sostanze. Le sanzioni amministrative – e penali in caso di incidente – relative alla guida in stato psicofisico alterato e al possesso di sostanze. Il primo in particolare, se puo’ essere dimostrato facilmente per l’alcool, molto più difficilmente può esserlo per sostanze, come la cannabis, che restano settimane nell’organismo. Così migliaia di giovani (vedi qui) vengono ogni anno privati della patente perchè trovati in possesso di qualche milligrammo di cannabis, che sia questa nella tasca dei pantaloni (e magari fermati mentre sono a piedi) o nell’organismo chissà da quanto.
    Una sentenza riguardante un ferrarese finalmente apre una via giurisprudenziale al buon senso, che mette in discussione anche i tanto discussi test.
    Ribadisco, non si sa mai, che non bisogna mettersi alla guida alterati (da alcol o qualsiasi altra cosa, sonnolenza compresa) per non rischiare la propria e altrui vita. E che quindi è giusto colpire chi guida in stato psicofisico alterato. Ma non si puo’ sventolare la bandiera della sicurezza stradale per reprimere persone che hanno la sola colpa di fumarsi una canna di tanto in tanto (e senza guidarci sopra)…
    Ecco l’articolo, dal titolo un po’ fuorviante, da Estense.com:

    Due casi ferraresi richiamano l’attenzione su una lacuna legislativa
    Assoluzione per chi guida sotto effetto di stupefacenti
    di Marco Zavagli

    Guidavano sotto l’effetto di cannabis eppure i giudici li hanno assolti. Due casi che riguardano altrettanti ferraresi riportano a galla una sorta di lacuna legislativa al codice della strada. Il primo caso riguarda un ragazzo di 29 anni,

    Il fatto, che risale al 2005, trae origine da una segnalazione giunta alla questura di Ferrara, relativa ad una auto finita in un fossato nei pressi di Pontegradella. Il ragazzo, accompagnato al pronto soccorso, è stato sottoposto dagli agenti ad accertamenti tossicologici tramite il prelievo delle urine.

    Le analisi hanno dato esito negativo per quanto riguarda la presenza di alcol, mentre è stata riscontrata la presenza di sostanza stupefacente.

    Nel corso del processo l’avvocato Pasquale Longobucco che assiste il 29enne è riuscito a dimostrare l’inattendibilità dell’accertamento attraverso il prelievo delle urine per individuare il momento in cui la sostanza stupefacente è stata assunta. “Infatti, tale accertamento – spiega il legale -, mentre dimostra l’esistenza di sostanza stupefacente, non riesce però a provare il momento del’assunzione della stessa sostanza”.

    Di conseguenza, non è stata provata la condotta di guida sotto l’effetto di sostanza stupefacente e il tribunale si è pronunciato per l’assoluzione.

    Un caso analogo nell’esito ma diverso nella dinamica è avvenuto a un 40enne ferrarese, assistito dall’avvocato Federico Orlandini. I fatti risalgono al 15 agosto del 2006. L’uomo, a bordo di una motocicletta insieme alla sua compagna, viene coinvolto in un incidente stradale nei pressi di Canaro (in provincia di Rovigo). Soccorso e trasportato all’ospedale di Rovigo, viene sottoposto a prelievi ematici che evidenziano un tasso alcolemico pari a 1,38 g/l, nonché una positività ai cannabinoidi.

    Citato in giudizio per guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti, l’uomo è stato condannato alcuni giorni fa dal tribunale di Rovigo per il primo capo di imputazione (l’alcool) e assolto per il secondo (la droga).

    Il legale è riuscito a dimostrare l’insussistenza del fatto sostenendo due ordini di ragioni.

    Innanzitutto, partendo da una giurisprudenza consolidata, ha sostenuto che ai fini della prova che il conducente abbia guidato sotto l’effetto di stupefacenti è insufficiente la semplice positività, in assenza di altri elementi, come la condotta di guida e il contegno avuto al momento da parte della polizia giudiziaria.

    Nel caso di specie la responsabilità del sinistro è stata addebitata a un altro conducente; inoltre l’imputato, successivamente trasportato all’ospedale, non poteva certo essere idoneo ad una valutazione psicofisica da parte delle forze dell’ordine intervenute.

