• Ambasciator non porta pena

    E quello di Malta nemmeno riesce a ampliare la casetta a Capalbio:

    http://www.youtube.com/watch?v=UsqfyvmDtNA

    (al minuto 6:37) Dopo un lungo monologo di Berlusconi alla Farnesina e una battuta sul fascismo, sugli imprenditori che devono sponsorizzare di più i prodotti italiani all’estero (non una parola sulla Fiat), (al minuto 6:37) l’Ambasciatore a Malta Andrea Trabalza fa una domanda al Presidente del Consiglio sul famoso “piano Casa” e, denuncia, la sua impossibilità di ampliare la sua villa di Capalbio. Alla faccia della protesta dei diplomatici contro la Finanziaria! Infatti i tagli previsti sono stati eliminati dalla finanziaria e tutto è finito a tarallucci e vino. Un ambasciatore vive spesato ed ha uno stipendio stratosferico e non si accontenta, deve pure ampliare la villa a Capalbio! Se questo è un funzionario pubblico!

    Il tutto succede alla Farnesina, quella stessa che chiede l’elemosina ai Sindaci

  • Un passo in avanti verso la proroga del 55%

    Ora che c’è l’ok della commissione paesaggio per i nuovi bungalow di Villa Certosa realizzati con il piano casa – quello che doveva servire a costruire la stanza in più, ndr – aumentano sensibilimente le possibilità di una proroga delle agevolazioni del 55%.

    Sempre che Silvio voglia le finestre con i doppivetri…

  • Pensare positivo

    Ho deciso che è meglio pensare positivo.

    Perchè magari, visto che il nostro ha deciso di sfruttare il Piano Casa per allargare Villa Certosa, ci scappa una proroga delle detrazioni del 55%, almeno per il tempo necessario per finestrare i bungalow…

    La chiedono anche i produttori di finestre, FederlegnoArredo, Centro di Informazione sul Pvc e Uncsaal, qui il loro appello a cui ho aderito.

  • Piano casa. Due considerazioni, tre proposte e quattro voti.

    immagine-15Pubblico l’intervento di ier sera in Consiglio di Circoscrizione sulla delibera comunale sul Piano Casa. Un pippotto politico, 3 proposte (a mio parere di assoluto buon senso), 3 voti contrari a larghissima maggioranza, un voto di astensione sulla delibera (il mio).

    “Il “piano casa” di B. non l’ha applicato lui, ma le regioni. Se questo non è regime, è almeno egemonia.” Così scrive Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, su La Repubblica il 2 settembre 2009

    Insomma, sul piano casa (come su tante altre cose) Berlusconi ha lanciato il sasso e nascosto la mano. Il Governo infatti, dopo i proclami, non ha fatto ancora il decreto promesso da lì a 10 giorni (del resto era pur sempre il 1° aprile). Siamo già a settembre e non ce ne è traccia.

    Non posso non essere d’accordo con Settis, ed è anche facile capire che le forze della betoniera facile in queste occasioni spuntano come funghi ovunque. Però mi pare ormai innegabile che il centro sinistra ha, come al solito, abboccato alla finta e fatto il lavoro sporco: vuoi spinti dall’orrore della prima versione del piano berlusconiano, vuoi spinti da un sincero desiderio di qualificare dal punto di vista energetico il nostro patrimonio edilizio, vuoi sulla pressione dei costruttori…

    Sia chiaro, altre Regioni, come la Lombardia hanno fatto cose ben peggiori e disastrose. Ma prego le forze della coalizione in cui mi riconosco e che magari si augurano un aumento di consenso per il provvedimento sull’ampliamento, di ricordarsi che – nonostante tutti gli sforzi – fra 1 o 4 anni che siano, il Piano Casa sarà nell’immaginario collettivo “quello di Berlusconi”. Nonostante non abbia fatto nulla, e a conferma della sua egemonia sulla politica degli ultimi vent’anni.

    Non ci si nasconda poi troppo dietro alla qualificazione energetica degli edifici, prevista per fortuna dalla nostra regione. Perché quasi in contemporanea c’è stato l’attacco governativo agli incentivi proprio riferiti agli interventi di qualificazione energetica, salvati solo in extremis dagli emendamenti al decreto anticrisi, il che la dice lunghe sulle reali intenzioni di questo governo.

    Detto questo nella scorsa legislatura abbiamo giustamente approvato una variante al Regolamento Edilizio che anticipa molto di quella sburocratizzazione dell’iter edilizio promessa dal Governo, ma abbiamo anche approvato, con tanta fatica, un PSC che prevede una diminuzione della volumetria complessiva rispetto alle previsioni del PRG vigente. E’ evidentemente grottesco come ora ci troviamo a dover subire un provvedimento che scarica sul territorio inteso come bene comune (e sulla domanda di cemento) l’incapacità della politica di dare risposte nuove alla crisi economica in atto (-5% di PIL, ricordarlo ogni tanto fa bene).

    Fatte queste considerazioni politiche su un provvedimento che ritengo geneticamente sbagliato sono ovviamente tendenzialmente favorevole a qualsiasi limitazione possa prevedere l’amministrazione, e per questo avevo presentato in luglio un’interpellanza sul tema.

    Però vorrei integrare le ulteriori limitazioni proposte, e precisamente:

    Condono
    Si propone, riprendendo una norma fatta propria dalla regione toscana, di escludere dall’applicazione delle norme del piano casa gli edifici che negli anni passati hanno già usufruito del loro “piano casa fai da te”. Premiare chi in sfregio delle norme urbanistiche ha edificato o ampliato, con una nuova possibilità di ampliamento mi sembra un po’ troppo. Per rispetto del Territorio, della legalità e degli altri cittadini rispettosi delle norme.

    Piano Aria
    La proposta è di prevedere anche l’esclusione per gli edifici residenziali collocati all’interno delle fasce di rispetto individuate dal Piano di Tutela e Risanamento della Qualità dell’Aria. All’art. 25, comma 3 delle NTA infatti lo strumento di pianificazione della nostra provincia prevede, e qui cito, “la definizione di distanze minime degli insediamenti dalle fonti emissive di notevole entità, comprese le infrastrutture di trasporto, idonee alla riduzione della popolazione esposta, attenendosi in linea di massima al principio di non approvare nuove previsioni urbanistiche che prevedano la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali, sanitari o scolastici a distanze (calcolate su proiezione orizzontale) inferiori alle seguenti:

    •         m 50 dal confine stradale delle strade extraurbane, esistenti o progettate, classificate come rete di base di interesse regionale, della viabilità extraurbana secondaria di rilievo provinciale o interprovinciale e delle strade classificate come strade di scorrimento;

    •         m 150 dal confine stradale delle strade extraurbane, esistenti o progettate, classificate come rete autostradale e “grande rete” di interesse nazionale/regionale

    Tutela degli immobili da PSC
    Come si pone la norma rispetto alle classificazione di tutela degli immobili/categoria di intervento del nuovo PSC? Vale la categoria del vecchio PRG finchè non è approvato il RUE. Siccome è possibile che ci siano edifici per cui ora sono previsti “interventi di ripristino edilizio e di ristrutturazione edilizia e urbanistica” mentre nel PSC sono stati definiti di “interesse storico-architettonico” (si pensi solo a tutta l’architettura del novecento) la proposta, per esser certi di non dilapidare il lavoro fatto negli ultimi 10 anni di pianificazione urbanistica di escludere anche gli immobili definiti dal PSC vigente di “interesse storico-architettonico” (quelli maggiormente tutelati dal PSC).

    Voti sulle proposte di integrazione alla delibera:

    – escludere gli edifici che hanno usufruito di condono edilizio per aumento di superficie.
    3 favorevoli (Verdi, IDV, 1 PD), 16 contrari

    – escludere gli edifici residenziali collocati all’interno delle fasce di rispetto individuate dal Piano di Tutela e Risanamento della Qualità dell’Aria (art. 25, comma 3 delle NTA)
    1 favorevole (Verdi), 18 contrari

    – escludere gli immobili definiti dal PSC vigente di “interesse storico-architettonico”
    1 favorevole (Verdi), 18 contrari

    Vista l’indisponibilità ad accettare neanche una delle proposte all’interno del parere non vincolante della Circoscrizione mi sono visto costretto all’astensione sulla delibera (passato poi con 11 voti favorevoli e 8 astenuti).

  • Piano casa. Due considerazioni, tre proposte e quattro voti.

    immagine-15Pubblico l’intervento di ier sera in Consiglio di Circoscrizione sulla delibera comunale sul Piano Casa. Un pippotto politico, 3 proposte (a mio parere di assoluto buon senso), 3 voti contrari a larghissima maggioranza, un voto di astensione sulla delibera (il mio).

    “Il “piano casa” di B. non l’ha applicato lui, ma le regioni. Se questo non è regime, è almeno egemonia.” Così scrive Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, su La Repubblica il 2 settembre 2009

    Insomma, sul piano casa (come su tante altre cose) Berlusconi ha lanciato il sasso e nascosto la mano. Il Governo infatti, dopo i proclami, non ha fatto ancora il decreto promesso da lì a 10 giorni (del resto era pur sempre il 1° aprile). Siamo già a settembre e non ce ne è traccia.

