Aumenta la produzione di oppio in Afghanistan: +61%
Nonostante i quasi 10 anni di occupazione NATO in Afghanistan, la produzione di oppio continua a crescere secondo il rapporto 2011 dell’UNODC. Continua così anche il fallimento delle politiche ONU, fatte di repressione, eradicazione e goffi tentativi di sostegno alla riconversione agricola. E nel frattempo nel paese asiatico raddoppiano i consumatori di oppiacei e si parla di epidemia HIV per i consumatori di droghe.
La coltivazione di oppio in Afghanistan ha raggiunto nel 2011 131.000 ettari, con un incremento del 7% rispetto allo scorso anno. E’ questo il dato che apre il rapporto 2011 sulla situzione dell’oppio in afghanistan, presentato oggi dal direttore dell’UNODC Fedotov.
Così, nonostante il direttore dell’UNODC rivendichi l’aumento del 65% di coltivazioni eradicate dagli interventi repressivi ONU, la produzione di oppio in Afghanistan aumentera’ del 61 per cento rispetto all’anno precedente. Si passa infatti dalle 3.600 tonnellate prodotte del 2010 alle 5.800 tonnellate nel 2011.
Non solo: a causa delle situazione del paese, e delle politiche repressive, è previsto un raddoppio del valore delle coltivazioni: il prezzo è infatti cresciuto da 169 a 241 dollari al kg. Lo scorso anno circa 605 milioni di dollari di oppio sono stati prodotti in Afghanistan, mentre quest’anno si stimano guadagni per 1,4 miliardi di dollari, con un incremento del 133%.
Nel frattempo nel paese asiatico sono quasi raddoppiati i consumatori di oppiacei: se nel 2005 la prevalenza di consumo di oppiacei si fermava all’1,4% oggi si attesta al 2,65%. E si parla di epidemia HIV per i consumatori di droghe.
Dall’Afghanistan arriva circa l’80% del totale dell’oppio prodotto su scala mondiale. Per il paese la produzione della sostanza contribuisce al 9% del PIL. “I guadagni piu’ alti ricavati dall’oppio, contro i prezzi piu’ bassi del grano, possono aver incoraggiato i coltivatori a riprendere la coltivazione del papavero da oppio”, si legge nel rapporto. Nel passato peraltro, proprio l’inconsistenza del sostegno economico dell’UNODC ai coltivatori coinvolti nella riconversione agricola delle coltivazioni aveva portato al fallimento delle politiche di sostituzione dell’oppio con produzioni food.
Sono circa 191.500, pari al 5% della popolazione, gli afghani coinvolti oggi nella coltivazione dell’oppio. La pianta e’ coltivata nella meta’ delle 34 province del paese, ma il 95% della produzione arriva da nove province, “nelle zone piu’ instabili del sud e del sud-ovest – si legge ancora – dominate dall’insorgenza e dalle reti del crimine organizzato”. Questo dato, secondo l’UNODC, “conferma il link tra l’insorgenza e la coltivazione di oppio fin dal 2007”. Da annotare infine che le squadre impegnate nell’eradicazione delle coltivazioni di oppio si sono confrontate con incidenti di quattro volte piu’ numerosi rispetto a quelli dello scorso anno.
“L’Afghan Opium Survey 2011 manda il messaggio forte che non si puo’ restare inerti di fronte a questo problema – ha commentato Yury Fedotov, direttore esecutivo di Unodc – E’ necessario un forte impegno dei partner interni e internazionali”. Un impegno che, nella ormai consolidata linea dell’UNODC, ovviamente non prenderà in considerazione le sollecitazioni, venute da più parti, per promuovere l’utilizzo medico dell’oppio afgano.
La vera causa (della diminuzione della produzione di oppio in Afghanistan)

Il rapporto annuale delle Nazioni Unite sulla produzione di oppio in Afghanistan, appena pubblicato dall’Unodc, conferma le previsioni di un ulteriore calo dell’estensione delle piantagioni di papavero da oppio e del tariàk, l’oppio grezzo in lingua locale. I campi di papavero, che nel 2008 coprivano 157 mila ettari, quest’anno sono diminuiti del 22 percento, passando a 120 mila ettari.
Il numero delle province produttrici di oppio è sceso da 20 a 18: Kapisa e Baghlan sono diventate ‘poppy free’.
Più modesto il declino del raccolto 2009 a causa della maggior produttività delle piante: dalle 7.700 tonnellate dell’anno scorso alle 6.900 di quest’anno, ovvero 10 percento in meno.
Notevole il calo di coltivazione nella provincia di Helmand, la ‘capitale’ dell’oppio, dove le piantagioni di papavero sono diminuite di un terzo grazie al progetto delle ‘Food Zone’ (sementi alternative e sostegno per la vendita ai contadini che abbandonano l’oppio) sperimentato dal governatore provinciale, Gulab Mangal.
Prosegue anche il calo del prezzo dell’oppio, sceso mediamente di un terzo rispetto all’anno scorso. Questa è la vera causa del calo di produzione a cui si assiste negli ultimi anni.
