
Arriva da Ferrara il podcast che racconta Genova 2001
ARRIVA DA FERRARA IL PODCAST CHE RACCONTA I VENTI ANNI DAL G8 DI GENOVA
Ventanni | Genova 2001 – 2021 esce il 14 luglio sul canale Spreaker di Web Radio Giardino e su tutte le altre piattaforme di ascolto gratuito. Curato da uno degli autori del nuovo collettivo di produzioni audio Cumbre | Altre Frequenze, ha come protagonisti tre attivisti di Ferrara, allora ventenni, che parteciparono alle manifestazioni contro il G8.
Leonardo, Francesca e Luca nell’estate del 2001 sono partiti da Ferrara per andare a Genova. Hanno vissuto in prima persona le giornate del 18, 19, 20 e 21 luglio. I dibattiti, i cortei, le manifestazioni contro il G8, le violenze, la repressione. Con loro migliaia di persone, un intero movimento.
Questa è la presentazione di “Ventanni | Genova 2001 – 2021” il podcast a cura di Giacomo Locci del collettivo Cumbre | Altre Frequenze, le musiche e la post-produzione di Mattia Antico, che esce in collaborazione con Web Radio Giardino su Spreaker (https://www.spreaker.com/show/ventanni-genova-2001-2021) e su tutte le altre piattaforme di ascolto gratuito con le voci di: Francesca Battista, Leonardo Fiorentini, Luca Greco, Giuliano Giuliani, Carlo Gubitosa, Lorenzo Guadagnucci, Nicoletta Dentico, Enrico Deaglio, Adriano Zamperini, Marialuisa Menegatto, Supporto Legale, Enrico Zucca, Enrica Bartesaghi.
“Perché la memoria è un’azione che riguarda il nostro presente” la frase che accompagna e che fa da sottotitolo all’opera riesce a far capire al meglio il senso di questo progetto che in 5 episodi racconta di vicende del 2001, di azioni compiute allora, ma anche di azioni da compiere oggi e del senso del parlarne ancora dopo vent’anni. Una frase di una delle voci più interessanti del podcast, Adriano Zamperini, Professore in Psicologia della Violenza presso Università di Padova, Dipartimento FISPPA e autore di “Cittadinanza ferita e trauma psicopolitico: Dopo il G8 di Genova: il lavoro della memoria e la ricostruzione di relazioni sociali”
Si potrebbe dire che Ventanni è infatti soprattutto un podcast di intrecci. Intrecci di piani narrativi, quello intimo di Leonardo, Francesca e Luca, gli attivisti di Ferrara e quello più generale con gli interventi che contestualizzano e dipingono le giornate del luglio del 2001 a Genova da un punto di vista più collettivo. Intrecci di stili, quello della cronaca dei vissuti personali che ripercorrono i vari momenti nei diversi giorni e quello delle riflessioni sul “lavorio” e sul senso della memoria in questi venti anni. Intrecci di anni, perchè in ogni episodio non si è mai solo nel 2001 ma anche nel 2021. Intrecci di voci, ogni puntata infatti non è una sola e lunga intervista, ma un racconto corale che si dipana stringendo e allargando il punto di osservazione. Intrecci di generazioni, chi allora aveva vent’anni parla a chi ha vent’anni oggi.
Ventanni racconta del 18, 19, 20 e 21 luglio 2001 quando a Genova centinaia di migliaia di persone scesero in strada per chiedere “un altro mondo è possibile” contro l’arroganza del G8 e lo fa partendo dalle idee che erano la base e la forza del movimento dei movimenti, dalle tante anime di cui era composto, dalle diverse modalità di azione e di lotta e segue poi quelle idee nella loro visione profetica di allora e sbalordente attualità di oggi. Con una domanda sullo sfondo: avevamo ragione noi vent’anni fa o il sistema che combattevamo si è appropriato anche di quelle lotte per illuderci e non cambiare?
