• cnd vienna

    Commissione Onu sulle droghe: chi c’era e cosa s’è deciso

    Con Leonardo Fiorentini, direttore di Fuoriluogo.it, Marco Perduca fa un bilancio della 63esima sessione della Commissione droghe delle Nazioni unite che si è tenuta dal 2 al 6 marzo scorsi a Vienna. Il posticipo del voto sulla cannabis, le cinque risoluzioni tematiche adottate e le attività delle associazioni italiane presenti. E l’Italia?

  • Lettera aperta al governo: cosa dirà sulle droghe all’Onu?

    A Vienna è in programma a marzo un importante vertice Onu sulle droghe: la 62esima sessione della Commission on Narcotic Drugs (Cnd). Articolo per il manifesto del 23 febbraio 2019.

    Nel mese di marzo è previsto a Vienna un importante vertice Onu sulle droghe. Si tratta della 62esima sessione della Commission on Narcotic Drugs (Cnd) che sarà anticipata, il 15 e 16 marzo, da un segmento governativo ad alto livello. Si tratta dell’appuntamento di chiusura di un ciclo politico sulle droghe, iniziato a New York nel 1998 con lo slogan «Un mondo libero dalla droga – possiamo farcela!». A oltre 20 anni da quel proclama, è evidente a tutti che l’obiettivo è fallito.

    La Società della Ragione, Forum Droghe, Associazione Luca Coscioni, Cnca, Lila e Cgil, con l’adesione di Antigone, Arci, A Buon Diritto e LegacoopSociali hanno inviato una lettera aperta al governo chiedendo un’occasione di dialogo in preparazione di Vienna. Come fu fatto in occasione della Sessione Speciale sulle droghe del 2016 (Un-Gass) quando addirittura la società civile, di tutte le visioni, fu inclusa nella delegazione governativa. Marco Perduca dell’Associazione Coscioni ha sottolineato che è necessario un dibattito pubblico e trasparente, magari anche in Parlamento.

    Sono quattro i punti cardine su cui si chiede una discussione. In primis il rapporto tra le politiche sulle droghe e il rispetto dei diritti umani. Dalla criminalizzazione del consumo alla sproporzionalità delle pene, fino alla pena di morte e alle esecuzioni stragiudiziali purtroppo in larga parte del mondo le politiche di contrasto alla droga si sono tradotte in azione in contrasto anche con i diritti umani. Serve poi una maggiore coerenza fra le azioni dell’Unodc (l’agenzia ONU che si occupa delle droghe) e quelle di altre agenzie come Who, Unaids e Undp, o come l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani che spesso si sono espresse per un cambio di rotta politica sulle droghe.

    Gli stessi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals) centrati sulla promozione della pace, della sicurezza, del benessere delle comunità sono messi a rischio dall’approccio della War on Drugs. Infine, c’è il grande tema dell’insufficiente disponibilità di sostanze psicoattive a uso medico (si pensi alla cannabis terapeutica in Italia, ma anche agli antidolorifici di base nei paesi poveri). Non è più tempo di proclami, ma è necessario trovare obiettivi ragionevoli, realistici e misurabili. Per questo i promotori chiedono “che il governo italiano sostenga l’istituzione di una commissione – cui la società civile partecipi – per la revisione e l’adeguamento degli indicatori di valutazione delle politiche globali”.

    Il confronto non potrà eludere temi anche nazionali, come la declinazione della Riduzione del Danno nei Livelli Essenziali di Assistenza, come ha ricordato Denise Amerini per la CGIL. Un confronto che, a dire di Grazia Zuffa (la Società della Ragione), avrebbe anche un valore pedagogico: ad esempio per far comprendere come la “modica quantità”, entrata recentemente nelle mire del Ministro Fontana, in effetti non esiste più da quasi 30 anni.

    Tutte le info su vienna2019.fuoriluogo.it

  • https://www.youtube.com/watch?v=TsqHnZRu1e0

    Verso Vienna 2019: la conferenza stampa

    Ecco la presentazione alla Sala Stampa della Camera la lettera aperta al Governo inviata dalle organizzazioni della Società Civile italiana che si occupano di politiche sulle droghe in vista del prossimo vertice ONU di Vienna.

    La Società della Ragione, Forum Droghe, Associazione Luca Coscioni, CNCA, LILA e CGIL, con l’adesione di Antigone, Arci, A Buon Diritto e LegacoopSociali chiedono “che il Governo avvii un confronto con la società civile in merito al prossimo Segmento ad Alto Livello della 62^ sessione della Commission on Narcotic Drugs (CND), durante il quale ministri e capi di stato dei paesi membri delle Nazioni Unite discuteranno della politica globale della droga.” Le associazioni, richiamando il documento finale di UNGASS 2016 che riconosceva come “le rappresentanze degli organismi della società civile dovrebbero essere messe in grado di svolgere un ruolo partecipativo …a supporto della valutazione delle politiche e dei programmi circa le droghe” chiedono al Governo un’occasione di dialogo pubblico in preparazione di Vienna 2019.

