• Aria, micropolveri già in agguato

    Aria, micropolveri già in agguato
    La Nuova Ferrara del 24/02/2016 ed. Nazionale p. 13
    Aria, micropolveri già in agguato Commissione sull’inquinamento atmosferico: non solo auto Petrolchimico: i “botti” fanno paura ma non sono pericolosi

    Un’infilata di botti avvertita distintamente, tanta apprensione ma nessuna emissione inquinante significativa («quantità relativamente bassa» si è detto) in atmosfera. Fuliggine che poi si riversa a terra. La diagnosi arriva dai tecnici di Arpae dopo i guasti all’impianto F10 di Versalis al petrolchimico nelle giornate dell’8, 15 gennaio e dell’1 febbraio. Del tema si è parlato ieri pomeriggio in municipio nel corso di una seduta di commissione consiliare, richiesta dal Movimento Cinque Stelle. Come informa Arpa, rappresentata dal direttore Luigi Trentini, «il problema è stato risolto dal gestore e l’impianto è pronto a riprendere l’attività, comunque in regime di marcia controllata e a potenzialità ridotta». I consiglieri pentastellati Ilaria Morghen e Sergio Mariano Simeone sono andati in pressing sull’efficacia e l’imparzialità dei controlli sulla qualità dell’aria. «Quando le torce si accendono – ha risposto Trentini – non siamo in grado di andare a trenta metri d’altezza, tuttavia sappiamo esattamente cosa e quanto si brucia, mentre attraverso le centraline di monitoraggio della rete analizziamo le ricadute a terra». Un fatto su tutti: quando in estate nel Mezzano bruciava la torba si sono notate una serie di anomalie circa la qualità dell’atmosfera, ma l’evidenza non si è ripetuta dopo i guasti verificatisi alla centrale di Versalis delle scorse settimane. Durante la seduta, svolta alla presenza dell’assessore all’ambiente Caterina Ferri che è intervenuta circa i rimedi praticati e allo studio, è stato affrontato il tema polveri sottili. Tanti sforamenti in questo inverno: per ciò che riguarda le Pm10, da inizio anno a metà febbraio già 16 registrati in corso Isonzo e 13 a Villa Fulvia (nell’intero 2015 furono rispettivamente 55 e 52), ancora peggiore è la tendenza per le più minute Pm2,5. «Situazione critica ma non drammatica – ha puntualizzato Enrica Canossa (Arpa) – e dovuta a variabili di tipo climatico». Resta il problema delle cause, su cui ha interrogato Leonardo Fiorentini (Sel): Arpa rileva i trasporti come fonte principale, davanti a combustibili civili e attività industriali, «ma ricordiamo – ha aggiunto Canossa – che il 60-65% delle polveri sottili è di derivazione secondaria e quindi servirebbe agire sugli inquinanti precursori». Fabio Terminali

  • Sotto il tappeto/2

  • Se la macchia fosse solo caffè…

  • Ancora un balletto di cifre: non si sa quanti e quali inquinanti

    ANALISI. Da 400 a 600 tonnellate di idrocarburi: il sottosegretario Menia parla alla Camera di quantità variabili, mentre non si conosce con esattezza la composizione della macchia. Un’unica certezza: si è trattato di un’azione di sabotaggio.

    «E’ una vera catastrofe e non solo ambientale quella che si sta prospettando per il Po». Le cifre dello sversamento si rincorrono ancora nella serata di ieri, ma il giudizio di Attilio Rinaldi, responsabile del progetto oceanografico Daphne che monitora la situazione dell’Adriatico, è netto. «Che ancora le cifre ballino sembra strano», dice Rinaldi ancora prima che il sottosegretario Roberto Menia parli nel pomeriggio alla Camera di una enorme quantità di idrocarburi rilasciati per un atto doloso (su questo il governo non ha oggi dubbi): da 400 a 600 tonnellate.

    «Su quello che succederà in mare ancora non abbiamo nessuna certezza: lunedì saremo alle bocche del Po per vedere quello che arriva. Ho comunque la sensazione che il fiume si sacrificherà per l’Adriatico. Una buona parte del materiale rimarrà nelle acque dolci, sulle sponde, nelle sabbie di fondo, nei canneti, i quell’intrico di canali che è la foce. È senz’altro l’evento più devastante per il Po a partire dalla Seconda guerra mondiale”. A preoccupare Rinaldi è anche il particolare momento in cui è avvenuto l’incidente del Lambro. «Stiamo andando verso la primavera, il periodo in cui è maggiore l’attività riproduttiva. Inquinamenti di questo genere impattano enormemente sugli stadi giovanili degli organismi, sulle uova, sulle larve di pesci, molluschi e crostacei. Gli adulti – spiega l’esperto- hanno la capacità di spostarsi, gli stadi giovanili di molti organismi non hanno le stesse capacità di difesa».