Salute globale, lavoro, diritti di cittadinanza, ambiente, lotta alla finanza speculativa: un movimento così radicale che per molti dei protagonisti del podcast è stato fermato con la violenza proprio per le sue idee. Violenza e repressione delle forze dell’ordine che però non hanno mai dato il via ad un vero e proprio dibattito sulla salute democratica di queste istituzioni come invece avviene in molte altre parti del mondo, USA e America Latina in primis.
Insieme alle idee poi le azioni: il concerto di Manu Chao, il corteo dei migranti, l’attacco alla zona rossa, la carica al corteo dei disobbedienti in via Tolemaide del venerdì pomeriggio, la reazione del corteo stesso, l’uccisione di Carlo Giuliani ricostruita dalla famiglia nonostante le omissioni della magistratura, le torture alla caserma di Bolzaneto, le violenze e le torture alla Diaz, l’irruzione al media center, le persone scomparse per giorni e ricomparse poi nelle carceri del nord Italia.
L’altra riflessione che affiora pian piano nel corso degli episodi è quella sulla fine di quel movimento, sulle divisioni, sulle colpe addossate, sulla pericolosa e dannosa tendenza a voler distinguere fra buoni e cattivi.
Ventanni è anche uno dei primi lavori associati a Cumbre | Altre Frequenze, il nuovo collettivo di produzioni audio, podcast e audio doc, made in Ferrara (https://cumbrealtrefrequenze.com/).
Tutti gli episodi e le info su https://www.spreaker.com/show/ventanni-genova-2001-2021
Oltre a quelle di Francesca, Leonardo e Luca gli attivisti di Ferrara che hanno raccontato le loro giornate, e a quella giù citata dal prof. Adriano Zamperini, Ventanni ospita le voci di: Giuliano Giuliani, il padre di Carlo; Carlo Gubitosa, giornalista e scrittore, nel 2001 attivista con l’associazione PeaceLink, autore nel 2003 del libro “Genova, Nome per Nome” e da poco in libreria con “Abbiamo ragione da vent’anni”; Lorenzo Guadagnucci giornalista, attivista, autore di “Noi delle Diaz” e “L’eclisse della democrazia”; Marialuisa Menegatto, Psicologa sociale, Ricercatrice in Psicologia della Violenza, presso l’Università degli Studi di Padova, Dipartimento FISPPA e autrice di “Cittadinanza ferita e trauma psicopolitico”; Enrico Deaglio, giornalista, scrittore, saggista, già direttore di Diario nel 2001; Nicoletta Dentico, già direttrice di Medici Senza Frontiere nel 2001, giornalista e attualmente direttrice del programma di salute globale di Society for International Development, autrice dei libri “Ricchi e buoni? Le trame oscure del flantrocapitalismo” e “Geopolica della Salute: Covid-19, Oms e la sfida pandemica“; Supporto Legale, il collettivo nato nel 2004 per sostenere la difesa di tutti gli imputati dei processi ai manifestanti, che attraverso una delle sue attiviste racconta una delle pagine più dimenticate di questi venti anni, il processo ai 25; Enrico Zucca, sostituto procuratore generale di Genova e Pubblico Ministero nel processo sui fatti della scuola Diaz; Enrica Bartesaghi, una delle fondatrici del comitato Verità e Giustizia per Genova che ha raccolto l’esperienza sua e della figlia Sara nel libro “Genova il posto sbagliato”.

15 anni fa a Genova
15 anni fa faceva più o meno lo stesso caldo di oggi. Ero a Genova da qualche giorno con alcuni amici e tanti, tanti altri sconosciuti. Avevo qualche capello in più e qualche chilo in meno.
Oggi rispetto ad allora ho ancora tanti dubbi ed una sola certezza in più: che quel movimento diceva le cose giuste e praticava le giuste modalità. Oggi che i nodi stanno venendo al pettine, dalle guerre alle migrazioni sino alla crisi senza fine del modello economico-finanziario, è sempre più chiaro. Ed è proprio perché quel movimento era nel giusto che è stato distrutto prima coi lacrimogeni, i manganelli e le pistole e poi vilipeso e diffamato.