    In secondo luogo, l’avvocato Orlandini ha dimostrato l’inattendibilità degli esami effettuati attraverso il cd screening il quale permette di analizzare in tempi molto brevi numerosi campioni di liquido ematico o urina. Come emerso in dibattimento tali analisi, dette anche “presuntive”, permettono l’identificazione rapida delle sostanze da ricercare, mentre le analisi di conferma si rendono sempre necessarie per la definizione qualitativa e quantitativa dell’assunzione.

    “Infatti le analisi di sceening sono dotate di elevata sensibilità ma di scarsa specificità – spiega Orlandini -.

    In sostanza i metodi di screening possono reagire con una sostanza simile a quella ricercata, producendo il c.d. “falso positivo”. Per tale motivo in caso di risultato positivo è sempre necessaria la conferma del dato con metodo analitico diverso dal primo. Inoltre, qualora poi il risultato di un’analisi chimico–tossicologica rivesta significato legale, esponendo a sanzioni la persona sottoposta ad indagini si impone un preciso protocollo operativo”.

    Un protocollo che contempla il prelievo di campioni biologici che forniscano garanzia assoluta di identificazione e conservazione; l’applicazione di metodiche analitiche standardizzate in grado di fornire risultati altamente attendibili; l’uso di un metodo alternativo di conferma qualora la prima analisi abbia dato esito positivo.

    I due casi ferraresi sono tra i primi segnalati in tutta Italia per quanto riguarda una lacuna nella normativa di riferimento. Non solo manca un parametro prestabilito, come esiste invece per l’alcol, in riferimento all’assunzione di droghe alla guida, ma la sua valutazione non si può fermare, in caso di esito positivo, alla semplice rilevazione dello screening.

    Dettagli sui quali molti altri automobilisti potrebbero appigliarsi per cercare l’assoluzione se il legislatore non provvederà in tempi brevi a ricucire questa “sbavatura” nelle maglie della legge.

  • I misteri dell’inquinamento nel Quadrante Est

    Sul sito dei Verdi di Ferrara trovate il testo completo dell’interpellanza di Barbara Diolaiti in Consiglio comunale, mentre qui sotto l’articolo di Estense.com:

    Diolaiti (Verdi) chiede al Comune di spiegare i troppi punti ‘oscuri’
    I misteri dell’inquinamento nel Quadrante Est

    di Marco Zavagli

    “Ci sono due misteri che ruotano attorno all’inquinamento nel Quadrante Est”. Proprio nel giorno in cui la commissione comunale ha dato il via libera per il “dirottamento” verso la bonifica dell’area degli 8 milioni previsti per il palasport, un altro grattacapo arriva dritto al cuore del municipio.

    A sollevarlo è Barbara Diolaiti, che ieri mattina ha depositato una interpellanza che verrà discussa nel corso del prossimo consiglio. Una interpellanza che ripercorre i passaggi storici del capitolo Quadrante Est. Quelli noti e quelli meno noti. “Quell’area – spiega – nasconde due grandi misteri: chi ha inquinato e come bonificarla. Purtroppo questi enigmi sono collegati tra loro, perché chi è responsabile del primo deve provvedere al secondo”.

    In questa area sorgevano due discariche, riempite di rifiuti negli anni ’60 e ’70. La loro esistenza è diventata di pubblico dominio nel 2002 e 2003. Quanto bastava per spingere la stessa capogruppo dei Verdi in Comune a chiedere, nel settembre 2005, all’allora assessore Alessandro Bratti se fossero state assunte iniziative per individuare i responsabili di quell’inquinamento. In base al decreto Ronchi, in vigore dal ’99, il proprietario dell’are inquinata deve assumersi infatti gli oneri della relativa bonifica. Nella sua risposta Bratti scrisse che “eventuali responsabilità saranno definibili con l’esame dei documenti dell’epoca e attraverso testimonianze dei residenti”.

    Tra cose fatte e cose non fatte si arriva ad oggi, con il Comune che ha predisposto delle indagini per approfondire lo stato di rischio sanitario dell’area e predisporre gli interventi di bonifica delle falde inquinate.

    “Eppure l’esistenza di almeno una delle discariche era nota da tempo – afferma Diolaiti -. Esattamente dal gennaio 1986”. A quella data risale infatti la Relazione geognostica e geotecnica preliminare per il recupero dell’ex fornace Sef attraverso un Piano particolareggiato di iniziativa pubblica. In quel documento si legge che risulta un “riempimento successivo con rifiuti solidi urbani immessi in falda”.

    La relazione venne aggiornata nel marzo ’95, con una nota integrativa in base alla quale “le caratteristiche di compressibilità e le possibili esalazioni di gas ne sconsigliano l’uso per qualsiasi intervento edificatorio”. Tra i progettisti di quella commissione mista pubblico/privata figuravano Claudio Fedozzi, attuale dirigente del settore Attività produttive del Comune, Roberto Mascellani (che figura nel ’95 come presidente del cda di Cogef, che acquistò l’area nel 1995), Delia Pozzati, Maurizio Pavani e Ferdinando Visser. L’assessore competente era Romeo Savini.

    Ciononostante il Prg del ’95 ha previsto una consistente espansione urbanistica a est e classificato la zona di via Caretti come edificabile”, rileva la presidente dei Verdi che si chiede a questo punto “se all’epoca i consiglieri siano stati informati di questo”.

    E, dal momento che prima di costruire occorre bonificare, Diolaiti si chiede chi fosse proprietario dei terreni dove sorgevano le due discariche nel ’99, quando cioè la proprietà rientrava sotto l’effetto del decreto Ronchi: il proprietario avrebbe dovuto quindi provvedervi. “Una delle due aree – afferma Diolaiti – era di proprietà della Cogef già nel ’95. Dell’altra, dove c’erano Edilprogram e ParCo, non si sa nulla”.

    Qui le “sorti” delle due discariche si dividono.
    DISCARICA DI VIA DELLA SIEPE

    In relazione alla discarica di via della Siepe,il 21 settembre 2001 la bonifica prevista dal Piano di caratterizzazione proposta dalla Cogef viene approvata dalla giunta. “Ma quella bonifica – specifica Diolaiti – sarebbe relativa solo agli idrocarburi, non a tutto il resto”. Ma la società sostiene che le spese della bonifica siano da imputare ad Amiu prima e ad Agea poi che, in quanto precedenti soggetti utilizzatori della discarica. Si arriva così al 21 giugno 2002, quando il Comune – prosegue la consigliera – chiarisce due aspetti importanti: l’area interessata non è mai stata di proprietà dell’amministrazione o ad essa concessa in uso (questo vale anche per Agea-Amiu, ndr) e, al contrario, risulta che l’area venne acquistata dalla Cogef sin dal ’95”. L’atto d’acquisto richiama infatti il piano particolareggiato dello stesso anno: “Cogef non poteva non sapere – continua Diolaiti – dell’inquinamento dell’ex cava e dei rifiuti”. “D’altronde – aggiunge – il presidente del cda della società – Roberto Mascellani, ndr – all’atto dell’acquisto, compare tra i progettisti del piano stesso”. Dettagli da cui la rappresentante dei Verdi trae un’unica conclusione: “il Comune stesso dice che la bonifica spetta a Cogef”.

    In sintesi: nel 1986 si sa che l’area dell’ex Fornace Sef è inquinata. Nel ’95 la commissione che predispone il piano particolareggiato ne sconsiglia l’uso a scopi edilizi. Nello stesso anno la Cogef acquista il terreno e sempre nel ’95 il Prg prevede l’espansione urbanistica e est.
    DISCARICA DI VIA CARETTI

    Quanto alla discarica di via Caretti bisogna risalire invece al 2001/2002, quando il Comune convenziona con le società Edilprogram e ParCo il primo stralcio del Piano particolareggiato “Edilprogram” e rilascia le concessioni per le opere di urbanizzazione e 5 concessioni edilizie per edifici residenziali. Nell’aprile 2003 le due società si accorgono che nella zona esisteva una discarica e chiedono al Comune di attivarsi sempre in base al decreto Ronchi per la relativa bonifica. Nel maggio presentano un piano di caratterizzazione dell’area.

    Si arriva quindi al 17 settembre 2005, quando su proposta delle due società, il consiglio comunale approva la delibera che consente di trasferire la “capacità edificatoria” da via Caretti a via Canapa. In quella delibera è prevista inoltre la cessione gratuita al Comune dell’area inquinata di via Caretti. “In quell’occasione – ricorda Diolaiti – l’assessore Atti disse che lo scambio andava fatto perché quella discarica è stata sicuramente gestita per un periodo dall’azienda municipalizzata dei rifiuti”.

    In sintesi: Si firma una convenzione tra Comune da una parte e Edilprogram e ParCo dall’altra per concessioni edilizie in via Caretti. Prima di edificare però si scopre che in quella zona c’era una discarica ed è necessario bonificare. Il consiglio vota una delibera che prevede il trasferimento delle concessioni edilizie in via Canapa per le due società. In cambio, il Comune ottiene gratuitamente la proprietà dell’area inquinata (che prima di essere utilizzata per eventuali insediamenti va bonificata).

    A questo punto a Barbara Diolaiti (e non solo a lei) sorge spontanea una domanda: “che fine hanno fatto i due piani di caratterizzazione indispensabili prima di procedere alla bonifica?”. “Vorrei sapere anche – aggiunge – perché non è stato fatto tutto il possibile per individuare i diretti responsabili dell’inquinamento e se sono state rese pubbliche dall’amministrazione comunale tutte le informazioni in proprio possesso e quando prevede di presentare un nuovo piano di caratterizzazione dell’area, senza il quale non è possibile passare alla bonifica”.

    “Sappiamo – prosegue – che sono in corso delle inchieste della procura, ma crediamo che ci sia un livello istituzionale in base al quale l’amministrazione deve dare delle risposte”.

    Risposte che, si spera, potranno arrivare durante il prossimo consiglio comunale.

  • Ristretta, radicale ed ideologica

    Purtroppo, nella nostra città, da molto tempo il governo comunale è influenzato da una ristretta, radicale ed ideologica visione ambientalista, che ha penalizzato lo sviluppo della città.

    Sarà mai il comuicato di Forza Italia a Ferrara? NO.

    Per caso è AN? NO!

    O è l’UDC estense? Certo che NO!

    La Lega? NO!

    Trattasi del comunicato della “Segreteria cittadina del PdCI Sezione di Ferrara, riunitasi venerdì 5 dicembre 2008” che evidentemente non aveva ancora digerito bene l’approvazione del PSC…

    E poi si chiedono ancora perchè la sinistra arcobaleno è stata un disastro…

  • in fuga

    gelminiLa segreteria del ministro giustifica con ”motivi istituzionali”
    Niente visita a Ferrara per la Gelmini

    Il ministro Gelmini non sarà a Ferrara. La titolare del dicastero all’istruzione era stata invitata dall’ateneo estense al seminario di studi “La Ssis rapita: la formazione docente nel guado” organizzato dall’università di Ferrara in via Savonarola per martedì 11 novembre.

    Alla notizia della possibile presenza in città della tanto contestata autrice dell’altrettanto discussa riforma, gli studenti universitari di Ferrara avevano lanciato una sorta di gemellaggio con i colleghi di Bologna, Forlì e Cesena per organizzare una contestazione ad hoc con tanto di corteo, lezioni all’aperto e concerto finale nella Sala Estense.

    Oggi invece è arrivata la notizia dalla segreteria del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca che ha informato che “per motivi istituzionali l’on. Mariastella Gelmini non sarà presente al seminario di studi”.

    Da Estense.com.

  • Essere o non essere, questo è il problema…

    Da leonardo

    Da leonardo

    Essere o non essere, questo è il problema. È forse più nobile soffrire, nell’intimo del proprio spirito, le pietre e i dardi scagliati dall’oltraggiosa fortuna, o imbracciar l’armi, invece, contro il mare delle afflizioni, e, combattendo contro di esse metter loro una fine? Morire, dormire. Nient’altro. E con quel sonno poter calmare i dolorosi battiti del cuore, e le mille offese naturali di cui è erede la carne! Quest’è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire

    (William Shakespeare – Amleto – atto III, scena I)

    Quale partito vuol essere il PD? Si chiede Marcello Saponaro, all’interno di un dibattito molto vario sui blog d’Italia.

    Io ho la sensazione che il PD (almeno i suoi vertici) non voglia essere un partito. Quelle vecchie formule (magari anche stantie, ma democratiche) che prevedono assemblee, congressi, organi eletti. Il modello Forza Italia è troppo attraente e facile, ma allo stesso tempo è di difficile applicazione a strutture che mantengono qualche anticorpo della vecchia forma partito. Da qui l’incapacità di schierarsi, ovvero l’infinita paura di perder pezzi.

