We Don’t Know Yet
Fantastica intervista a Frattini della BBC. (da Manteblog)
http://www.youtube.com/watch?v=J1a0DJvkG_o
I momenti topici selezionati da tuttofamedia:
Momenti preferiti:
minuto 00:31: Ehhhhh We don’t know yet n.1
minuto 00:46: Ehhhhh We don’t know yet n.2
(voglio un remix creativo di questa roba, si portano ancora i remix? O ora si chiamano mash-up? Whatever: fateli!)
minuto 1:36: I thinkkkk (occhietti a fessuretta, pausa, vuoti da colmare, il giornalista lo incalza), AI TINK IESS
minuto 2:23: Well n.1
minuto 3:03: Well n.2 (stavolta la pronuncia cambia, Frattini non si sente a suo agio, e il suono emesso è più o meno un: UOL)
minuto 3:46: Well n.3 (Frattini si calma)
minuto 3:53: MY PRIME MINISTER (my?)
minuto 4:10: Maybe (il gelo)
minuto 4:15: Well n.4 (Frattini si agita di nuovo tantissimo, infatti torna: UOL)

«La verità è che si lotta per il petrolio»
La Nuova Ferrara del 21/03/2011 ed. Nazionale p. 7
«La verità è che si lotta per il petrolio»
Sulla guerra in Libia i ferraresi hanno le idee molto chiare – LA CRISI I pareri dei cittadini dopo le prime bombe
Il sole e la bella stagione che ieri mattina hanno accolto i ferraresi sono stati guastati dalle tragiche notizie in arrivo dall’altra sponda del Mediterraneo. Venti di guerra soffiano sempre più forte dal deserto libico e quella che sembrava la “primavera” di un popolo oppresso da 40 anni di feroce dittatura si sta trasformando, giorno dopo giorno, in una cruenta e terribile guerra civile. Ora arrivano anche le “bombe umanitarie” su mandato dell’Onu che, almeno nelle intenzioni della comunità internazionale, dovrebbero fermare la tremenda rappresaglia di Gheddafi sulle popolazioni della Cirenaica.
Un intervento annunciato da settimante che arriva tardi e lascia numerosi dubbi anche tra i ferraresi.
«La guerra non è mai una soluzione e poi sento puzza di petrolio: i discorsi di Sarkozy e soci non mi convincono», spiega Antonio Maccanti. Gli fa eco Alessandra Schiavi: «Sono una pacifista convinta, anche se non ho alcuna simpatia per Gheddafi penso che la via diplomatica sarebbe stata una scelta migliore». Sono solo alcune delle voci raccolte dalla Nuova nella piazza cittadina: unanime è la condanna degli intervistati verso il sanguinario regime libico ma nessuno si fa illusioni sull’intervento militare occidentale. Non mancano le preoccupazioni per la posizione del nostro Paese: il governo ha offerto appoggio logistico e militare alla coalizione ma non ha ancora liquidato il trattato di amicizia siglato con il raìs di Tripoli nel 2008. «La nostra posizione internazionale è troppo ambigua: Berlusconi doveva rompere subito i rapporti con Gheddafi», denuncia la giovane studentessa Melodie Fornasier. Opinione condivisa anche da Andrea Pavanello che ricorda i complessi e controversi rapporti economici tra Italia e Libia, mentre la sua amica Irene Zappaterra accusa: «Ora i media tessono le lodi dell’intervento umanitario in Libia, perchè non hanno richiesto con la stessa attenzione un’azione umanitaria in Giappone?». «Prima baciano l’anello di Gheddafi, poi lo bombardano, la verità è che vogliono solo il petrolio: chi prima arriva meglio alloggia», commenta disillusa Alice Balboni. E la politica ferrarese che dice? Alessandro Bratti, deputato del Pd che si era astenuto sul famigerato trattato italo – libico, non nasconde le forti perplessità verso la soluzione militare: «La situazione è drammatica, penso che si sarebbe potuta evitare isolando economicamente e diplomaticamente Gheddafi anziché sdoganarlo con trattati di amicizia». Un opinione condivisa anche dall’ecologista Leonardo Fiorentini, che non ha mai fatto mistero del suo pacifismo: «L’Italia doveva muoversi prima per aiutare concretamente i civili ma il governo è rimasto a guardare».
Intanto a tutti gli effetti la base aeronautica di Poggio Renatico è già coinvolta nelle operazioni: iL Cofa/Caoc5, infatti, – confermava anche ieri il generale Fabio Mini, ex capo di stato maggiore Nato per il Sud Europa, ha «il controllo delle linee aere avanzate», in pratica del traffico degli aerei militari.
Scarica l’articolo in formato pdf: nuova_fe_2132011
Contra legem (fisica)
“Il comandante libico ha ordinato di sparare in aria, anche se poi purtroppo i colpi sono arrivati sulla barca italiana”
Così il Ministro Frattini, che la storia della mela di newton la deve aver presa un po’ troppo alla lettera, avrebbe spiegato gli spari della motovedetta italo-libica sul peschereccio italiano.
Come giustamente sottolinea giornalettismo questa giustificazione fa il paio con il poliziotto scivolato, o il sasso che colpisce il proiettile che evidentemente ha fatto scuola.
Insomma, questo governo si dimostra ormai quotidianamente contra legem: che siano quelle della giurisdizione, quelle dell’etica, o quelle della fisica.
Presto, fate presto!
Ricevo da Abuondiritto e pubblico:
Mercoledì 7 luglio, ore 15.15 Sala del Mappamondo Camera dei Deputati
Presto, fate presto!
245 eritrei, la Libia e noiIntroduce Luigi Manconi presidente di A Buon Diritto
Partecipano Giovanni Maria Bellu Fabio Granata Flavia Perina Savino Pezzotta Jean Leonard Touadi Livia Turco
Ingresso Via della Missione, 4
I sig.ri giornalisti sono pregati di accreditarsi presso l’Ufficio stampa della Camera al n. 06.67602620
Chi non capisse di che si tratta è pregato di leggere qui.
Elementi contrastanti
Il Viminale: “Elementi contrastanti”. La Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta per verificare il racconto dei cinque eritrei e il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha chiesto una relazione al prefetto di Agrigento. L’obiettivo, spiega la portavoce Isabella Votino “è sapere come si sono svolti i fatti, perchè la vicenda presenta aspetti da chiarire e la versione fornita dai migranti è da verificare in quanto stanno emergendo elementi che contrastano con quanto riportato dai supersiti”. Secondo quanto si apprende da fonti del Viminale, dai perlustramenti navali e aerei fatti nei giorni scorsi nel canale di Sicilia non sarebbero stati avvistati cadaveri: gli unici sono i quattro recuperati da Malta. Inoltre, altro elemento discordante, i cinque eritrei arrivati a Lampedusa non presenterebbero segni così evidenti di persone che hanno passato in mare 20-25 giorni come hanno invece affermato.
E se anche fossero “solo” 4 i morti in mare tra la Libia e l’Italia cambierebbe qualcosa?
Il gatto e la volpe
Che bel quadretto (dall’Unità).
Breve ripasso qui:
Mu’ammar Gheddafi è capo di Stato della Libia da quaranta anni – dal 1° settembre del 1969, per la precisione – ovvero da quando alla guida di un colpo di stato militare depose il re Idris. Durante i primi anni del suo regime nazionalizzò le imprese, espulse la comunità italiana, vietò la vendita di alcolici, restaurò la Shari’a, che è quella cosa per cui l’omosessualità è condannata e soppressa e le donne adultere possono essere uccise nei modi più fantasiosi, giusto per dirne una. Negli anni seguenti camminò a braccetto con l’Unione Sovietica, diede il suo sostegno al dittatore ugandese Idi Amin Dada (responsabile di oltre 500.000 morti, secondo Amnesty International) e a Bokassa, altro dittatore sanguinario e cannibale, nonché a organizzazioni terroristiche quali l’IRA e Settembre Nero, che sono quelli del massacro di Monaco, sempre per dirne una. Gheddafi e il suo regime furono i responsabili, secondo le Nazioni unite, dell’attentato terroristico più grave e sanguinario mai realizzato prima dell’11 settembre: un aereo passeggeri esplose sopra Lockerbie, in Scozia, uccidendo duecentosettanta persone. Oggi la Libia è tutt’ora una dittatura militare, in cui i partiti politici sono stati aboliti nel 1972, i sindacati non esistono e la successione avviene secondo la linea dinastica. Fine del ripassino.
PS: e se fosse qui solo per trovare l’accordo sul contratto di suo figlio al Milan?
Come un uomo sulla Terra
Non potendoci essere almeno lo segnalo sul blog:
LUNEDI’ 8 GIUGNO ORE 21.00 NELLA SALA DELLA PARROCCHIA DI S. FRANCESCA ROMANA VIA XX SETTEMBRE 47 Rete Lilliput Ferrara propone ai cittadini la visione gratuita di un film documentario eccezionale: “COME UN UOMO SULLA TERRA” reportage sul drammatico viaggio dei migranti dalla Libia verso l’Italia. Storie narrate in prima persona, cicatrici vere, testimonianze che lanciano un grido di aiuto per esseri umani comprati e venduti come animali, rinchiusi nei container, sfruttati, eppure decisi ad andare avanti per raccogliere le briciole dell’Occidente.
A seguire ci saranno alcune testimonianze di migranti provenienti dall’Africa.
Per maggiori informazioni potete vedere il breve servizio del TG 3 sulla presentazione nazionale del 28 maggio a Roma, cliccate qui
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-0d7660af-fe6d-4554-9ecb-7c2722d806f0-tg3.html?p=0
Come i pirati
“È l’ordine più infame che abbia mai eseguito. Non ci ho dormito, al solo pensiero di quei disgraziati. Dopo aver capito di essere stati riportati in Libia ci urlavano: “Fratelli aiutateci”. Ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli di accompagnarli in Libia e l’abbiamo fatto. Non racconterò ai miei figli quello che ho fatto, me ne vergogno”
Così uno dei militari che ha partecipato alla missione di “respingimento” in acque internazionali dei 200 immigrati, commenta su Repubblica il “successo” dell’azione voluta fortmente dal ministro Maroni.
Addirittura l’Osservatore Romano e la Cei da un po’ di tempo a questa parte si stanno accorgendo (salvo smentire o rifugiarsi in un “è un’opinione personale”) che il nostro sinistro governo ha intrapreso una strada che non sappiamo bene dove ci porterà. O meglio vorremmo non saperlo.
Ha ragione Bobo Maroni, l’episodio è una svolta “che afferma un nuovo modello di respingimento in mare”: in fondo le nostre motovedette – intercettando in acque internazionali i barconi – non fanno cose molto diverse dai pirati somali. Chissà, già i prossimi “respinti” non potrebbero prenderla molto bene.
Il solo Fassino, evidentemente impaurito di non essersi ancora accreditato con chi sa chi, è riuscito a dire:
«Il respingimento alle frontiere è un un’azione legittima di contrasto all’immigrazione clandestina prevista da tutti i documenti Ue e dagli accordi internazionali e praticata anche durante il governo di centro sinistra»
Alla faccia del Diritto di Asilo.