Siamo stati forse deboli noi a non saper reagire, facendoci disperdere – quasi volentieri – in tanti piccoli rivoli incapaci di influire sulla società nel suo complesso. Oggi quella generazione – che i fatti di oggi ci dimostrano non essere di folli sognatori ma di giovani con i piedi ben piantati per terra – ha la responsabilità di riprendere quel percorso e soprattutto quelle modalità. Che includevano prima che escludere e che mettevano l’ascoltare prima del parlare. Non è facile, ma lo dobbiamo a quelli che, nel frattempo, sono divenuti i nostri figli.
Leonardo Fiorentini
Consigliere comunale
Piazza Alimonda, 20 luglio 2001, ore 17,25

I traumi di Genova. Dieci anni dopo.
Arci Ferrara, La Società della Ragione onlus e Comitato Testimoni di Genova, in collaborazione con MelBookStore e con il patrocinio del Comune di Ferrara vi invitano
Mercoledì 28 settembre, alle ore 18 presso la sala dell’Oratorio dell libreria MELBOOKSTORE di Ferrara (Palazzo San Crispino, Piazza Trento e Trieste) alla
Presentazione del libro di Adriano Zamperini, Marialuisa Menegatto
Cittadinanza ferita e trauma psicopolitico
Dopo il G8 di Genova: il lavoro della memoria e la ricostruzione di relazioni sociali
Insieme agli autori sarà presente Daniele Lugli, difensore Civico dell’Emilia Romagna.
I diritti d’autore del libro sono devoluti al Comitato Verità e Giustizia per Genova.
Il libro:
Cittadinanza ferita e trauma psicopolitico
Dopo il G8 di Genova: il lavoro della memoria e la ricostruzione di relazioni sociali
Prefazione di Nando della Chiesa
Liguori Editore
Collana: Relazioni
ed.: 2011
ISBN: 978-88-207-5490-7
pp.: 208
Dieci anni sono ormai trascorsi dal G8 di Genova. Un evento che tuttavia resta impresso nell’immaginario. Difficile lasciare dietro di sé quei drammatici eventi, immortalati da una moltitudine di fotografie e video. Immagini di scontri di piazza, con la morte di Carlo Giuliani, e di manifestanti picchiati a sangue nella scuola Diaz. Poi le notizie sulla violenza di Bolzaneto. Infine sono venuti i processi e le sentenze. Che cosa resta di Genova, oggi? Gli autori, muovendosi per i sentieri di un senso di cittadinanza profondamente ferito e di un diffuso trauma psicopolitico, prendono le distanze da quel pensiero illusorio che si affida passivamente al tempo. Nella speranza che si faccia guaritore. Quasi che a far decantare l’afflizione, essa svanisca. E che l’indignazione covata dall’ingiustizia patita possa essere erosa dall’oblio. Sapendo però che tutto si può dire del passato, tranne che sia passato, gli autori analizzano scientificamente la natura della sofferenza, individuale e collettiva, prodottasi con il G8 di Genova. Interrogano le pratiche sociali della memoria, affrontano il problema del vivere comune “offeso” – la frattura tra istituzioni dello Stato e parte di cittadini – con le reciproche barriere emozionali che continuano a frapporsi a livello interpersonale e intergruppi. Offrendo infine un sapere al servizio della società, aiutandola a concretizzare rispetto e giustizia, per incamminarsi lungo le vie di una matura riconciliazione.
I diritti d’autore del libro sono devoluti al Comitato Verità e Giustizia per Genova..
Adriano Zamperini
Adriano Zamperini è Professore di Psicologia sociale e di Relazioni interpersonali nei contesti organizzativi presso la Facoltà di Psicologia dell´Università di Padova. Fra le sue ultime pubblicazioni: Psicologia dell´inerzia e della solidarietà (2001), Psicologia sociale (2002) (con I. Testoni), Prigioni della mente (2004), L´indifferenza (2007).
Marialuisa Menegatto
Marialuisa Menegatto è psicologa clinica e di comunità, ricercatrice presso la Società Italiana di Scienze Psicosociali per la Pace.