    L’immagine è da leonardo (omonimo) via lele. Mentre Alessandro Robecchi ci va giù duro, sul Manifesto di oggi:

    E’ giusto staccare spina? E’ giusto interrompere l’alimentazione forzata a un organismo in coma vegetativo che non riesce a prendere nessuna decisione autonoma? Bisogna porsi seriamente queste domande per affrontare il tristissimo caso di Walter Veltroni.
    Se mancava un tassello alla comprensione del fenomeno da parte dei suoi pur numerosi elettori, l’astensione del Pd sul conflitto di attribuzione e, in ultima analisi, sul caso di Eluana Englaro lo ha fornito. Così chiaro e così limpido che dai giornali amici ai blog lo sconcerto degli elettori è palpabile, a tratti feroce. E’ vero che il segretario del Pd non ha lasciato un testamento biologico, ma molti testamenti spirituali sì. I Kennedy (wow!). Obama (yes!). La passione per le battaglie civili, si può fare, I care, tutte cose che ripetute ossessivamente, sospese tra la retorica un po’ beat dell’altra America e la speranza fantascientifica di un’altra Italia. La leadership veltroniana nasceva sull’onda di un discreto fascino decisionista. Via la sinistra e i comunisti cattivi, via Mastella, via Dini (c’era pure la canzoncina), finalmente le mani libere! Doveva essere il valore aggiunto del Pd: noi da soli, senza forze esterne che ci condizionino, senza gente che ci tira di qui e di là. Ora, passati cento giorni, il caso Englaro permette di tirare un po’ di somme: finalmente c’è una battaglia civile sul tavolo, un argomento denso per spessore, vivo e urgente, tanto “civile” da toccare potenzialmente la vita di tutti noi. E cosa fa il partito che ha corso da solo per non farsi influenzare da nessuno? Scappa e si astiene. Essendo in netta contrapposizione la componente laica e quella cattolica all’interno del partito, si è deciso di non decidere. Le mani libere servono sì, ma solo per alzarle in segno di resa. In assenza dei comunisti cattivi, le mani libere le legano la Binetti, Rutelli, i teo-dem. Ora, il dibattito è ancora più attuale e gli elettori del Pd se lo chiedono: staccare la spina? Interrompere l’alimentazione forzata? Porre fine all’agonia? Che dite, si può fare?

    Trovate commenti anche di: Luca De Biase, Piovono Rane, Aioros, Alessandra Mantellini, Polvere e tanti altri.

    PS: perchè non paia io un po’ troppo strabico dirò che anche i Verdi fanno fatica a darsi regole democratiche dopo la disastrosa Costituente di Chianciano del 2000 e relativa deriva pecorariana. La neoportavoce (già Presidente) non comprende la differenza fra il suo ruolo oggi e quello di 8 anni fa. Allora era l’inconstrastata Presidente sostenuta dalle tessere di Pecoraro Scanio, oggi è la Portavoce di un partito che vorrebbe togliersi dal groppone quell’ingombrante e fallimentare esperienza. Almeno a parole. Ma evidentemente manca la volontà. Anche a parole…

  • Dei proibizionismi

    Spettro sonoro in via Carlo Mayr

    Spettro sonoro in via Carlo Mayr

    Estense.com ci va giù duro con il titolo sull’ordinanza del Comune di Ferrara che limita orari e modalità di somministrazione in una piccola fetta del Centro Storico. Mi pare un po’ eccessivo il titolo, paragonato al contenuto dell’ordinanza.

    Il Comune infatti ha intrapreso questa strada, che non proibisce, bensì limita le attività di sommistrazione di bevande (soprattutto negli orari), dopo una serie di rilevazioni che hanno evidenziato come il rumore notturno, in particolare in Via Carlo Mayr, fosse ben oltre i limiti ammissibili per legge. Qui potete scaricare il report della ricerca.

    Si tratta dunque di un intervento ben poco ideologico e molto più pragmatico, volto semplicemente alla riduzione del danno laddove esso è più evidente in attesa di un piano di risanamento acustico per la zona da una parte e del regolamento comunale sugli orari dall’altro.

    Conciliare la quiete (e la salute) dei residenti, con le esigenze di una città viva e dei suoi giovani non è facile. Per governare fenomeni sociali come questi ci vuole la collaborazione di tutti. Dei residenti, degli esercenti, ma anche e soprattutto di chi la città la vive anche di notte (e che potrebbe evitare di fare di ogni via nascosta una latrina, ad esempio).

    Senza proibire ciò che non si puo’ proibire (la volontà di divertirsi) e senza ledere il diritto a vivere una vita tranquilla in una città a misura d’uomo. E’ una grande sfida che mi auguro Ferrara sappia vincere.

  • Palasport. Io sto con Sateriale.

    palasportIl Sindaco ha ragione. Il nuovo Palasport costa troppo per le casse del solo Comune di Ferrara. Un costo totale (certo, massimo) di 8 milioni di euro, con una ricaduta annuale sul bilancio ordinario di ben 630.000 euro (per 20 anni).

    Non è un caso che mentre il mondo sportivo pare non capire il perchè di tanta difficoltà a tirar fuori i soldi (come se di fronte ad una promozione fosse tutto dovuto), proprio dalle Circoscrizioni (la delibera “Palasport” è passata solo in 3 su 8) si sia levato un primo grido di protesta. Perchè, e forse è meglio spiegarlo ai cittadini, è proprio nei quartieri che si respira meglio, purtroppo, l’aria di difficoltà economica che affronta il Comune (meglio dire i Comuni in generale).

    Perchè sono i Presidenti di Circoscrizione che ci mettono la faccia, incontrano i cittadini e spiegano loro che sì, la loro strada è in condizioni orribili, che sarebbe tutta da rifare, ma che ce ne sono tante nelle stesse condizioni; e che il Comune e la Circoscrizione hanno un budget insufficiente per questi interventi (400,000 euro all’anno se va bene) e bisognerà tenere contro delle priorità, e della lunghezza della strada, e dello stato dei sottoservizi…

    Perchè sono le Circoscrizioni che si arrabattano per coprire con fondi insufficienti i servizi di pre e post scuola, tanto importanti per i genitori che lavorano, come sono i rappresentanti delle Circoscrizioni che all’interno dei Comitati di Gestione degli Asili e delle Materne comunali devono spiegare che certo, bisognerebbe avere più posti e più fondi per le scuole, ma il bilancio è quello che è e dobbiamo farcene una ragione.

    Perchè sono le Circoscrizioni che oramai non hanno neanche più i soldi per acquistare i fiori per festeggiare le nonne e i nonni centenari, o che a fine anno devono pesare con il bilancino i contributi a Scuole ed Associazioni del Territorio.

    E’ per questo che ho votato contro alla delibera sul nuovo Palasport. Ma non solo per questo. I Verdi sono già intervenuti più volte, mi preme chiarire alcuni aspetti, da sportivo che ha giocato a Basket e da appassionato che ha seguito la Pallacanestro Ferrara in tempi “non sospetti”.

    Non sono certo stato io a indicare come la via maestra per lo Sport (il calcio, ma non solo) sia che le società diventino proprietarie degli impianti, sulla scorta dell’esperienza inglese. Anzi su questo ho delle perplessità, ma come vedremo sotto sono anche pronto a superarle. Ce lo proprinano da alcuni anni media e politici, addirittura il PD ha scritto nel suo programma “Continuare nella realizzazione del Programma Stadi confermando l’utilizzo di risorse pubbliche esclusivamente per la concessione di mutui ed attribuendo in via prioritaria, con una legge che individui procedure snelle e tempi certi, a soggetti privati (club di calcio, finanziatori privati) il compito di privatizzare, realizzare e gestire moderni stadi e palazzetti secondo modelli di efficienza economica.” Perchè a Ferrara non si puo’ fare?

    Peraltro il Presidente del Basket Club risulta essere (guardacaso) un imprenditore immobiliare. Perchè non si impegna in prima persona? Costa troppo per chi è riuscito a costruire Darsena City? Oppure è un’operazione tutta nel solco di quella tradizione italiana che vuole gli onori assolutamente privati (e anche gli utili, quando ci sono) e gli oneri tutti pubblici?

