• Ancora un balletto di cifre: non si sa quanti e quali inquinanti

    ANALISI. Da 400 a 600 tonnellate di idrocarburi: il sottosegretario Menia parla alla Camera di quantità variabili, mentre non si conosce con esattezza la composizione della macchia. Un’unica certezza: si è trattato di un’azione di sabotaggio.

    «E’ una vera catastrofe e non solo ambientale quella che si sta prospettando per il Po». Le cifre dello sversamento si rincorrono ancora nella serata di ieri, ma il giudizio di Attilio Rinaldi, responsabile del progetto oceanografico Daphne che monitora la situazione dell’Adriatico, è netto. «Che ancora le cifre ballino sembra strano», dice Rinaldi ancora prima che il sottosegretario Roberto Menia parli nel pomeriggio alla Camera di una enorme quantità di idrocarburi rilasciati per un atto doloso (su questo il governo non ha oggi dubbi): da 400 a 600 tonnellate.

    «Su quello che succederà in mare ancora non abbiamo nessuna certezza: lunedì saremo alle bocche del Po per vedere quello che arriva. Ho comunque la sensazione che il fiume si sacrificherà per l’Adriatico. Una buona parte del materiale rimarrà nelle acque dolci, sulle sponde, nelle sabbie di fondo, nei canneti, i quell’intrico di canali che è la foce. È senz’altro l’evento più devastante per il Po a partire dalla Seconda guerra mondiale”. A preoccupare Rinaldi è anche il particolare momento in cui è avvenuto l’incidente del Lambro. «Stiamo andando verso la primavera, il periodo in cui è maggiore l’attività riproduttiva. Inquinamenti di questo genere impattano enormemente sugli stadi giovanili degli organismi, sulle uova, sulle larve di pesci, molluschi e crostacei. Gli adulti – spiega l’esperto- hanno la capacità di spostarsi, gli stadi giovanili di molti organismi non hanno le stesse capacità di difesa».

    Certo, è paradossale che dopo giorni dall’incidente ancora non si conoscano le dimensioni della macchia e neanche i componenti specifici. «Ci hanno detto che dentro ci sono greggio, gasolio, idrocarburi. Ma certamente c’è differenza: il gasolio tende a diluirsi nell’acqua e viene quindi assorbito dagli organismi filtratori. L’impatto del greggio è visivamente maggiore ma a livello di ecosistemi e di funzionalità del fiume è meno dannoso».

    Perché il Po non è solo il più grande ecosistema acquatico italiano, ma anche un fornitore di servizi. «Ferrara beve acqua del fiume. E ora non si irrigano i campi, ma se fossimo più avanti nella stagione questo avrebbe significato anche una catastrofe per l’agricoltura della Pianura Padana». «Sull’approvvigionamento dell’acquedotto di Ferrara per ora non ci sono particolari problemi» spiega Paolo Pastorello, direttore cittadino dell’Hera, la multiutility che si occupa di gran parte del servizio idrico in Emilia Romagna.

    «Domani mattina (oggi per chi legge, ndr) abbiamo una riunione in prefettura per capire le dimensioni del fenomeno. Se sarà necessario (e per ora non pare) chiuderemo l’approvvigionamento: abbiamo comunque la riserva per due o tre giorni, per aspettare che passi la marea nera». Ma Leonardo Fiorentini, candidato alle regionali per i Verdi, ricorda che la società ha chiuso il laboratorio di analisi di Pontelagoscuro, per spostarlo a Sasso Marconi: «Così ci vuole più tempo per farle, le analisi. Il consiglio comunale ha chiesto che il laboratorio rimanesse dov’era. Sarebbe stato meglio».

    Simonetta Lombardo per Terra del 26 febbraio 2010.