    Intervengono alla Conferenza Stampa Leonardo Fiorentini (Fuoriluogo/Forum Droghe), Grazia Zuffa (la Società della Ragione), Marco Perduca (Associazione Luca Coscioni), Denise Amerini (CGIL), Franco Corleone (Garante dei Detenuti della Toscana).

    Vai allo speciale di Fuoriluogo:
    https://www.fuoriluogo.it/home/speciali/vienna-2019/

  • cnd ungass 2016

    Per una nuova politica sulle droghe in vista di UNGASS 2016

    Il Consiglio comunale di Ferrara riunito in data _____________ungass 2016

    premesso che:

    Dal 19 al 21 aprile 2016 si terrà a New York la sessione speciale dell’assemblea generale delle Nazioni Unite sulle sostanze stupefacenti (UNGASS 2016).

    Tale sessione speciale dell’Assemblea Generale è stata anticipata rispetto alla scadenza naturale del 2019 in seguito all’urgente appello di un gruppo di paesi latino americani, secondo cui “gli indirizzi di politiche globali sulla droga sin qui seguite necessitano di una revisione immediata” e che le Nazioni Unite devono “guidare una revisione approfondita delle politiche che prenda in esame tutte le possibili opzioni e alternative alle attuali politiche”

    Il segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon ha a tal proposito sollecitato che UNGASS 2016 sia l’occasione per un dibattito “onesto e a tutto campo” sulle politiche globali sulle droghe

    Le ONG a livello internazionale hanno chiesto agli stati membri e alla CND di coinvolgere la società civile nel processo verso UNGASS, così come le altre agenzie ONU interessate alla problematica della droga (UNAIDS; WHO; UNDP) e non solo l’agenzia sulle droghe e il crimine (UNODC).

    Le ONG a livello internazionale hanno prodotto importanti documenti circa le questioni da discutere e il processo di elaborazione dei documenti da approvarsi a New York, tra i quali si segnala la presa di posizione del Civil Society Forum on drugs, l’organismo di dialogo fra la società civile e la Commissione Europea.

    Considerato che

    Un gruppo rappresentativo di ONG italiane, riunite nel Cartello di Genova, nel settembre 2015, ha inviato una lettera aperta al governo italiano, chiedendo all’Italia di sostenere un dibattito aperto sulle sperimentazioni e innovazioni che stanno avvenendo in molte parti del mondo ed in particolare:

    – sul rapporto fra politiche delle droghe e rispetto dei diritti umani;

    – sui risultati e le conseguenze negative dell’approccio penale, battendosi per il principio della proporzionalità delle pene e per la decriminalizzazione dell’uso personale di droga nonché per un riequilibrio delle politiche dal pilastro penale a quello sociale;

    – sul ridare priorità alla salute anche incrementando le politiche di riduzione del danno.

    Nella lettera si chiede inoltre all’Italia di presentare in sede internazionale un contributo a partire dall’esperienza italiana della legge antidroga del 2006 (dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale nel 2006): l’inasprimento repressivo della revisione del 2006 è stato una delle cause principali del sovraffollamento carcerario verificatosi in quegli anni.

    Tenuto conto che

    Il processo di preparazione di UNGASS e di negoziazione dei documenti finali che saranno approvati all’Assemblea Generale di New York sta procedendo in maniera insoddisfacente, poiché non rispecchia la richiesta di apertura e coinvolgimento della società civile e delle altre agenzie Onu interessate (in primis la WHO e la UNAIDS) più volte sollecitata.

    In più la bozza di documento finale (la cosiddetta zero draft su cui il Comitato incaricato sta lavorando) non rispecchia nei contenuti

    l’urgenza che ha portato a convocare UNGASS 2016: non affronta una valutazione delle politiche, largamente fallimentari, sin qui seguite, non stabilisce chiare priorità (in specifico, la protezione della salute e dei diritti umani, e neppure fa riferimento a obiettivi stabiliti da altre agenzie ONU e da altre Assemblee Generali, segnatamente riguardo il contrasto all’infezione da HIV.

    Sottolinendo che

    – la war on drugs e le politiche sulle droghe derivanti dall’interpretazione repressiva delle convenzioni internazionali, non solo hanno fallito sinora nel loro intento di diminuire offerta e domanda di sostanze, ma hanno provocato danni collaterali insostenibili;

    – che tali danni collaterali sono particolarmente evidenti nei fenomeni di criminalità e degrado urbano che caratterizzano le nostre città

    – che queste politiche hanno un forte peso nei costi complessivi sia della Giustizia che della Sicurezza e incidono negativamente gravando sulla spesa per la Salute ed il Welfare, locale e nazionale.