Jean-Luc Lemahieu, direttore in Afghanistan dell’Unodc, ci ha spiegato che la diminuzione che si registra dopo il record di due anni fa non è il risultato della campagna antidroga, ma l’effetto delle leggi di mercato: dal 2004, infatti, l’Afghanistan produce molto più oppio di quello che il mercato mondiale può assorbire, quindi i prezzi sono crollati rendendo necessario un rallentamento della produzione per riequilibrare domanda e offerta. “Stiamo assistendo e continueremo ad assistere a un calo di produzione perché si sta producendo più di quello che il mercato mondiale richiede. E’ logico che il mercato si corregga. La riduzione continuerà fino a quando si ristabilirà l’equilibrio tra domanda e offerta. Non c’è dubbio”, ci dice Lemahieu. “Questa riduzione è prodotta da una correzione di mercato. Le nostre statistiche lo dimostrano chiaramente. Per un contadino, 5 anni fa, coltivare oppio rendeva 27 volte tanto che coltivare grano. Oggi gli rende solo il doppio. Per questo molti contadini sono passati ad altre colture”.Il direttore dell’Unodc in Afghanistan, mostrandoci i grafici elaborati dalla sua organizzazione, spiega come la sovrapproduzione afgana di oppio rispetto alla domanda mondiale, verificatasi a partire dal 2004, abbia provocato il crollo dei prezzi e quindi l’erosione dei margini di profitto di coltivatori e trafficanti, generando una frenata della produzione di oppio, ma anche un deleterio effetto collaterale. Se molti contadini, infatti, hanno giudicato più conveniente e meno rischioso smettere di coltivare oppio, molti narcotrafficanti, in attesa che il calo di offerta faccia risalire i prezzi, hanno deciso di sfruttare la congiuntura, iniziando a svendere la droga in eccesso sul mercato interno afgano.
“Un nuovo fenomeno è il consumo di droga in Afghanistan. La droga a basso costo ha invaso il mercato locale, con la conseguente esplosione del problema della tossicodipendenza. Basta pensare all’emergenza umanitaria creatasi all’ex centro culturale russo di Kabul. La situazione era drammatica. Tra quelle macerie si concentravano 1600 tossicodipendenti, di cui 650 che ci vivevano in pianta stabile e gli altri che ci andavano per drogarsi. Ogni notte ne morivano in media 2 o 3, per overdose, malnutrizione e altre malattie. Quando abbiamo scoperto questa situazione siamo intervenuti, prima portando assistenza sul posto, e in primavera sgomberando l’area, sistemando la maggior parte dei tossicodipendenti in centri di disintossicazione gestiti dal Ministero della Salute afgano. Ovviamente, nulla di paragonabile con gli standard europei, ne siamo ben lontani, soprattutto perché non ci sono fondi adeguati per affrontare questa emergenza”.
La tossicodipendenza in Afghanistan, secondo le ultime stime, riguarda circa due milioni di afgani, un decimo della popolazione adulta del Paese: un numero enorme se si considera che fino a pochi anni fa questo fenomeno non esisteva. Lemahieu sottolinea l’urgenza di intervenire prima che sia troppo tardi e la situazione sfugga di mano.
“La rapida diffusione del consumo di droghe pesnati in Afghanistan è un’emergenza pressante, perché se non interveniamo subito per arginare la tossicodipendenza, presto ci troveremo a fare i conti con la diffusione di malattie come l’Hiv. Questo paese ha già abbastanza piaghe: l’ultima che gli auguro è quella dell’Aids. Dobbiamo impedirlo. Oggi siamo ancora in tempo per farlo, domani sarà troppo tardi”.
Enrico Piovesana
Oppio. Aumenta la produttività afgana.
Coltivare oppio in Afghanista rende 5 volte di più rispetto alla stessa coltivazione nel Triangolo d’Oro del Sud-Est asiatico. Il che basterebbe, come notizia. Nonostante questo Antonio Maria Costa e la sua UNODC gridano al successo delle politiche ONU in Afghanistan. Ma la prima diminuzione della produzione dopo il boom degli ultimi anni, a ben leggere il mercato mondiale delle sostanze (e l’abbassamento del prezzo dell’oppio) non stupisce molto. Semplicemente in afghanistan nell’ultimo anno i coltivatori hanno prodotto meno e meglio.
Su fuoriluogo la presentazione, il rapporto e il commento di Marco Perduca.
La religione è l’oppio dei popoli…
Intuivo, in altri lidi, che Papa Ratzinger stava tramando qualcosa. Finalmente ha esplicitato il suo pensiero. Ringrazio il Notiziario Aduc per la prontezza di riflessi, io arrivo solo due giorni dopo… Comunque sia. Quando viene a mancare il riferimento a Dio, “allora l’uomo deve cercare di superare da se’ i confini del mondo, di aprire davanti a se’ lo spazio sconfinato per il quale e’ stato creato”. E, ha detto oggi Benedetto XVI, “allora, la droga diventa per lui quasi una necessita’. Genio, puro. Ribaltandola non vi ricorda qualcosa?
PS: wikipedia riporta la citazione completa di Karl Marx. La . La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli.