• Debunking the debunker

    Le droghe sono già libere, le vogliamo regolamentare?

    Bisogna ammettere che l’articolo di John B. pubblicato nella rubrica “doktor debunker” offre una serie di interessanti spunti (anche se da punti di partenza un po’ arretrati) sul dibattito sulla legalizzazione della cannabis. A partire dal titolo, per finire alle conclusioni, questo articolo è quindi un tentativo – rivedibile e perfezionabile, di questo mi scuseranno i lettori – di debunking del debunker.

    UN MERCATO GIA’ LIBERO – Non nascondiamoci dietro il dito di Giovanardi, oggi il mercato delle sostanze stupefacenti è un mercato libero nei fatti: chiunque puo’ trovare qualunque tipo di sostanze ovunque si trovi. Le uniche cose sotto controllo sono i prezzi delle sostanze e la loro disponibilità, che sono in mano alle organizzazioni criminali. E non è certo un caso che dall’avvento della tabella unica della Fini-Giovanardi i prezzi dei derivati della cannabis siano progressivamente aumentati per avvicinarsi a quelli di sostanze ben più pericolose, ma più facilmente trasportabili e molto più remunerative per il narcotraffico. Del resto questa è la dura legge del mercato, baby. Quindi cominciamo sgombrando il campo da fraintendimenti, o equivoci più o meno voluti: legalizzare significa regolamentare un mercato che è già liberalizzato.

    I COSTI DELLA WAR ON DRUGS – Quindi le droghe sono già libere, nonostante la politica repressiva di oltre 50 anni di War on Drugs, e sono largamente usate nel nostro come in tutto il resto del mondo. Non vorrei dilungarmi troppo sui costi della Guerra alla Droga, che vanno ben oltre il “togliere risorse alle organizzazioni criminali”. Ma recentemente una campagna promossa a livello internazionale ha voluto conteggiare questi costi, e vale la pena di riassumerli sinteticamente così (punti ripresi da Giorgio Bignami, War on drugs, i conti non tornano, Fuoriluogo.it):

    1. Si sprecano almeno 100 miliardi di dollari l’anno senza effetti significativi sulle dimensioni del narcotraffico (almeno $ 330 miliardi annui) e con una serie di danni collaterali a livello economico e socio-antropologico: infiltrazione capillare delle economie legali, crescente ostilità nei riguardi di chi rispetta le regole…
    2. Si colpiscono sviluppo e sicurezza. L’escalation della violenza e della corruzione seguita a crescere in modo esponenziale; i danni ai territori e alle popolazioni più deboli e meno sviluppati diventano incommensurabili: per la violazione dei diritti umani,  la distruzione di ecosistemi fragili, lo scoraggiamento di investimenti con finalità positive e legittime. L’esempio del Messico è sotto gli occhi di tutti.
    3. Si favorisce la deforestazione e l’inquinamento, a partire dalle attività di distruzione chimica dei raccolti, che accelerano il disboscamento e la messa a cultura di sempre nuove aree.
    4. Si crea crimine e si arricchiscono i criminali, non solo fomentando i noti conflitti alla messicana, ma trasformando milioni di cittadini consumatori, altrimenti rispettosi delle leggi e delle regole del vivere civile, in criminali, riempiendo sempre più i carceri di tutto il mondo.
    5. Si minaccia la salute pubblica, disseminando malattia e morte: in russia si registrano tra gli iniettori di droga di strada oltre l’80% di sieropositivi e malati di AIDS, vedi recente rapporto della Global Commission.
    6. Si ledono gravemente i diritti umani, come il diritto alla salute e all’accesso alle misure di riduzione del danno, alla privacy, al due process, alla libertà di pensiero e di azione; e questo, punendo in maniera sproporzionata comportamenti che non dovrebbero essere considerati reati e neanche infrazioni; incarcerando a dismisura spesso prima di qualsiasi giudizio; usando trattamenti degradanti sino alla tortura; applicando in alcuni casi la pena di morte; calpestando culture indigene come nel caso della criminalizzazione dell’uso di foglie di coca.
    7. Si promuove lo stigma e la discriminazione dei consumatori, in particolare per le fasce deboli