I traumi di Genova. Dieci anni dopo.
Arci Ferrara, La Società della Ragione onlus e Comitato Testimoni di Genova, in collaborazione con MelBookStore e con il patrocinio del Comune di Ferrara vi invitano
Mercoledì 28 settembre, alle ore 18 presso la sala dell’Oratorio dell libreria MELBOOKSTORE di Ferrara (Palazzo San Crispino, Piazza Trento e Trieste) alla
Presentazione del libro di Adriano Zamperini, Marialuisa Menegatto
Cittadinanza ferita e trauma psicopolitico
Dopo il G8 di Genova: il lavoro della memoria e la ricostruzione di relazioni sociali
Insieme agli autori sarà presente Daniele Lugli, difensore Civico dell’Emilia Romagna.
I diritti d’autore del libro sono devoluti al Comitato Verità e Giustizia per Genova.
Il libro:
Cittadinanza ferita e trauma psicopolitico
Dopo il G8 di Genova: il lavoro della memoria e la ricostruzione di relazioni sociali
Prefazione di Nando della Chiesa
Liguori Editore
Collana: Relazioni
ed.: 2011
ISBN: 978-88-207-5490-7
pp.: 208
Dieci anni sono ormai trascorsi dal G8 di Genova. Un evento che tuttavia resta impresso nell’immaginario. Difficile lasciare dietro di sé quei drammatici eventi, immortalati da una moltitudine di fotografie e video. Immagini di scontri di piazza, con la morte di Carlo Giuliani, e di manifestanti picchiati a sangue nella scuola Diaz. Poi le notizie sulla violenza di Bolzaneto. Infine sono venuti i processi e le sentenze. Che cosa resta di Genova, oggi? Gli autori, muovendosi per i sentieri di un senso di cittadinanza profondamente ferito e di un diffuso trauma psicopolitico, prendono le distanze da quel pensiero illusorio che si affida passivamente al tempo. Nella speranza che si faccia guaritore. Quasi che a far decantare l’afflizione, essa svanisca. E che l’indignazione covata dall’ingiustizia patita possa essere erosa dall’oblio. Sapendo però che tutto si può dire del passato, tranne che sia passato, gli autori analizzano scientificamente la natura della sofferenza, individuale e collettiva, prodottasi con il G8 di Genova. Interrogano le pratiche sociali della memoria, affrontano il problema del vivere comune “offeso” – la frattura tra istituzioni dello Stato e parte di cittadini – con le reciproche barriere emozionali che continuano a frapporsi a livello interpersonale e intergruppi. Offrendo infine un sapere al servizio della società, aiutandola a concretizzare rispetto e giustizia, per incamminarsi lungo le vie di una matura riconciliazione.
I diritti d’autore del libro sono devoluti al Comitato Verità e Giustizia per Genova..
Adriano Zamperini
Adriano Zamperini è Professore di Psicologia sociale e di Relazioni interpersonali nei contesti organizzativi presso la Facoltà di Psicologia dell´Università di Padova. Fra le sue ultime pubblicazioni: Psicologia dell´inerzia e della solidarietà (2001), Psicologia sociale (2002) (con I. Testoni), Prigioni della mente (2004), L´indifferenza (2007).
Marialuisa Menegatto
Marialuisa Menegatto è psicologa clinica e di comunità, ricercatrice presso la Società Italiana di Scienze Psicosociali per la Pace.
Chi era il tipo con il megafono?
Questo che segue è il racconto “a caldo” che inviai a Carta dopo la mattanza del 21 luglio di 10 anni fa a Genova. La domanda “Chi era il tipo con il megafono?” non ha avuto mai risposta, e mi appare oggi ingenua e stupida. Adesso posso tranquillamente affermare che si trattasse di qualcuno del servizio d’ordine che cercava di fare del suo meglio, in quel caos assoluto.