    Invita il Governo italiano

    – ad attivarsi affinché la rappresentanza italiana a Vienna si batta per mantenere la massima apertura nella preparazione di UNGASS 2016, iniziando dalla negoziazione intorno allo zero draft, prevedendo che: la bozza di dichiarazione finale rimanga aperta fino alla fine della CND ed sia discussa in incontri aperti, tenendo  in considerazione i contributi della società civile e di altre agenzie ONU, in particolare la UNAIDS; il dibattito e i negoziati proseguano fino al momento dell’Assemblea Generale, dando la possibilità di modificare e integrare, e non solo di adottare, le bozze di documenti preparati dalla CND;

    – a recepire e riportare in sede di negoziati sullo zero draft i documenti redatti dalle organizzazioni internazionali di ONG e in particolare il documento redatto dalla Civil Society Forum on drugs, organismo di dialogo fra la società civile e la Commissione Europea;

    – a impegnarsi in sede di negoziato affinché il documento finale di UNGASS includa i seguenti temi, sollecitati a suo tempo dal Cartello di Genova e dalla rete di ONG internazionali International Drug Policy Consortium (IDPC): definizione della struttura del documento finale secondo cinque “pilastri” (salute, diritti umani, approccio penale, sviluppo, nuove sfide); sviluppo della riduzione del danno, piena disponibilità di sostanze ad uso medico, riconoscimento del principio della proporzionalità delle pene, riforma della giustizia penale decriminalizzando l’uso personale e promuovendo le alternative al carcere; sviluppo socioeconomico dei paesi produttori; istituzione di un gruppo tecnico per rivedere gli obiettivi generali del sistema di controllo internazionale; istituzione di un gruppo di esperti per analizzare le sperimentazioni in corso in singoli stati membri rispetto al dettato delle Convenzioni Internazionali sulle droghe.

    Impegna il Sindaco e la Giunta

    – a sollecitare i parlamentari eletti nella nostra circoscrizione elettorale affinché stimolino il Governo Italiano a seguire le indicazioni contenute nel presente documento;

    – ad inviare questa delibera al Governo ed ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica;

    – ad inviare questa delibera ai Presidenti dei Consigli Comunali della nostra Provincia affinché possa essere messa all’Ordine del Giorno per poter essere discussa e votata.

    I consiglieri comunali
    Leonardo Fiorentini (SEL)
    Ilaria Baraldi (PD)

  • Droghe: Encod lancia proposte di pace al vertice ONU a Vienna??

    encod stop war on drugs[comunicato di Encod] VIENNA – Tra il 9 e il 17 marzo, Encod, la Coalizione europea per politiche giuste ed efficaci sulle droghe parteciperà alla 58ma sessione della Commissione Droghe Narcotiche delle Nazioni Unite. In questo summit dedicato alle politiche globali sulle droghe, Encod presenterà testimonianze di prima mano sull’impatto della proibizione delle droghe sulle vite dei cittadini.

    Lunedì 9 marzo, un evento collaterale presenterà gli studi condotti in Slovenia e in Francia sull’impatto di diritti umani e salute pubblica rispetto alla criminalizzazione dei consumatori di cannabis in questi paesi. L’evento si concentrerà su argomenti cruciali che contribuiranno ad evitare gli effetti dannosi della politica sulle droghe verso un approccio più umano basato sull’evidenza scientifica. Giovedì 12 marzo, il secondo evento collaterale sarà teso a sottolineare lo studio svolto dai pazienti in prima persona sulle virtù terapeutiche della pianta della cannabis e l’importanza di istituire una cornice legale per facilitare l’utilizzo della cannabis per questi scopi.?? Encod ringrazia le Nazioni Unite per l’opportunità di presentare ai delegati al summit ONU l’opportunità unica di ascoltare direttamente le persone che sono seriamente colpite dalla proibizione delle droghe. Noi crediamo che sia cruciale che i governi prendano in considerazione le voci di quei cittadini le cui vite sono state rovinate a causa dei 60 anni di mala gestione della tematica delle droghe.

    Come Encod noi crediamo che la libertà di coltivare, cioè, la possibilità di ogni cittadino di possedere e coltivare ogni pianta che essi scelgano è un elemento cruciale di un sistema in alternativa alla guerra alle droghe, che è stato, come sappiamo oggi, un fallimento totale. Nell’ambito di questo sistema alternativo la priorità dovrebbe essere data alla protezione della gente, non dei profitti. Il concetto di riduzione del danno è in principio incompatibile con la proibizione delle droghe, poiché è la proibizione in sé che crea la maggior parte dei danni collegati alle droghe. ??Janko Bellin, uno dei delegati Encod alla conferenza dell’ONU sulle droghe spiega: “Dall’introduzione del concetto di riduzione del danno alla fine degli ani Ottanta, possiamo vedere come il paradigma è cambiato dalla repressione diretta verso un approccio orientato al trattamento medico. Ma noi vogliamo vivere in un mondo dove le piante tradizionali e gli estratti possano essere utilizzati da tutti gli adulti senza la paura di esser considerati o trattati come criminali.” ??Encod saluta tutti i delegati e i giornalisti che parteciperanno a questi eventi collaterali ai quali interverranno i membri di Encod Maja Kohek,Andrej Kurnik e Janko Belin dalla Slovenia, dall’Italia Enrico Fletzer ed Alberto Sciolari, dall’Austria Toni Straka e dai Paesi Bassi Derrick Bergman.