    Certo, è paradossale che dopo giorni dall’incidente ancora non si conoscano le dimensioni della macchia e neanche i componenti specifici. «Ci hanno detto che dentro ci sono greggio, gasolio, idrocarburi. Ma certamente c’è differenza: il gasolio tende a diluirsi nell’acqua e viene quindi assorbito dagli organismi filtratori. L’impatto del greggio è visivamente maggiore ma a livello di ecosistemi e di funzionalità del fiume è meno dannoso».

    Perché il Po non è solo il più grande ecosistema acquatico italiano, ma anche un fornitore di servizi. «Ferrara beve acqua del fiume. E ora non si irrigano i campi, ma se fossimo più avanti nella stagione questo avrebbe significato anche una catastrofe per l’agricoltura della Pianura Padana». «Sull’approvvigionamento dell’acquedotto di Ferrara per ora non ci sono particolari problemi» spiega Paolo Pastorello, direttore cittadino dell’Hera, la multiutility che si occupa di gran parte del servizio idrico in Emilia Romagna.

    «Domani mattina (oggi per chi legge, ndr) abbiamo una riunione in prefettura per capire le dimensioni del fenomeno. Se sarà necessario (e per ora non pare) chiuderemo l’approvvigionamento: abbiamo comunque la riserva per due o tre giorni, per aspettare che passi la marea nera». Ma Leonardo Fiorentini, candidato alle regionali per i Verdi, ricorda che la società ha chiuso il laboratorio di analisi di Pontelagoscuro, per spostarlo a Sasso Marconi: «Così ci vuole più tempo per farle, le analisi. Il consiglio comunale ha chiesto che il laboratorio rimanesse dov’era. Sarebbe stato meglio».

    Simonetta Lombardo per Terra del 26 febbraio 2010.

  • I misteri dell’inquinamento nel Quadrante Est

    Sul sito dei Verdi di Ferrara trovate il testo completo dell’interpellanza di Barbara Diolaiti in Consiglio comunale, mentre qui sotto l’articolo di Estense.com:

    Diolaiti (Verdi) chiede al Comune di spiegare i troppi punti ‘oscuri’
    I misteri dell’inquinamento nel Quadrante Est

    di Marco Zavagli

    “Ci sono due misteri che ruotano attorno all’inquinamento nel Quadrante Est”. Proprio nel giorno in cui la commissione comunale ha dato il via libera per il “dirottamento” verso la bonifica dell’area degli 8 milioni previsti per il palasport, un altro grattacapo arriva dritto al cuore del municipio.

    A sollevarlo è Barbara Diolaiti, che ieri mattina ha depositato una interpellanza che verrà discussa nel corso del prossimo consiglio. Una interpellanza che ripercorre i passaggi storici del capitolo Quadrante Est. Quelli noti e quelli meno noti. “Quell’area – spiega – nasconde due grandi misteri: chi ha inquinato e come bonificarla. Purtroppo questi enigmi sono collegati tra loro, perché chi è responsabile del primo deve provvedere al secondo”.

    In questa area sorgevano due discariche, riempite di rifiuti negli anni ’60 e ’70. La loro esistenza è diventata di pubblico dominio nel 2002 e 2003. Quanto bastava per spingere la stessa capogruppo dei Verdi in Comune a chiedere, nel settembre 2005, all’allora assessore Alessandro Bratti se fossero state assunte iniziative per individuare i responsabili di quell’inquinamento. In base al decreto Ronchi, in vigore dal ’99, il proprietario dell’are inquinata deve assumersi infatti gli oneri della relativa bonifica. Nella sua risposta Bratti scrisse che “eventuali responsabilità saranno definibili con l’esame dei documenti dell’epoca e attraverso testimonianze dei residenti”.

    Tra cose fatte e cose non fatte si arriva ad oggi, con il Comune che ha predisposto delle indagini per approfondire lo stato di rischio sanitario dell’area e predisporre gli interventi di bonifica delle falde inquinate.

    “Eppure l’esistenza di almeno una delle discariche era nota da tempo – afferma Diolaiti -. Esattamente dal gennaio 1986”. A quella data risale infatti la Relazione geognostica e geotecnica preliminare per il recupero dell’ex fornace Sef attraverso un Piano particolareggiato di iniziativa pubblica. In quel documento si legge che risulta un “riempimento successivo con rifiuti solidi urbani immessi in falda”.

    La relazione venne aggiornata nel marzo ’95, con una nota integrativa in base alla quale “le caratteristiche di compressibilità e le possibili esalazioni di gas ne sconsigliano l’uso per qualsiasi intervento edificatorio”. Tra i progettisti di quella commissione mista pubblico/privata figuravano Claudio Fedozzi, attuale dirigente del settore Attività produttive del Comune, Roberto Mascellani (che figura nel ’95 come presidente del cda di Cogef, che acquistò l’area nel 1995), Delia Pozzati, Maurizio Pavani e Ferdinando Visser. L’assessore competente era Romeo Savini.

    Ciononostante il Prg del ’95 ha previsto una consistente espansione urbanistica a est e classificato la zona di via Caretti come edificabile”, rileva la presidente dei Verdi che si chiede a questo punto “se all’epoca i consiglieri siano stati informati di questo”.

    E, dal momento che prima di costruire occorre bonificare, Diolaiti si chiede chi fosse proprietario dei terreni dove sorgevano le due discariche nel ’99, quando cioè la proprietà rientrava sotto l’effetto del decreto Ronchi: il proprietario avrebbe dovuto quindi provvedervi. “Una delle due aree – afferma Diolaiti – era di proprietà della Cogef già nel ’95. Dell’altra, dove c’erano Edilprogram e ParCo, non si sa nulla”.

    Qui le “sorti” delle due discariche si dividono.
    DISCARICA DI VIA DELLA SIEPE

    In relazione alla discarica di via della Siepe,il 21 settembre 2001 la bonifica prevista dal Piano di caratterizzazione proposta dalla Cogef viene approvata dalla giunta. “Ma quella bonifica – specifica Diolaiti – sarebbe relativa solo agli idrocarburi, non a tutto il resto”. Ma la società sostiene che le spese della bonifica siano da imputare ad Amiu prima e ad Agea poi che, in quanto precedenti soggetti utilizzatori della discarica. Si arriva così al 21 giugno 2002, quando il Comune – prosegue la consigliera – chiarisce due aspetti importanti: l’area interessata non è mai stata di proprietà dell’amministrazione o ad essa concessa in uso (questo vale anche per Agea-Amiu, ndr) e, al contrario, risulta che l’area venne acquistata dalla Cogef sin dal ’95”. L’atto d’acquisto richiama infatti il piano particolareggiato dello stesso anno: “Cogef non poteva non sapere – continua Diolaiti – dell’inquinamento dell’ex cava e dei rifiuti”. “D’altronde – aggiunge – il presidente del cda della società – Roberto Mascellani, ndr – all’atto dell’acquisto, compare tra i progettisti del piano stesso”. Dettagli da cui la rappresentante dei Verdi trae un’unica conclusione: “il Comune stesso dice che la bonifica spetta a Cogef”.

    In sintesi: nel 1986 si sa che l’area dell’ex Fornace Sef è inquinata. Nel ’95 la commissione che predispone il piano particolareggiato ne sconsiglia l’uso a scopi edilizi. Nello stesso anno la Cogef acquista il terreno e sempre nel ’95 il Prg prevede l’espansione urbanistica e est.
    DISCARICA DI VIA CARETTI

    Quanto alla discarica di via Caretti bisogna risalire invece al 2001/2002, quando il Comune convenziona con le società Edilprogram e ParCo il primo stralcio del Piano particolareggiato “Edilprogram” e rilascia le concessioni per le opere di urbanizzazione e 5 concessioni edilizie per edifici residenziali. Nell’aprile 2003 le due società si accorgono che nella zona esisteva una discarica e chiedono al Comune di attivarsi sempre in base al decreto Ronchi per la relativa bonifica. Nel maggio presentano un piano di caratterizzazione dell’area.

    Si arriva quindi al 17 settembre 2005, quando su proposta delle due società, il consiglio comunale approva la delibera che consente di trasferire la “capacità edificatoria” da via Caretti a via Canapa. In quella delibera è prevista inoltre la cessione gratuita al Comune dell’area inquinata di via Caretti. “In quell’occasione – ricorda Diolaiti – l’assessore Atti disse che lo scambio andava fatto perché quella discarica è stata sicuramente gestita per un periodo dall’azienda municipalizzata dei rifiuti”.

    In sintesi: Si firma una convenzione tra Comune da una parte e Edilprogram e ParCo dall’altra per concessioni edilizie in via Caretti. Prima di edificare però si scopre che in quella zona c’era una discarica ed è necessario bonificare. Il consiglio vota una delibera che prevede il trasferimento delle concessioni edilizie in via Canapa per le due società. In cambio, il Comune ottiene gratuitamente la proprietà dell’area inquinata (che prima di essere utilizzata per eventuali insediamenti va bonificata).