    Più umilmente in Italia una serie di associazioni impegnate da anni nella proposta di revisione delle leggi sulle droghe hanno presentato poche settimane fa il 3° Libro Bianco sugli effetti della legge Fini-Giovanardi i cui disastri dovrebbero essere sotto gli occhi di tutti. In Italia sui 37.750 detenuti con condanna passata in giudicato, presenti al 27 novembre 2011, ben 14.590 (38,90%) lo sono per violazione della legge sugli stupefacenti. Se sommiamo a questi i detenuti tossicodipendenti in carcere per reati collegati al loro status (piccole rapine, scippi, etc) il conto arriva facilmente al 50%. L’impatto carcerario della legge antidroga è quindi la principale causa del sovraffollamento negli istituti di pena italiani. All’aumento della carcerazione e delle sanzioni amministrative corrisponde un abbattimento dei programmi terapeutici, alla faccia dei proclami di Fini e Giovanardi sul “noi i tossicodipendenti li vogliamo curare”. Migliaia di giovani ogni anno sono privati di patente e passaporto, perchè trovati a fumarsi una canna su una panchina e devono sottostare a controlli per anni e anni, mettendo a rischio non solo la loro vita lavorativa.

    LEGALIZZARE VALE UN PUNTO DI PIL – In Italia i costi della repressione sulle droghe ammontano, secondo uno studio di Marco Rossi del 2009 a circa 10 miliardi di euro. Se stimiamo che 2/3 siano legati ai derivati dalla cannabis possiamo quantificare in circa 7 miliardi l’anno l’impatto nell’economia di una legalizzazione e regolamentazione della cannabis al pari del tabacco, fra minori costi per la repressione e imposte sulle vendite. Senza contare la tassazione derivante dall’emersione dell’economia illegale e dell’indotto che tra emersione del lavoro e tassazione dei profitti puo’ far arrivare tranquillamente il valore economico della regolamentazione vicino al punto di PIL.

    L’ESEMPIO OLANDESE – Nell’articolo che fornisce lo spunto vengono citati alcuni dati sul consumo di cannabis in Olanda presi da un vecchio rapporto dell’EMCDDA, con un confronto fra il 1997 e il 2006. Oltre al dettaglio di omettere a cosa si riferisse il dato della prevalenza (si trattava dell’uso nella vita nella fascia d’età 15-64), si è evitato di citare il dato immediatamente accanto nella stessa tabella, ovvero come l’uso della cannabis nell’ultimo anno fosse non solo molto più basso, ma pure in calo (dal 5,5 del 97 al 5,4 del 2006). Se poi andiamo a vedere la distribuzione per età, sempre nello stesso rapporto, notiamo come l’uso nell’ultimo anno (che è in effetti il dato che viene usualmente utilizzato per la stima del consumo) sia in calo soprattutto per i più giovani (dal 14,3 all’11,4). Onestà intellettuale mi obbliga a riferire come questi dati siano ampiamente superati. Oggi la prevalenza dell’uso lifetime della cannabis in Olanda è al 25,7% (fonte dati EMCDDA, con l’avvertenza che è cambiato il sistema di campionatura e lo stesso Istituto li utilizza con “parsimonia”, soprattuto per i raffronti con i precedenti) mentre è al 7% quella dell’uso nell’ultimo anno.

    L’AUMENTO PROGRESSIVO – Ma, oltre a non aver molto senso imputare l’aumento progessivo del consumo dai primi anni 2000 ad una politica che è iniziata 25 anni prima, questi dati non hanno significato se non vengono confrontati con quelli di un paese a caso che applichi coscientemente la politica internazionale di repressione sulle droghe: l’Italia. Così scopriamo che (dati 2008, qui l’EMCDDA manco li cita gli strabilianti dati di Giovanardi degli anni successivi) in Italia l’uso durante la vita è al 32%, mentre l’uso nell’ultimo anno al 14,3%. Se prendiamo invece un paese, sempre a caso, che ha avviato politiche di depenalizzazione come il Portogallo ritorniamo all’11,7% nella vita e al 6,6% nell’ultimo anno. Insomma, la Legalizzazione certamente non fa aumentare i consumi, e forse li puo’ far diminuire.