    Lunedì 9 marzo , 13.10-14.00, Sala MOE100:
    Report sulla criminalizzazione dei consumatori di cannabis in Europa
    (in collaborazione con ONE! – Associazione della Iniziativa Prekmurje Slovenia e Cannabis Sans Frontières France)

    Giovedì 12 marzo, 13.10-14.00, Sala MOE79:
    Prospettive mediche sulla cannabis: una analisi dei pazienti
    (in partnership con Pazienti Impazienti Cannabis Italia e Hanf-Institut Austria) ??per ulteriori informazioni contattare Janko Belin telefono +386 70 133 804 belinjanko@gmail.com

    Toni Straka (Encod, Hanf-Institut) +43 676 69 66664 toni.straka@hanfinstitut.at

    Joep Oomen (Encod) telefono +32 495 122 644 info@encod.org

  • Proibizionismo e nucleare

    In conferenza stampa con Giovanardi il direttore generale dell’UNODC Fedotov difende l’impostazione proibizionista dell’ONU sulle droghe dal recente rapporto della Global Commission on Drugs che ha chiesto il superamento della War on Drugs:

    “non si può dire se la campagna dell’Onu sia stata fallimentare, anche se certamente non è stata ancora trovata una soluzione definitiva*“.

    Insomma, un po’ come con le scorie nucleari…

    * la convenzione ONU sulle droghe è del 1961, compie giusto cinquant’anni…

  • La war on drugs va superata, un libro vi dice come

    Una commissione ad altissimo livello, costituita fra gli altri da personaggi come l’ex segretario delle NU Kofi Annan, gli scrittori Mario Vargas Llosa e Carlos Fuentes, l’ex alto commissario delle NU per i diritti umani Louise Arbour e il musicista Sting, valuta il disastro delle politiche proibizioniste e propone all’ONU di aprire la strada alla legalizzazione. Giovanardi, evidentemente ancora in clima post elettorale, si difende più o meno come Verdini dopo la batosta delle amministrative: “non è vero, il probizionismo ha funzionato, oggi si consuma molta meno droga che nel 1901?. Ma nonostante tutto è evidente che la fallimentare politica repressiva non puo’ andare avanti. E servono soluzioni a breve. Anche per questo vi consigliamo nuovamente la lettura di “Dopo la guerra alla droga. Un piano per la regolamentazione legale delle droghe” edito da Ediesse. Ordinatelo on line dal sito dell’editore. IN REGALO per chi si iscrive a Forum Droghe!

    Le reazioni (dal Notiziario Droghe Aduc)

    Scarica il Rapporto (in formato pdf, lingua inglese)

    Proibizionismo: una politica fallimentare. Leggi l’articolo di Giorgio Bignami per Terra del 3 giugno 2011.

    Vai alla presentazione del volume “Dopo la guerra alla droga. Un piano per la regolamentazione legale delle droghe” edito da Ediesse. Ordinalo on line dal sito dell’editore. IN REGALO per chi si iscrive a Forum Droghe!

    (via fuoriluogo.it)

  • Cortocircuito all’ONU

  • Dalla padella alla brace

    Articolo per fuoriluogo.it sulla nomina di Fedotov a capo dell’UNODC

    Yuri Fedotov, ambasciatore russo di lungo corso, con una quarantennale carriera nella diplomazia ed ora di stanza a Londra, sarà il nuovo direttore esecutivo dell’UNODC. Si ferma dunque l’ultradecennale monopolio italiano antidroga che aveva vista prima Pino Arlacchi e poi Antonio Maria Costa darsi il cambio alla guida della War on Drugs globale.

    L’Onu si affida ora alla Russia: dalla padella alla brace. Perche come scriveva Grazia Zuffa nella rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 30 giugno “nel “pugno duro”, la Russia è più realista del re americano. Sostiene che i diritti umani non devono intralciare la war on drugs. Si oppone con determinazione alla prevenzione Hiv.”

    E’ una pessima nuova anche per Transform e TNI che per primi hanno dato la notizia della conferma della nomina da parte di Ban Ki-moon del rappresentante russo alla guida dell’UNODC. Tom Blickman sul blog del TNI sostiene che la “politica russa sulle droghe è una delle peggiori, se non la più orribile, nel mondo”. Per fare un esempio ricorda come il rifiuto russo di accettare le terapie sostitutive degli oppioidi – come il metadone che è ancora fuorilegge nonostante sia inserito nella lista dei farmaci essenzi dell’OMS – ha portato a oltre 2 milioni i dipendenti da sostanze da iniezione, con oltre l’80% dei nuovi casi di HIV causati da pratiche di iniezione non sicure. Si è passati dai 40.000 casi di AIDS del 1997 ai 940.000 casi del 2007, un incremento del 2350%.

    Molte associazioni nazionali (fra cui la Hungarian Civil Liberties Union (HCLU)) e organizzazioni internazionali avevano lanciato appelli per evitare questa nomina. Ecco il video della campagna lanciata dall’associazione ungherese:

  • Coca colla Coca

    Articolo per fuoriluogo.it

    Coca Colla. Dalla Bolivia un ritorno alle origini.

    Immagine 44Dalla Bolivia un ritorno alle origini per la più famosa bibita analcolica, la Coca Cola. Il Governo boliviano ha infatti annunciato sul finire del 2009 l’avvio di un progetto privato volto allo sfruttamento industriale della foglia di Coca, per farne una bibita. In estate Morales ha formalmente richiesto la revisione delle convenzioni ONU al fine di salvaguardare l’uso tradizionale della foglia di coca.

    Il viceministro boliviano dello Sviluppo Integrale e della Coca, Jeronimo Meneses (nella foto) ha annunciato che dal 2010 la Bolivia produrrà la “Coca Colla”, una bevanda a base di foglie di coca provenienti dache si coltivano nella provincia centrale di Cochabamba. Presentando alla stampa la prima bottiglia di “Coca Colla” (l’etichetta a sfondo rosso) Meneses ha dichiarato che il prodotto sara’ “presto in vendita”. La bevanda verra’ prodotta da privati a Cochabamba, dove si trovano le maggiori coltivazioni illegali di coca e farà parte del processo di industrializzazione della coltivazione della coca appoggiato dal governo boliviano.

    Evo Morales, che in passato e’ stato un coltivatore di coca, giusto quest’estate ha ufficialmente richiesto di cancellare dalla Convenzione Onu sulle droghe due commi che riguardano la masticazione della foglia di coca, ritenuta con orgoglio «una pratica ancestrale e millenaria dei poli indigeni andini che non può né deve essere proibita».

    In Bolivia sono gia’ in commercio diversi prodotti a base di foglie di coca, come te’, sciroppi, dentifrici, liquori, torte e caramelle. Morales ha annunciato pochi giorni fa una riforma legislativa che permettera’ un aumento della produzione legale di coca sino a 20mila ettari (attualmente è limitata a 12mila). Secondo un recente dossier dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine la Bolivia ha prodotto nel solo 2009 ben 54.000 tonnellate di coca.

  • La vera causa (della diminuzione della produzione di oppio in Afghanistan)

    jeanluclemahieuSul tema della coltivazione di oppio in afghanistan PeaceReporter intervista oggi il direttore del programma antidroga dell’Onu a Kabul, Jean-Luc Lemahieu. Che dice: “Per un contadino, 5 anni fa, coltivare oppio rendeva 27 volte tanto che coltivare grano. Oggi gli rende solo il doppio. Per questo molti contadini sono passati ad altre colture”.
    Il rapporto annuale delle Nazioni Unite sulla produzione di oppio in Afghanistan, appena pubblicato dall’Unodc, conferma le previsioni di un ulteriore calo dell’estensione delle piantagioni di papavero da oppio e del tariàk, l’oppio grezzo in lingua locale. I campi di papavero, che nel 2008 coprivano 157 mila ettari, quest’anno sono diminuiti del 22 percento, passando a 120 mila ettari.
    Il numero delle province produttrici di oppio è sceso da 20 a 18: Kapisa e Baghlan sono diventate ‘poppy free’.
    Più modesto il declino del raccolto 2009 a causa della maggior produttività delle piante: dalle 7.700 tonnellate dell’anno scorso alle 6.900 di quest’anno, ovvero 10 percento in meno.
    Notevole il calo di coltivazione nella provincia di Helmand, la ‘capitale’ dell’oppio, dove le piantagioni di papavero sono diminuite di un terzo grazie al progetto delle ‘Food Zone’ (sementi alternative e sostegno per la vendita ai contadini che abbandonano l’oppio) sperimentato dal governatore provinciale, Gulab Mangal.
    Prosegue anche il calo del prezzo dell’oppio, sceso mediamente di un terzo rispetto all’anno scorso. Questa è la vera causa del calo di produzione a cui si assiste negli ultimi anni.
    Jean-Luc Lemahieu, direttore in Afghanistan dell’Unodc, ci ha spiegato che la diminuzione che si registra dopo il record di due anni fa non è il risultato della campagna antidroga, ma l’effetto delle leggi di mercato: dal 2004, infatti, l’Afghanistan produce molto più oppio di quello che il mercato mondiale può assorbire, quindi i prezzi sono crollati rendendo necessario un rallentamento della produzione per riequilibrare domanda e offerta.
    “Stiamo assistendo e continueremo ad assistere a un calo di produzione perché si sta producendo più di quello che il mercato mondiale richiede. E’ logico che il mercato si corregga. La riduzione continuerà fino a quando si ristabilirà l’equilibrio tra domanda e offerta. Non c’è dubbio”, ci dice Lemahieu. “Questa riduzione è prodotta da una correzione di mercato. Le nostre statistiche lo dimostrano chiaramente. Per un contadino, 5 anni fa, coltivare oppio rendeva 27 volte tanto che coltivare grano. Oggi gli rende solo il doppio. Per questo molti contadini sono passati ad altre colture”.

    Il direttore dell’Unodc in Afghanistan, mostrandoci i grafici elaborati dalla sua organizzazione, spiega come la sovrapproduzione afgana di oppio rispetto alla domanda mondiale, verificatasi a partire dal 2004, abbia provocato il crollo dei prezzi e quindi l’erosione dei margini di profitto di coltivatori e trafficanti, generando una frenata della produzione di oppio, ma anche un deleterio effetto collaterale. Se molti contadini, infatti, hanno giudicato più conveniente e meno rischioso smettere di coltivare oppio, molti narcotrafficanti, in attesa che il calo di offerta faccia risalire i prezzi, hanno deciso di sfruttare la congiuntura, iniziando a svendere la droga in eccesso sul mercato interno afgano.