Il complottismo di quelle ore pero’ era ampiamente giustificato dagli strani tipi in motorino del giorno prima, dai cassonetti riempiti di libri di fianco a Via Assarotti (via Palestro?), dalle fughe prima dai presunti black block, quindi dalla polizia, dal rumore delle pale degli elicotteri sopra piazzale Kennedy la sera del 20, dalla carneficina della Diaz la notte del 21, e da tutto quello che si è scoperto poi. A ripensare che ci era pure venuto in mente di restare a Genova la notte del 21 (“poi andiamo a dormire alla Diaz”), mi tornano i brividi, che mi passano solo al pensiero che abbiamo riportato tutti a casa incolumi.
In quei giorni, questo è l’unico dato politico di cui sono certo, è stato distrutto e frammentato a suon di lacrimogeni e manganelli un grande movimento intergenerazionale e trasversale che solo 10 anni dopo (con i referendum di giugno) ha ricominciato a credere nella forza del lavorare insieme.
Perchè nella forza delle nostre idee non abbiamo mai smesso di crederci.
Vi mando questo resoconto che può essere utile alla ricostruzione dei fatti, ma anche alcune domande sulle quali lavorare: chi era quello sul cassonetto con il megafono? chi ha detto al corteo di muoversi?
Davanti a noi c’era anche un pezzo di rifondazione. Giravano voci incontrollate su scontri dietro che ovviamente bastavano per impedirci di tornare indietro. Ero nello spezzone della rete di Lilliput, siamo stai fermati per molto tempo sul lungo mare per gli scontri di piazzale Kennedy. Il servizio d’ordine era lasciato alla buona volontà delle persone, ovviamente non era adeguato alla situazione. Il cordone è stato rotto in due poco prima di piazzale Kennedy da uno spezzone (Cobas mi pare) che ha rotto il gruppo della rete di Lilliput in due. Non si era ancora riusciti a compattare il gruppo, quando siamo passati nel punto caldo, l’incrocio di fronte il piazzale dove la manifestazione svoltava verso nord e c’era una persona, su alcuni cassonetti in mezzo alla strada che invitava a fare presto con un megafono. Apparentemente teneva d’occhio una laterale in cui c’erano degli scontri. Guarda caso nel momento in cui è passato lo spezzone della rete sono arrivati quattro o cinque black a cui è bastato buttare per terra tre cassonetti per giustificare il lancio di lacrimogeni (uno mi è caduto molto vicino) e subito dopo la carica. Il cordone della rete si è sfaldato praticamente all’arrivo dei black, quello dei Cobas che seguivano ha avuto un momento di cedimento nonostante qualcuno insieme a me tentasse di rinforzarlo. I lacrimogeni hanno fatto il resto. La persona sui cassonetti si è allontanata con una calma che mi ha stupito.
Nota: utilizzare quei mezzi per fermare cinque persone è, se in buonafede, un atto come minimo di incompetenza ed incapacità. Lanciare lacrimogeni su una parte di corteo pacifica è un atto di puro terrorismo. Caricare uno spezzone pacifico è semplicemente un atto criminale. Tornando ai fatti, i quattro/cinque si sono ovviamente inseriti nello spezzone di corteo che era riuscito a passare, mentre guarda caso la polizia manganellava a sangue dietro. Tranquilli come in gita scolastica sono stati dentro al corteo finché non sono stati individuati ed allontanati dal corteo al grido di “fuori fuori” come in piazza Manin venerdì. Insomma, stessa dinamica, solo che questa volta erano in quattro o cinque. È pura coincidenza, è pura incompetenza, è malafede?
Ciao
Leonardo Fiorentini
Piazza Alimonda, 10 anni fa
Con quella faccia un po’ così
Con quella faccia un po’ così
quell’espressione un po’ così
che abbiamo noi prima di andare a Genova
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c’inghiotte e non torniamo più.
Eppur parenti siamo un po’
di quella gente che c’è lì
che in fondo in fondo è come noi, selvatica,
ma che paura ci fa quel mare scuro
che si muove anche di notte e non sta fermo mai.
Genova per noi
che stiamo in fondo alla campagna
e abbiamo il sole in piazza rare volte
e il resto è pioggia che ci bagna.
Genova, dicevo, è un’idea come un’altra.
Ah, la la la la la la
Ma quella faccia un po’ così
quell’espressione un po’ così
che abbiamo noi mentre guardiamo Genova
ed ogni volta l’annusiamo
e circospetti ci muoviamo
un po’ randagi ci sentiamo noi.
Macaia, scimmia di luce e di follia,
foschia, pesci, Africa, sonno, nausea, fantasia…
e intanto, nell’ombra dei loro armadi
tengono lini e vecchie lavande
lasciaci tornare ai nostri temporali
Genova ha i giorni tutti uguali.
In un’immobile campagna
con la pioggia che ci bagna
e i gamberoni rossi sono un sogno
e il sole è un lampo giallo al parabrise…
Con quella faccia un po’ così
quell’espressione un po’ così
che abbiamo noi che abbiamo visto Genova
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c’inghiotte e non torniamo più.
Sono stanco di provare ribrezzo per questo paese
117. Sono le pagine del file pdf (preso da Repubblica, ma scaricabile anche da qui, non si sa mai: sentenza_diaz.pdf) con le motivazioni della sentenza depositata ieri dalla Corte d’Appello di Genova, presieduta da Salvatore Sinagra.
Ribaltando la sentenza di primo grado, i giudici avevano condannato il 18 maggio scorso 25 imputati, tra i quali il capo dell’anticrimine Francesco Gratteri (4 anni), l’ex comandante del primo reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini (5 anni), Giovanni Luperi (4 anni), Spartaco Mortola (3 anni e 8 mesi) Gilberto Caldarozzi (3 anni e 8 mesi).
Leggerle da una sensazione strana: di ribrezzo prima, di rabbia poi. A volte anche di soddisfazione per le conferme, che dopo anni arrivano. Soddisfazione che svanisce una volta che tornano alla mente i ricordi: il dolore e la paura di quei giorni, le cariche, le fughe, la morte di Carlo Giuliani.
Poi repubblica ci ricorda chi sono ora due dei poliziotti condannati, e per cosa sono stati condannati:
Luperi e Gratteri, dirigente il primo dell’intelligence e il secondo dell’antiterrorismo, due dei più importanti poliziotti italiani: “preso atto del fallimentare esito della perquisizione, si sono attivamente adoperati per nascondere la vergognosa condotta dei poliziotti violenti concorrendo a predisporre una serie di false rappresentazioni della realtà a costo di arrestare e accusare ingiustamente i presenti nella scuola”
Ed eccola, quella sensazione di ribrezzo che torna ad assalirmi.
Ribrezzo per il mio paese. Ribrezzo per i suoi cittadini – me compreso – che consentono queste e tante altre cose ancora.
Ribrezzo per le foto della festa di compleanno di Rotondi, per un Governo che non ha il coraggio di presentarsi a Bologna il 2 agosto, per Bossi e per il figlio di Bossi,
Non so voi, ma io sono stanco di provare ribrezzo per questo paese (e non voglio provare ribrezzo per il figlio del figlio di Bossi).
20 luglio 2001
Sotto il tappeto
Mettere la polvere sotto il tappeto. L’abbiamo fatto tutti.
Ma se il tappeto è il mare de la Maddalena, la polvere sono macerie, amianto e idrocarburi, e tu sei il capo della Protezione Civile, beh dovresti vergognarti un po’ di più.
E chi l’ha mai messo in dubbio?
“Questi uomini hanno e continuano ad avere la piena fiducia del sistema sicurezza e del ministero dell’Interno”
Questo è il commento di oggi del sottosegretario agli Interni Mantovano.
Giusto per coloro che sono ancora alla ricerca dei mandanti politici delle violenze di Genova…
85 anni
Nonostante la prescrizione dei reati più lievi in econdo grado sono stati condannati a 85 anni di carcere complessivo i poliziotti (catena di comando compresa) che nella notte del 21 luglio 2001 hanno eseguito la “macelleria messicana” alla scuola Diaz.