    LEGALIZZARE? REGOLAMENTARE – In un volume tradotto in italia col titolo “Dopo la War on Drugs” e pubblicato da Ediesse, la fondazione britannica Transform ha ipotizzato, a partire dalle esperienze internazionali, un percorso per la regolamentazione di ogni tipo di sostanza. E’ un libro interessante, che invito a consultare. Serve soprattutto a comprendere come legalizzare significhi regolamentare: oggi un minorenne puo’ acquistare cannabis, senza sapere come è stato prodotta, cosa ci è stato aggiunto, come è stato trasportata e a chi andranno i suoi soldi. E spesso senza conoscere neanche gli effetti della sostanza, o i pericoli derivanti dalle poliassunzioni. Una volta regolamentato, un minorenne non potrà acquistare, ci potranno essere controlli sulla qualità delle sostanze e si potrà informare con un po’ più di serenità sugli effetti delle sostanze, favorendo quindi un uso più consapevole e attivando campagne di informazione come per il tabacco.

    AL CONTRARIO – Qui l’esempio olandese ci è utile anche al contrario. L’adozione del Wietpas, ovvero il divieto di vendita ai non residenti e la registrazione dei clienti dei coffeshop, nelle regioni del sud del paese ha infatti provocato un ritorno dello spaccio in strada, la sostituzione del turismo dello sballo col pendolarismo dello spaccio, una forte diminuzione dei prezzi nelle piazze (a confronto con quelli “controllati” nei coffeshop) ed una maggiore disponibilità delle sostanze per tutti, compresi i minorenni utilizzati anche come spacciatori.

    IL DIBATTITO SULL’ETICA – Qui non si tratta di dibattere se fumare cannabis sia “eticamente” o “moralmente” più disdicevole che bere alcol. Il dibattito deve essere sul fatto che lo Stato debba o meno arrogarsi il diritto di proibire usi e costumi che non danneggiano gli altri e che danneggiano se stessi meno (zero morti l’anno) che i consumi, perfettamente legali, di alcol (30.000 morti l’anno) o di tabacco (80.000 morti l’anno). Perchè se in questo paese non usciamo in fretta dal vicolo stretto della presunzione di ciò che è “socialmente accettato” sarà difficile contrastare l’evasione fiscale, figuriamoci legalizzare le droghe o garantire le unioni di fatto, o addirittura i matrimoni per gay e lesbiche. Non possiamo poi dimenticare che almeno negli ultimi vent’anni il nostro paese abbia conosciuto una fase di dibattito politico di livello talmente basso da impedire una qualsiasi forma di ragionamento sereno sul tema, e questo è stato subito da un movimento antiproibizionista molto indebolito in questi anni. Non è peraltro un caso che tale quadro politico abbia prodotto la legge Fini-Giovanardi e la Bossi-Fini, due normative criminogene asservite al dogma della “sicurezza”.

    MARIJUANA, MITI E FATTI – Diventa più difficile commentare in poche righe argomentazioni come queste: “fanno male, danneggiano il cervello, provocano dipendenza, inducono alterazioni sensoriali e comportamentali che mettono a rischio la vita e l’incolumità degli altri, possono favorire il passaggio al consumo di droghe pesanti…” Si tratta di un compendio di miti sulla marijuana che, presi insieme, meritano un libro. Un libro che per fortuna esiste e che è stato ripubblicato in italiano da Vallecchi. Pur un poco datato aiuta a sconfiggere un po’ di miti sulla Marijuana: Marijuana, i miti e i fatti, di Zimmer e Morgan, è un bel libro, ne consiglio la lettura perchè aiuterebbe un dibattito sereno sui reali effetti dei derivati della cannabis. Per citare testi più recenti, sarebbe sufficiente il testo della Beckley Foundation, che analizza in modo piuttosto esteso la sostanza e i suoi reali effetti (qui una presentazione a cura di Grazia Zuffa, Fuoriluogo). Anche più recentemente molte ricerche (fra queste Tait et al, Addiction, ottobre 2011 e Dregan e Gulliford, “American Journal of Epidemiology”, febbraio 2012) hanno dimostrato come i danni reali del consumo di cannabis siano da considerare modesti anche in caso di un consumo pesante (che certamente non va comunque nè consigliato nè favorito). Qui mi limito ad accennare che non esiste in letteratura uno studio che possa dimostrare la dipendenza fisica dalla sostanza cannabis nell’uomo (esiste una ricerca che dimostra un possibile dipendenza nei topi a dosi da cavallo, il suo curatore, Gian Luigi Gessa è oggi uno degli scienziati più esposti a favore della legalizzazione), per la “cannabis droga di passaggio” basterebbe dire che tutti gli eroinomani hanno cominciato dal latte, ma esistono studi che dimostrano che tale legame non è dovuto alla sostanza, e che anzi l’unico collegamento reale è la commistione dovuta al mercato illegale. Per il resto nessuno ha mai negato che la cannabis abbia effetti, sul corpo come nel cervello. Il problema è comprendere quali siano quelli reali e se siano tali da giustificare la proibizione di quella che, dopotutto, è solo una pianta che ha accompagnato l’uomo da millenni.

    LE RICERCHE – Fra l’altro sono numerosissime, ed addirittura alcune di queste accettate pure dal Dipartimento Antidroga italiano, le ricerche sull’uso medico della canapa. Oltre ai noti effetti positivi come sostanza utilizzata nelle cure palliative, per i malati sottoposti a chemioterapia, nella terapia sintomatica della sclerosi multipla, sono in via di accertamento proprietà antitumorali (ad esempio per il tumore prostatico, vedi Indian Journal of Urology e British Journal of Pharmacology).

    CONCLUDENDO – Sinceramente chi scrive non sa dove si sposteranno gli interessi dei narcotrafficanti una volta regolamentato legalmente il mercato della canapa in Italia, anche se non disdegnerebbe che la manovalanza del crimine trovasse più vantaggioso e salutare trovare occupazione alla luce del sole in un coffeeshop italiano. So però che almeno le forze dell’ordine non saranno più impegnate in costose retate alla caccia di un paio di piantine di canapa nell’armadio, per essere impiegate per contrastare reati più pericolosi per la società, e che centinaia di migliaia di consumatori potranno liberarsi dal giogo della proibizione. Perchè non è vero che il consumo non sia penalizzato nel nostro paese. Infatti le tabelle ministeriali prevedono un limite talmente basso di principio attivo (500mg per la canapa, ben diverso per la cocaina) che sono innumerevoli i casi di consumatori che, anche per le modalità di consumo della canapa (consumo di gruppo spesso significa anche acquisto di gruppo), risultano sottoposti a procedimento penale e che magari preferiscono patteggiare un fatto di lieve entità con sospensione condizionale, piuttosto che rimanere impigliati per anni nelle maglie del sistema penale italiano. Anche se poi molti finiscono lo stesso in carcere (una stima molto parziale parla di circa il 40% di detenuti per “fatto lieve” sul totale dei detenuti per reati di droga). Per non parlare poi di chi, non volendo finanziare le narcomafie, decide di autocoltivarsi la piantina nel ripostiglio o nell’armadio: questi sembrano diventati negli ultimi anni gli obiettivi privilegiati della repressione, quasi fosse un’aggravante il volersi affrancare dal mercato criminale.

    (articolo scritto per Giornalettismo)

  • Grillo, la libertà e i comizi: se non paghi, ti boicottano le riprese

    articolo per Giornalettismo.com

    Grillo, la libertà e i comizi: se non paghi, ti boicottano le riprese

    A Codigoro arriva il comico del MoVimento 5 Stelle. Ed è subito manicomio!

    Il fattaccio è accaduto ieri in quel Codigoro, nel basso ferrarese, dove siamo in piena campagna elettorale e dove domenica prossima si eleggerà il nuovo sindaco senza ballottaggio.

    La situazione è complicata: il sindaco uscente del centrosinistra, Rita Cinti Luciani, sconta infatti una diaspora interna, con la vice sindaco Annalisa Felletti dimessasi a pochi mesi dalle elezioni per formare una propria lista, e deve anche affrontare la sfida di un giovane candidato del movimento 5 stelle, Andrea Castagnoli, e dell’ex Segretario provinciale UDC sostenuto da PDL e Lega, Paolo Menegatti .