    “Un nuovo fenomeno è il consumo di droga in Afghanistan. La droga a basso costo ha invaso il mercato locale, con la conseguente esplosione del problema della tossicodipendenza. Basta pensare all’emergenza umanitaria creatasi all’ex centro culturale russo di Kabul. La situazione era drammatica. Tra quelle macerie si concentravano 1600 tossicodipendenti, di cui 650 che ci vivevano in pianta stabile e gli altri che ci andavano per drogarsi. Ogni notte ne morivano in media 2 o 3, per overdose, malnutrizione e altre malattie. Quando abbiamo scoperto questa situazione siamo intervenuti, prima portando assistenza sul posto, e in primavera sgomberando l’area, sistemando la maggior parte dei tossicodipendenti in centri di disintossicazione gestiti dal Ministero della Salute afgano. Ovviamente, nulla di paragonabile con gli standard europei, ne siamo ben lontani, soprattutto perché non ci sono fondi adeguati per affrontare questa emergenza”.

    La tossicodipendenza in Afghanistan, secondo le ultime stime, riguarda circa due milioni di afgani, un decimo della popolazione adulta del Paese: un numero enorme se si considera che fino a pochi anni fa questo fenomeno non esisteva. Lemahieu sottolinea l’urgenza di intervenire prima che sia troppo tardi e la situazione sfugga di mano.

    “La rapida diffusione del consumo di droghe pesnati in Afghanistan è un’emergenza pressante, perché se non interveniamo subito per arginare la tossicodipendenza, presto ci troveremo a fare i conti con la diffusione di malattie come l’Hiv. Questo paese ha già abbastanza piaghe: l’ultima che gli auguro è quella dell’Aids. Dobbiamo impedirlo. Oggi siamo ancora in tempo per farlo, domani sarà troppo tardi”.

    Enrico Piovesana

  • Severn Suzuki la ragazzina che zitti il mondo per 6 minuti

    “Io sono solo una bambina e non ho tutte le soluzioni, ma mi chiedo se siete coscienti del fatto che non le avete neppure voi…”

    Rio de Janeiro, Conferenza ONU su Ambiente e Sviluppo.

  • Da Vienna a Trieste, è di scena l’anacronismo ideologico

    On line, da fuoriluogo.it, la conferenza stampa sulla revisione delle politiche ONU sulle droghe di Vienna:

  • Le lettere sono importanti (antarcticland?)

    antartide

    Ho ricevuto un succoso commento al precedente post (ispirato da Marcello) sul libero stato di Antarcticland la cui risposta merita un post apposito. Mi scrive nientepopodimeno che Sir Franco Russo, direttamente dal Centro Informazioni del Governo di Antarcticland:

    Il nome ufficiale é Antarcticland dove mai avete visto altri nomi?
    La lingua é stata ufficializzata con l´inglese e l´italiano che sono attualmente le lingue piú parlate dal 1,300.000 cittadini di Antarcticland.
    Lo Stato deve essere riconosciuto in base al diritto internazionale e giá parecchi paesi del terzo mondo lo stanno facendo. Le Nazioni Unite rappresentano solo i paesi piú sviluppati e il malcontento é comune in molti paesi in via di sviluppo.
    Gli USA vogliono controllare il mondo, come stanno facendo con l´internet attraverso l´ICANN. Le Nazioni non allineate si stanno organizzando e piano piano stiamo riuscendo a crearci i nostri spazi. Anche in internet abbiamo creato la nostra rete parallela, vedere http://www.antarcticland.it/index.php?option=com_content&task=view&id=264&Itemid=178
    Penso che proprio i bloggers per primi dovrebbero appoggiare queste iniziative libertarie.
    Un saluto da Antarcticland,
    Sir Franco Russo
    Centro Informazioni del Governo di Antarcticland
    Antarcticland

    La Notifica all'ONU di Antarticland (o antarcticland, o antarticaland?)

    La Notifica all'ONU di Antarticland (o antarcticland, o antarticaland?)

    Qui di seguito la mia risposta.

    Gentile Sir Franco Russo,
    la ringrazio per la cortese nota, ma mi tocca sottolineare come già nei suoi dati lasciati in testata al commento si passa da antarcticlnand a antarcticlannd: che non è proprio un bel partire, ma sappiamo che la tastiera è spesso infingarda.
    Poi nella pagina della storia locale l’ordine è di Antarcticaland.
    Poi nella lettera che avete inviato alle Nazioni Unite  (qui a fianco) scrivete antarticland.
    Insomma vi decidete, quella c ci deve essere o no?!?! E la a?
    Perchè sa, parafrasando Moretti, le lettere sono importanti!
    cordiali saluti

    PS: per cortesia, non confonda coprendo tutto di ridicolo le posizioni dei governi non allineati e dei paesi del sud del Mondo, o le richieste di riforma delle Nazioni Unite, o la libertà su internet, o le istanze libertarie con il vostro giochino. Che è divertente per voi, come per noi “bloggers”, ma nulla ha a che fare con le cose serie.

  • L’altra giornata mondiale sulle droghe

    Non faccio troppa fatica ad aderire al meme lanciato sul blog di fuoriluogo.it. L’appello è quello di scrivere, in vista della giornata mondiale sulle droghe del prossimo 26 giugno, un post sulle sostanze.

    Riporto il testo del post/appello.

    Aderite e fate aderire!

    26 giugno: l’altra giornata mondiale sulle droghe

    In occasione della giornata mondiale sulle droghe lanciamo dal Blog di Fuoriluogo.it un piccolo Meme.
    Un esperimento, un appello/invito alla blogosfera antiproibizionista e libertaria: il 26 giugno 2008 – ma anche nei giorni che lo precedono o in quelli successivi – scrivete un post sull’altra faccia della war on drugs. Quella delle vostre storie di ordinaria repressione o quella degli aneddoti curiosi e divertenti sulle sostanze ed il loro uso. Insomma sentitevi, per una volta, liberi di parlare di droghe nonostante i vari Giovanardi, Fini e Costa.

    Istruzioni:

    1. Perchè i pensieri e le opinioni siano più concatenati possibile vi preghiamo di linkare questo post/appello e tutti coloro aderiranno (che saranno riportati qui sotto).
    2. inserite, fra gli altri che vorrete, il tag “peace on drugs
  • scrivete (non si sa mai) a fuoriluogo@fuoriluogo.it una mail con l’url del vostro post.
  • Greens on the rocks

    Parlamento di AntarticlandLa lista dei paesi in attesa di riconoscimento all’ONU è vasta. C’è il Kurdistan, il Kosovo, Taiwan. Hanno fatto richiesta di riconoscimento anche il popolo Ogoni e quello Mapuche, fra gli altri.

    Ma fra tutti ce ne è uno che genera curiosità: Antarcticland. Curiosità che diventa sete di notizie quando, grazie al buon Saponaro, scopro che il Presidente del Consiglio è un personaggio, italo-antarcticalandese vicino ai verdi (italiani).

    Lo Stato é stato reclamato come Nazione, dall’attuale Reggente del Sovrano Ordine (segreto, ndr) di Antarcticaland, solo nel 2007, quando visti i cambiamenti strutturali della società moderna, il 42º Gran Maestro ha ritenuto di sollevare i cavalieri dall’obbligo del segreto, e attraverso un atto di richiesta di riconoscimento ha rivendicato ufficialmente il proprio territorio…

    Alcune domande che sorgono spontanee:

    1. Perchè si parla italiano se il Padre della Patria era un tedesco nato in estonia che ha lavorato per lo Zar?
    2. Perchè lo stato a secondo delle pagine, si chiama alternativamente antarcticaland e antarcticland?
    3. Ma soprattutto: per quale motivo l’Onu dovrebbe mai riconoscerlo?

    Nella foto Ansa-GhiaccioliBif una riunione del parlamento di antarticland…

    Dal tlog di marcello l’articolo di epolis

  • Vittoria in trasferta.

    dalemaNon è vincolante per nessuno (in fondo è solo l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che l’ha votato) ma l’approvazione del documento che chiede la moratoria della pena di morte nel mondo è una buona notizia. Bravo D’Alema, non capito spesso di poterlo dire: 104 favorevoli, 54 contrari, 29 astenuti. La lista dei contrari mi piacerebbe vederla a breve pubblicata, ho pero’ l’impressione che Cina, Iran e gli ospiti USA abbiano fatto fronte comune…