    A questo punto a Barbara Diolaiti (e non solo a lei) sorge spontanea una domanda: “che fine hanno fatto i due piani di caratterizzazione indispensabili prima di procedere alla bonifica?”. “Vorrei sapere anche – aggiunge – perché non è stato fatto tutto il possibile per individuare i diretti responsabili dell’inquinamento e se sono state rese pubbliche dall’amministrazione comunale tutte le informazioni in proprio possesso e quando prevede di presentare un nuovo piano di caratterizzazione dell’area, senza il quale non è possibile passare alla bonifica”.

    “Sappiamo – prosegue – che sono in corso delle inchieste della procura, ma crediamo che ci sia un livello istituzionale in base al quale l’amministrazione deve dare delle risposte”.

    Risposte che, si spera, potranno arrivare durante il prossimo consiglio comunale.

  • a proposito di spot

    Marcello ce l’ha con gli spot “fumosi” della regione Lombardia. Ed ha ragione. E’ facile fare spot, un po’ meno risolvere i problemi legati allo smog…
    Così come è facile fare uno spot contro la droga. L’ultimo poi è rivoluzionario: la droga fa male, buca il cervello. In attesa di conoscere i costi di tanta genialità, guardatevi lo spot qui sotto e leggetevi il commento di Luca Borello sul suo blog.

  • l’auto che meno inquina

    Le auto inquinano. Ma se proprio ne avete bisogno acquistatene una che inquini il meno possibile.

    Non sapete come trovarla? Ecco Greenpeace che ci viene in aiuto con una sua classifica delle auto meno inquinanti, ed una denuncia nei confronti dei costruttori “che dimostra come i costi finanziari e sociali di adeguamento alla normativa europea siano stati ancora una volta sovrastimati dalle case automobilistiche.”

    Foto via moto perpetuo (trovata su Dark Roasted Blend

  • Quelli che… portano ancora i figli a scuola con le bici

    thinkDue segnalazioni per un confronto: una dal blog del Passatore, tramite Alessandro Ronchi, che riguarda un’auto norvegese, di nome Think. “Le caratteristiche princiali sono già note: 2 posti, 180 Km di autonomia, 100 Km orari come velocità massima e una presa elettrica per fare il pieno, insomma, la perfetta city car ecologica. Altre notizie sono invece più confuse: si parla di un prezzo attorno ai 15.000$ (al cambio del momento circa 10.161€), di una produzione dal 2009 di 20.000 esemplari l’anno, di ordinazioni solo su internet e di connessione internet Wi-Fi integrata. Altra indiscrezione che circola in rete l’interessamento al progetto di Sergej Brin e Larry Page, i Google boys“.

    tataL’altra segnalazione proviene invece dal blog di Modus Vivendi, che citando l’Independent ci da conto delle preoccupazioni ambientaliste per l’entrata sul mercato della più economica delle utilitarie, la Tata Nano: “Un fantasma si aggira per il mondo intero. Ha quattro ruote e inquina, come tutte le automobili. Ma minaccia di rivoluzionare il mercato delle automobili perché costa la metà della più economica delle auto in circolazione. Un dato che rischia di avere un impatto formidabile sul traffico già congestionato delle capitali dei paesi in via di sviluppo.

    indiaE le preoccupazioni non sono solo ambientali, ma anche sociali, viste le proteste agli ingressi della fabbrica indiana di Singur, a 30 chilometri di Kolkata: “La costruiamo col nostro sangue, senza nessuna garanzia di sicurezza e con salari da fame – spiegano gli operai – la macchina costa poco non perché i progettisti sono dei geni ma perché non pagano gli operai“. Operai che hanno semi bloccato gli ingressi della fabbrica di Singur, a 30 chilometri di Kolkata e che hanno pure incendiato sagome di carta della Nano.

    Il confronto temo non sarà mai fatto. E poi, più che una “prova su strada“, servirebbe una “prova sul mondo“.

    bicibus a rePer il momento curioso nei commenti al post di autoblog.it e scopro questo, pregevole: “poveri voi.. ma forse non avete capito che questa tata e’ indirizzata in india, dove il 99% del popolo cammina con le bici ed una famiglia agiata guadagna 100 dollari al mese… e questo progetto nasce per dare una vettura a quelle famiglie.. perche’ portano ancora i figli a scuola con le bici….si avete capito bene…con le bici….a 3 persone sopra….forse voi non immaginate la poverta’ che c’e’ li…“.

    Viva i bicibus! …e i pedibus! e grazie a tutti i ferraresi che portano ancora i loro figli a scuola con la bici.

  • Via da Hera

    via da heraSe entri in un’azienda, le conferisci i gioielli di famiglia e questa finisce per farti causa perchè poni limiti alle emissioni di un inceneritore a maggior tutela della popolazione, perchè non uscirne? E’ quello che propongono i Verdi di Ferrara, che manco volevano entrarci in Hera, all’amministrazione comunale ed alla città.