    Ieri, per il paese di 13.000 anime in pieno Parco del Delta del Po era probabilmente la giornata clou della campagna elettorale: infatti toccava addirittura a Beppe Grillo salire sul palco in piazza per un comizio pubblico a sostegno del suo candidato a 5 stelle. A seguirlo qualche centinaio di persone, e ovviamente anche la televisione locale, Telestense. Ecco il racconto di quel che è successo, raccontato dal giornalista di Estense.com:

    Alla troupe televisiva giunta da Ferrara per documentare l’evento, seguito in piazza da circa 400 persone, è stato fatto presente che le telecamere del service dovevano avere la precedenza, e che quindi nessun altro operatore video avrebbe potuto frapporsi fra Grillo e i loro obiettivi (“dobbiamo avere immagini pulite”, la motivazione); non solo, perché all’arrivo di Grillo ai bordi della piazza, al tentativo della troupe di Telestense di effettuare una breve intervista al comico, due individui si sono parati davanti alla videocamera della tv cercando di impedire le riprese, e questo per qualche minuto anche in seguito, quando Grillo era già salito sul piccolo palco allestito proprio di fronte alla sede del Municipio di Codigoro. Un episodio quantomeno spiacevole e scorretto, che arriva dopo il rifiuto dell’emittente all’acquisto delle immagini che sarebbero state prodotte dal service stesso.

    Questo invece il commento dell’emittente televisiva, che solo grazie all’intervento dei simpatizzanti del candidato sindaco ha potuto esercitare il diritto di cronaca:

    Non è stato facile oggi per la troupe di Telestense riprendere il comizio di Beppe Grillo giunto a Codigoro per sostenere i candidati del Movimento a 5 Stelle nei Comuni ferraresi che andranno al voto domenica e lunedì. Inutle chiedere interviste, il comico genovese arrivato in bicicletta, ha glissato alla nostra richiesta, poi è salito sul palco. Ma un vero e proprio sbarramento è arrivato dal suo staff e in modo particolare da un service televisivo, che rivendicava l’esclusiva del comizio.

    Un assurdo, visto che il comizio era pubblico, e che nulla di più pubblico dovrebbe esserci della politica. A sostenere la nostra tesi sul diritto di cronaca, sono intervenuti a onor del vero i supporter del candidato di Codigoro del Movimento Cinque Stelle, che hanno dissuaso i due individui che si sono messi davanti alla giornalista e al cameraman per fare da muro umano.

    Sapevamo che Grillo da tempo parla solo su internet e ai giornalisti di Anno Zero e Sky, ma perché impedire alla tv locale di fare cronaca sul suo comizio? Forse un equivoco? Ce lo auguriamo, perché anche dal modo di interagire con la stampa si misura il grado di vera democrazia di un movimento politico.

    In questi giorni si parla abbastanza delle modalità grilline di approccio alla politica. Della fuga dal confronto si è già detto tanto. Certo che se la richiesta di soldi da parte del service venisse confermata, parrebbe proprio che qualcuno abbia scambiato il processo democratico delle elezioni (di cui i comizi fanno parte) per un’occasione di profitto sulla propria immagine. Sarebbe un certo salto di qualità anche rispetto a Silvio Berlusconi, che in fondo ha solo fatto dell’immagine la sua unica politica, ma almeno non chiede soldi per farsi riprendere.

  • Il Governo delle tasse

    Questi sono completamente folli:

    Il canone Rai diventerà obbligatorio per tutti quelli che pagano una bolletta elettrica. È il progetto del ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, secondo cui “a tutti i titolari di un contratto di fornitura di elettricità, siano essi famiglie o pubblici esercizi o professionisti, sarà chiesto di pagare il canone, perchè ragionevolmente se uno ha l’elettricità ha anche l’apparecchio tv. Chi non ha la televisione dovrà dimostrarlo, e solo in quel caso non pagherà”.“Il provvedimento – spiega Romani in un’intervista al Corriere della sera – è pronto e presto sarà presentato, forse col decreto Milleproroghe”. L’obiettivo è contrastare l’evasione, perchè “circa il 30% di chi dovrebbe pagare il canone non lo fa”. Tuttavia, aggiunge il ministro, la metà delle nuove risorse incassate andrà alla Rai e metà alla riduzione del canone.

    NB: scrive chi, credo caso più unico che raro, ha inviato la cartolina allegata all’abbonamento RAI per comunicare la variazione di indirizzo e residenza…

  • Costi della politica: quando i ricchi tagliano ai poveri

    Articolo pubblicato su Giornalettismo.com

    Le norme di Calderoli sembrano aver l’obiettivo di diminuire la rappresentanza, invece di contenere la spesa

    Si è parlato molto, in questi anni, in particolare dalla pubblicazione del libro di Stella “La Casta”, della riduzione dei costi della politica. La spinta dell’opinione pubblica ha portato ad una serie di provvedimenti, da parte degli ultimi due governi, che dopo i grandi proclami, hanno sempre partorito un topolino.