  • La multinazionale antidroga

    Pubblicato su Il Manifesto del 20 luglio 2001

    Gli indirizzi mondiali di lotta al consumo, alla diffusione e alla coltivazione di droghe rappresentano un caso paradigmatico di una politica con norme e strumenti istituzionali effettivamente globali, nate da un approccio ideologico di stampo tipicamente americano. La “war on drugs” è esemplare per la sua storia e per la vastità e pervasività degli effetti che ha avuto, che si sia trattato di perseguire la lotta alle colture ed alle culture nei paesi del terzo mondo o quella al consumo nei paesi ricchi: al grido di “faremo sparire quella pianta dalla faccia della terra” (canapa, papavero o coca) ovunque è stata una guerra soprattutto contro i poveri e gli ecosistemi.
    La “war on drugs” ha una sua data di nascita, che coincide con l’approvazione della Convenzione Unica sulle sostanze stupefacenti dell’Onu del 1961. In quell’occasione sono state proibite tutte le droghe che tradizionalmente, a differenza di alcol, tabacco e caffè, non appartengono alla cultura occidentale (oppio, cannabis, coca: al riguardo vedi G.Arnao, “Fuoriluogo” novembre 2000). La decisa scelta proibizionista dell’Onu è un caso da manuale dell’americanizzazione delle politiche internazionali. Gli Stati Uniti hanno costruito l’ideologia del proibizionismo, falsificando l’evidenza scientifica e investendo miliardi in campagne di disinformazione e propaganda, utilizzando quello che il politologo Joseph Nye ha definito il “soft power”, caratteristica tipica del dominio americano, basato in egual misura sulle forme tradizionali di potere (supremazia economica e militare, “hard power”) e quelle più innovative della costruzione del consenso verso il proprio universo di valori.
    Allo stesso tempo abbiamo assistito all’edificazione di un sistema di trattati internazionali di lotta alla droga che negli anni si è ramificato ed irrigidito, e alla costituzione di una grossa e grassa agenzia internazionale come l’UNDCP, l’istituzione delle Nazioni Unite oggi guidata, fra mille polemiche e inchieste interne, da Pino Arlacchi. Gli Stati Uniti hanno comunque agito unilateralmente quando ne hanno avuto bisogno, inventando il sistema delle “certificazioni” annuali per i paesi produttori di droga: chi non la riceve è costretto a subire pesanti sanzioni economiche e rischia l’isolamento internazionale. Un mezzo efficace per definire amici e nemici nel terzo mondo e influenzare le politiche di questi paesi. “La droga sopperisce infatti alle lacune provocate dall’indebolimento delle alleanze militari e diplomatiche dei due blocchi per trasformarsi in una forza nemica virtuale a seconda delle necessità dei leader del mondo occidentale” (Alain Labrousse, Trieste 1996).
    E’ chiaro il carattere strumentale teso al controllo economico e politico di vaste zone del pianeta, in particolare il Sud America e il Sud-est asiatico. Nel ’89 la volontà di proteggere gli interessi statunitensi nel canale di Panama portò all’arresto di Noriega, che venne perseguito come pericoloso trafficante internazionale. Nei primi anni ’80 in Perù, sotto il governo Belaunde e in seguito alle forti pressioni degli Stati Uniti, vennero create le Unità Mobili di Pattuglia Rurale, con lo scopo di reprimere i coltivatori di coca, ma più in generale di garantire il controllo militare del territorio. Oggi assistiamo all’intervento degli Stati Uniti in Colombia con cui si cerca di ridefinire la presenza strategica militare degli Usa nel continente ed eliminare l’anomalia della presenza della guerriglia delle Farc (in prospettiva c’è il progetto di liberalizzazione commerciale tra Nord e Sud America). Con la guerra ai narcos si è giustificata la costruzione della nuova base militare americana di Manta in Ecuador, ufficialmente per monitorarne i movimenti. Non solo: una delle tecniche più usate in Colombia per combattere le colture di coca sono i “bombardamenti” di pesticidi, che distruggono in realtà ogni tipo di pianta, colpendo in modo drammatico i contadini di queste zone. L’ennesimo attentato alla Biodiversità, una vera guerra contro i poveri.
    La funzione geopolitica della “War on Drugs” nelle relazioni internazionali (controllo e influenza su alcune zone che rivestono un interesse specifico per gli Usa) si traduce in una funzione di controllo sociale nelle politiche interne dei paesi occidentali.
    Di nuovo il punto di riferimento non possono che essere gli Stati Uniti dove gli arresti per reati connessi all’uso o alla vendita di sostanze stupefacenti ha avuto un incremento del 364% tra il 1980 e il 1992. Ma il dato più inquietante è evidenziato dall’aumento degli arresti tra la popolazione nera e ispanica, assolutamente sproporzionato rispetto a quelli riscontrati tra la maggioranza bianca, in un rapporto di quasi quattro a uno. Non solo: le pene per il possesso di crack (sostanza molto più diffusa tra le minoranze che fra i bianchi, più economica ed accessibile per gli strati più poveri della popolazione) sono molto più alte di quelle riscontrate per il possesso di cocaina a parità di quantità sequestrata. Ovviamente tra i consumatori di cocaina troviamo una percentuale molto più alta di bianchi benestanti. Non a caso, il reverendo nero Edwin Sanders ha sostenuto che la lotta contro la “war on drugs” deve essere una battaglia portata avanti proprio dalla comunità nera (per un resoconto sulle posizioni degli antiproibizionisti americani vedi Cohen su “Fuoriluogo” giugno 2001).
    Lo stesso accade in Europa, dove moltissimi sono gli immigrati incarcerati per questo tipo di reati e dove viene alimentata una campagna di stampa molto forte per dimostrare l’equivalenza tra immigrato e spacciatore (e in più generale criminale, come mostra la proposta di legge della Lega). A questa diffusa percezione sociale si accompagna la desolante mancanza di analisi della sinistra europea sulle cause della marginalità, che spesso si trovano proprio nell’impianto punitivo delle leggi (che si parli di immigrazione come di droghe). Si accetta cioè che lo strumento penale svolga una funzione di controllo e regolazione sociale. Anche in questo caso una si tratta di una guerra contro i poveri.
    A darci conforto però è la diffusione sempre più ampia di movimenti antiproibizionisti che posseggono un approccio realmente internazionale, proprio perché si percepisce il radicamento e la complessità dei disastri prodotti dalle politiche attuali: disastri ambientali, sociali, economici e politici. Per questo proprio a Genova, in occasione della Conferenza Nazionale sulle Droghe del novembre scorso, il movimento antiproibizionista è riuscito a far sentire la propria voce raccogliendo consenso fra gli operatori e fra i politici. Per questo ci sentiamo vicini a chi contesta il G8: Forum Droghe aderisce al Genoa Social Forum perché da anni combatte insieme al movimento un sistema mondializzato come quello del proibizionismo.

    Mattia Diletti e Leonardo Fiorentini, Forum Droghe