    Chi programma di andare in Serie A1 di Basket (la Società) deve porsi il problema delle strutture che gestisce, anche se è abituato (troppo) bene e riceve contributi pubblici per farlo. Non può fare come la figlia improvvisamente incinta che chiede aiuto ai genitori per la casa. Per svariati motivi: il primo è che è da alcuni anni che prova a rimanere incinta (e quindi che si dovrebbe porre la questione); il secondo è che il figlio è suo (ovvero è la società che da un nuovo Palasport trarrà maggiori benefici); il terzo, non meno importante, è che i genitori (il Comune) non hanno manco i soldi per mangiare.

    Detto questo la soluzione è semplice. Il Comune ha i soldi solo per modificare il vecchio, che sì è bruttino, ha oneri di gestione alti e un’acustica orribile, ma al quale basta aggiungere 400 (quattrocento) posti per essere in regola. Se proprio Mascellani vuole un nuovo Palasport se lo costruisca, e visto che da qualche parte bisogna sbracare, sono disposto pure a dire su terreno concesso gratuitamente dall’Amministrazione e con l’autorizzazione a farci sotto (o sopra) l’ennesimo centro commerciale.

    Ma la smetta di fare i giochetti da vittima della perfida politica. L’amministrazione comunale deve amministrare per tutti i cittadini. Compresi quelli che non vanno al palasport.

  • Uffici stampa

    centoIn quel di Cento succedono cose strane e divertenti. Come la giunta Tuzet (AN) che cade sul bilancio, e l’ex candidato del centro-sinistra (verdi esclusi, guardacaso) che offre una stampella alla destra e poi viene costretto a fare retromarcia dai suoi.

    Ma la cosa più divertente della settimana è secondo me il comunicato stampa dell’ufficio stampa del Comune centese che interviene sul caso dei manifestini a sostegno della giunta centese affissi da ignoti sui tabelloni elettorali:

    Manifesti abusivi a Cento

    E’ di ieri la notizia ed anche il fatto che alcune persone, rigorosamente anonime, hanno affisso negli spazi elettorali un manifesto con il logo del PDL il cui contenuto era palesemente a difesa della Giunta, mentre in realtà ne faceva esattamente il danno. Infatti nessuno della Giunta, men che meno il Sindaco, era al corrente né dell’iniziativa né dei contenuti, su quali non è d’accordo, che tra l’altro hanno indignato anche i livelli superiori dei principali partiti che sostengono questa amministrazione. Con la presente nota quindi smentiamo categoricamente ogni coinvolgimento della attuale amministrazione. I manifesti sono opera di anonimi contro cui l’amministrazione stessa ha operato in modo che i Vigili Urbani lì oscurassero immediatamente poiché privi di ogni regola di legge per la identificazione degli autori.
    Ufficio stampa del Comune di Cento

    L’ho riletto più volte, imbarazzato dalla costruzione logica e grammaticale del testo. Non che io abbia particolare familiarità con l’italiano ma ho avuto sinceramente dei dubbi sull’autenticità del contenuto e della firma. Invece risulta essere realmente l’espressione del pensiero della giunta di AN e Lega Nord (e altri) che amministra il Comune. Che ne direste se la Provincia promuovesse un corso di italiano per gli uffici stampa?

  • Due buone (?) notizie… anzi tre.

    federicoDue buone (?) notizie oggi sul fronte dell’inchiesta sulla morte di Federico Aldrovandi. La prima era stamattina sui giornali, e riguarda gli sviluppi dell’incheista “bis”, quella sulle manipolazione delle prove. Sarebbero indagati tre poliziotti della Questura di Ferrara che nei giorni scorsi sono stati interrogati dai magistrati. Qualcosa si muove, in attesa della prima udienza a cui mancano pochi giorni. La seconda è che Amnesty International ha deciso di aprire un fascicolo sul caso del ragazzo morto durante un controllo di polizia. Gli inviati dell’associazione saranno in città lunedì prossimo. Ci informa estense.com. Ben fatto.

    Ma l’unica notizia veramente buona (anche se datata) è la terza, quella che vedete in foto. E’ il pozzo scavato in Mali, nel villaggio di Amany che si trova nei territori Dogon della falesia di Bandjagara. La popolazione è composta da oltre 300 abitanti che ora non dovranno più ricorrere all’acqua delle pozze che normalmente utilizzavano dopo la stagione delle piogge. Il pozzo è dedicato a Federico. Ecco il sito del progetto.