    LA GENESI – Aveva cominciato il governo Prodi, che con i ministri Santagata e Lanzillotta in prima linea: aveva annunciato la più grande sforbiciata mai vista. Nel ddl proposto si parlava di risparmi per oltre 1 miliardo e 300 milioni di euro, 500 milioni dei quali per gli enti locali. Il ddl fece una brutta fine anche se in alcune sue parti fu ripreso dalla legge finanziaria del 2008. Così gli interventi più rilevanti furono l’introduzione di limiti al numero delle circoscrizioni (una ogni 30.000 abitanti, e solo nei comuni al di sopra dei 100.000 abitanti), l’esclusione dell’aspettativa per i Presidenti dei Consigli di Circoscrizione e per i consiglieri comunali e provinciali, oltre ad altri interventi sulle spese “extra” degli enti locali e sulle comunità montane. Guardacaso nessun intervento su Regioni e Parlamento, forse in virtù della loro autonomia costituzionale, forse per evitarsi troppe grane. Le Circoscrizioni evidentemente davano particolare fastidio. Vuoi perchè effettivamente vi erano situazioni di evidente spreco, soprattutto nelle regioni meridionali dove in alcune città anche i semplici consiglieri percepivano indennità vicine ad uno stipendio medio, vuoi perchè rappresentano l’ultima ruota del carro, quella più facile da smontare. Infatti con la finanziaria 2010 e la manovra correttiva approvata a luglio l’ulteriore taglio: via le circoscrizioni nei comuni sino a 250.000 euro, via il gettone di presenza per i consiglieri ancora in carica e annuncio di taglio del 7% delle indennità di tutti gli amministratori locali. Indennità che già furono tagliate dal governo Prodi del 10%, e che soprattutto nei comuni più piccoli rappresentano un compenso assolutamente inadeguato per il lavoro e le responsabilità in capo a Sindaci e assessori.* Tutte norme anticipatrici della riforma degli enti locali (a firma Calderoli, sic!) che prevede anche una riduzione del numero dei consiglieri comunali. Anche qui nessun intervento sul Parlamento e sulle Regioni, anche se va dato atto al Parlamento di aver provveduto, sull’onda dei provvedimenti anticrisi, ad una diminuzione di 1000 euro delle indennità di deputati e senatori, ed un taglio ai benefit degli ex parlamentari.

    GLI EFFETTI – Ma quali sono stati gli effetti reali sulla vita degli enti locali? Quali i benefici per le casse comunali, e quali gli effetti sulla partecipazione alla cosa pubblica? Prendiamo un comune medio, che a seguito della riforma del 2008 ha già dimezzato i consigli di circoscrizione, come il Comune di Ferrara, che è anche capoluogo di Provincia. I primi effetti della sforbiciata derivano dalla finanziaria 2008 (Governo Prodi): fra limiti alle spese di rappresentanza e limitazioni al rimborso dei contribuiti di Presidenti di Circoscrizione e consiglieri lo Stato ha tagliato (in anticipo) il trasferimento ordinario di 723.015,35 euro. Fatto sta che a fine 2008 il Comune ha certificato una minore spesa per effetto di quei provvedimenti di soli 75.433,00, al fine di ottenere il rimborso del sovrataglio. Fra i provvedimenti però, potrebbe sottolineare qualcuno, vi era anche la limitazione del numero delle circoscrizioni (una ogni 30.000) che è andata a regime solo dopo le elezioni amministrative del 2009. Beh, una volta fatti i conti, il dimezzamento delle circoscrizioni del capoluogo estense (da 8 a 4) ha comportato un risparmio nella seconda metà del 2009 di circa 50.000 euro. Possiamo quindi quantificare in circa 175.000 euro, un quarto di quanto tagliato in anticipo dal governo, l’effettivo risparmio annuo a regime per il comune, che peraltro si è visto “restituire” come rimborso per il taglio sovrastimato solo 235.000 euro, e solo per l’anno 2008. Insomma, in 3 anni, il primo provvedimento antisprechi, è costato al Comune di Ferrara e ai suoi cittadini più di 1.500.000 euro in mancati trasferimenti. Si comprende quindi perchè nelle Ragionerie generali dei Comuni italiani già tremano a pensare al taglio sui trasferimenti a seguito della manovra correttiva tremontiana. In soldoni, sotto la maschera del taglio agli sprechi della politica, ampiamente condivisa dall’opinione pubblica, si è provveduto ad un taglio indiscriminato alle risorse ordinarie degli Enti Locali. Si sono disarmati così gli amministratori locali che – essendo pur sempre politici – difficilmente si sarebbero opposti alla ventata “anticasta”, con l’unico effetto reale per i cittadini è stato però il taglio ai servizi comunali. Ma non solo: se il Comune ha comunque mantenuto gran parte dei servizi decentrati, l’accorpamento delle Circoscrizioni ha generato disagi ai cittadini, che soprattutto nel forese hanno perso il primo riferimento dell’amministrazione comunale a cui rivolgersi. E fare l’amministratore è sempre più difficile. Fare il Presidente o il consigliere di Circoscrizione, mestiere ormai in via d’estinzione, se fatto con dedizione è un lavoro complicato, che occupa molto tempo, a stretto contatto con i bisogni dei cittadini e spesso con mezzi limitati per intervenire su territori sempre più vasti e complicati.