Sono passati 9 anni. Ora aspettiamo la cassazione, e le possibili ulteriori prescrizioni…
Ho un déjà vu
Scajola si dimette ed io ho un déjà vu.
Da qui la domanda, retorica.
L’uomo che è riuscito nell’ordine a: dire che a Genova nel 2001 ha dato l’ordine di sparare, definire Marco Biagi un rompiballe (perchè chiedeva la scorta), riuscire ad avere un aeroporto personale per andare dalla città natale a Roma a dormire in un appartamento acquistato a sua insaputa con i soldi di altri …insomma….
… Claudio Scajola quanto ci metterà a tornare Ministro?
Solidarietà a Checchino (e a Sansonetti)
Checchino Antonini è stato condannato (insieme al suo ex Direttore Piero Sansonetti) per diffamazione per un articolo su De Gennaro e i suoi voti ad alcuni funzionari coinvolti nelle violenze del g8. Sta girando quest’appello, a cui ho aderito da testimone di genova e consigliere di circoscrizione.
Checchino si è occupato, per primo, anche del Caso Aldrovandi. Ed è curiosamente proprio di questi giorni l’inconsueto intervento del Procuratore Capo di Ferrara che ha definito – intervenendo al processo bis sulle deviazioni delle indagini sulla morte di Federico – fogna mediatica l’attenzione dell’informazione libera sul caso del giovane ferrarese morto durante un controllo di Polizia. E’ bene chiarire, per chi passasse di qui per caso, che è forse solo grazie a quella “fogna mediatica” che siamo riusciti a capire meglio come è morto il povero Federico. Per fortuna oggi qualcuno se le è presa.
C’è chi dice che in questi anni si stia mettendo in serio dubbio il diritto a fare informazione ed essere informati. Sentenze come quella di Roma non aiutano certo a fugare le preoccupazioni per lo stato dell’informazione in un paese che secondo Reporters Sans Frontiers occupa il 49esimo posto della classifica mondiale della libertà di stampa. Per chiarirci meglio il prossimo anno l’Italia lotterà con Romania, Cipro (Nord), Mldive, Mauritius, Paraguay, Panama, Nuova Guinea, Burkina Faso, Haiti per restare fra i primi 50 stati.
L’ho fatta un po’ troppo lunga: ecco l’appello, aderite anche voi.
Martedì 10 febbraio, il tribunale di Roma ha condannato per diffamazione, a otto mesi, il cronista di Liberazione, Checchino Antonini, e il suo ex direttore, Piero Sansonetti. I fatti risalgono al 2005 quando l’allora capo della polizia, De Gennaro, attribuì ottimi voti, relativi al 2001, a due funzionari coinvolti nelle violenze di quell’anno al G8 di Genova. Gigi Malabarba, allora capogruppo al Senato di Rifondazione, denunciò quei criteri di valutazione e di selezione dei quadri di Ps ma fu a sua volta attaccato dalle dichiarazioni dei segretari di alcuni sindacati di polizia che facevano quadrato attorno al Viminale. Liberazione raccontò di quello scontro, tutto interno alla battaglia per verità e giustizia sui fatti di Genova. E per quel racconto si è trovata sulle spalle una denuncia, e poi una condanna. Dopo quasi dieci anni, guai a toccare Genova 2001.
Checchino Antonini e Piero Sansonetti sono stati condannati per aver svolto il proprio lavoro come hanno sempre fatto, senza mai aver derogato alla propria serietà professionale.
La solidarietà con i due cronisti ci sembra doverosa. Perché serve oggi a tenere aperti gli spazi per il conflitto sociale, per il diritto di cronaca, per tutte le battaglie di verità e giustizia in quello che il familiare di una vittima della strage di Brescia chiama il Paese dei comitati. Doverosa anche per non smettere mai di ricordare cosa è stato il G8 di Genova 2001, quali libertà fondamentali sono state lì violate e quali ragioni di libertà sono state gridate. Da tutti e da tutte noi.Per adesioni liberalacronaca@gmail.com