• La Birmania, la giunta militare, le sanzioni e le droghe

    Questo blog, come tanti altri da oggi si tinge di rosso. E’ ben poca cosa rispetto a quello che bisognerebbe fare per garantire la libertà, e non solo in Birmania. Che bisognava fare, da tempo. Non mi pare che le sanzioni siano la soluzione, non lo sono mai state (in Iraq come in Afghansitan, nello stesso Sud Africa). Colpiscono la popolazione, mentre di solito il Potere riesce sempre a reperire ciò di cui ha bisogno, armi in primis. Se poi alle sanzioni si accompagnano i finanziamenti dell’ONU per la War on Drugs locale (leggi su Fuoriluogo) certamente non si da un messaggio chiaro. Bisognerebbe mettere la Cina di fronte alle proprie responsabilità (e non solo nei confronti del Myanmar), ma non mi pare questa una strada credibile. La pressione internazionale può fare qualcosa, ma purtroppo la partita decisiva si gioca sul posto che è lontano e sconosciuto. Speriamo nelle defezioni e nei dissidi interni alla giunta (intanto sono numerosi i soldati che stanno disobbedendo) e che l’inviato ONU si piazzi fra soldati e monaci. Ma non è facile… Una domanda: l’abbiamo già chiamato l’ambasciatore birmano in Italia a riferire al nostro governo?

    PS: ho sentito ieri Maria Latella nello speciale di SkyTG24 dire una cosettina su cui varrebbe la pena riflettere (in primis lei stessa). All’incirca era così: in fondo la situazione in Birmania è simile a quella cinese (e su questo non faccio molta fatica ad essere d’accordo), ma l’exploit economico cinese in qualche modo mette in secondo piano questo problema. Spero fosse solo un incespicare sui propri pensieri, anche perchè nessuno ha mai dubitato della rinascita industriale della Germania nazista.