    Per questo una serie di città di tutti gli orientamenti, da Verona a Modena, passando per Ferrara, hanno deciso di avviare una campagna di raccolta firme a sostegno della salvaguardia dell’esperienza ultratrentennale del decentramento amministrativo, perchè luogo di rappresentanza più vicino ai bisogni dei cittadini, risorsa della politica e non costo.

    I TAGLI SOSTENIBILI – D’altra parte lo stesso comune di Ferrara che abbiamo preso ad esempio ha intrapreso strade autonome di contenimento delle spese della politica come la nomina di amministratori unici nelle società controllate – iniziata già nella scorsa legislatura – ed il taglio degli assessori: la sola scelta del nuovo Sindaco di diminuire i componenti della Giunta da 12 a 8 ha fatto risparmiare circa 180.000 euro, e solo nella seconda parte del 2009. E’ stato quindi sufficiente tagliare 4 assessori per risparmiare di più di quanto si risparmierà con l’abolizione totale di uno strumento di partecipazione come le Circoscrizioni.

    L’ATTACCO ALLA RAPPRESENTANZA – E qui è il punto. Anche nella bozza di riforma degli Enti Locali, pomposamente chiamata da Calderoli “Carta delle autonomie Locali” in discussione in Parlamento, vi sono norme volte a comprimere la rappresentanza, con la diminuzione del numero dei consiglieri comunali e provinciali. Diminuzione che interviene su un quadro normativo, quello che ha portato all’elezione diretta del sindaco, che voleva da un lato rafforzare il potere esecutivo, con l’elezione diretta con sistema maggioritario a doppio turno del Sindaco, ma dall’altro garantire a tutta la comunità locale la rappresentanza all’interno dei consigli, con un sistema proporzionale con premio di maggioranza e sbarramento al 3%. La diminuzione del numero dei consiglieri, alza inevitabilmente questo sbarramento, con l’effetto potenziale di lasciar fuori dalle istituzioni locali le forze politiche piccole (in particolare d’opposizione) facendo quindi indirettamente un favore ai grandi partiti che si troveranno più facilmente ad avere la maggioranza assoluta nei consigli. Stiamo parlando di liste civiche, o anche piccoli partiti, che quando sono capaci di svincolarsi da vizi e vizietti della politica, rappresentano spesso la parte più dinaminca della comunità locale. Tutto ciò senza in alcun modo intervenire invece sulle funzioni del Consiglio comunale, che la riforma dei primi anni 90 ha svuotato di poteri e che, una volta escluse le forze non omologate saranno sempre più spesso ridotti a notai delle decisioni dell’esecutivo.

    *vale la pena ricordare che l’indennità corrisposta agli amministratori locali è erogata per 12 mensilità, non dà diritto ad alcuna liquidazione (a parte che per Sindaco e Presidente della Provincia). Nell’ipotesi, poi tramontata, di eliminazione dell’aspettativa per gli assessori anche i contributi finivano a carico dell’amministratore. Il risultato di tale accanimento sulla figura dell’amministratore locale è quello di limitare gli aspiranti amministratori a 4 fasce di cittadini: i disoccupati, gli studenti in cerca di occupazione, i pensionati, i ricchi di famiglia. Alla faccia del diritto all’elettorato passivo.