    Non posso non essere d’accordo con Settis, ed è anche facile capire che le forze della betoniera facile in queste occasioni spuntano come funghi ovunque. Però mi pare ormai innegabile che il centro sinistra ha, come al solito, abboccato alla finta e fatto il lavoro sporco: vuoi spinti dall’orrore della prima versione del piano berlusconiano, vuoi spinti da un sincero desiderio di qualificare dal punto di vista energetico il nostro patrimonio edilizio, vuoi sulla pressione dei costruttori…

    Sia chiaro, altre Regioni, come la Lombardia hanno fatto cose ben peggiori e disastrose. Ma prego le forze della coalizione in cui mi riconosco e che magari si augurano un aumento di consenso per il provvedimento sull’ampliamento, di ricordarsi che – nonostante tutti gli sforzi – fra 1 o 4 anni che siano, il Piano Casa sarà nell’immaginario collettivo “quello di Berlusconi”. Nonostante non abbia fatto nulla, e a conferma della sua egemonia sulla politica degli ultimi vent’anni.

    Non ci si nasconda poi troppo dietro alla qualificazione energetica degli edifici, prevista per fortuna dalla nostra regione. Perché quasi in contemporanea c’è stato l’attacco governativo agli incentivi proprio riferiti agli interventi di qualificazione energetica, salvati solo in extremis dagli emendamenti al decreto anticrisi, il che la dice lunghe sulle reali intenzioni di questo governo.

    Detto questo nella scorsa legislatura abbiamo giustamente approvato una variante al Regolamento Edilizio che anticipa molto di quella sburocratizzazione dell’iter edilizio promessa dal Governo, ma abbiamo anche approvato, con tanta fatica, un PSC che prevede una diminuzione della volumetria complessiva rispetto alle previsioni del PRG vigente. E’ evidentemente grottesco come ora ci troviamo a dover subire un provvedimento che scarica sul territorio inteso come bene comune (e sulla domanda di cemento) l’incapacità della politica di dare risposte nuove alla crisi economica in atto (-5% di PIL, ricordarlo ogni tanto fa bene).

    Fatte queste considerazioni politiche su un provvedimento che ritengo geneticamente sbagliato sono ovviamente tendenzialmente favorevole a qualsiasi limitazione possa prevedere l’amministrazione, e per questo avevo presentato in luglio un’interpellanza sul tema.

    Però vorrei integrare le ulteriori limitazioni proposte, e precisamente:

    Condono
    Si propone, riprendendo una norma fatta propria dalla regione toscana, di escludere dall’applicazione delle norme del piano casa gli edifici che negli anni passati hanno già usufruito del loro “piano casa fai da te”. Premiare chi in sfregio delle norme urbanistiche ha edificato o ampliato, con una nuova possibilità di ampliamento mi sembra un po’ troppo. Per rispetto del Territorio, della legalità e degli altri cittadini rispettosi delle norme.

    Piano Aria
    La proposta è di prevedere anche l’esclusione per gli edifici residenziali collocati all’interno delle fasce di rispetto individuate dal Piano di Tutela e Risanamento della Qualità dell’Aria. All’art. 25, comma 3 delle NTA infatti lo strumento di pianificazione della nostra provincia prevede, e qui cito, “la definizione di distanze minime degli insediamenti dalle fonti emissive di notevole entità, comprese le infrastrutture di trasporto, idonee alla riduzione della popolazione esposta, attenendosi in linea di massima al principio di non approvare nuove previsioni urbanistiche che prevedano la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali, sanitari o scolastici a distanze (calcolate su proiezione orizzontale) inferiori alle seguenti:

    • m 50 dal confine stradale delle strade extraurbane, esistenti o progettate, classificate come rete di base di interesse regionale, della viabilità extraurbana secondaria di rilievo provinciale o interprovinciale e delle strade classificate come strade di scorrimento;

    • m 150 dal confine stradale delle strade extraurbane, esistenti o progettate, classificate come rete autostradale e “grande rete” di interesse nazionale/regionale

    Tutela degli immobili da PSC
    Come si pone la norma rispetto alle classificazione di tutela degli immobili/categoria di intervento del nuovo PSC? Vale la categoria del vecchio PRG finchè non è approvato il RUE. Siccome è possibile che ci siano edifici per cui ora sono previsti “interventi di ripristino edilizio e di ristrutturazione edilizia e urbanistica” mentre nel PSC sono stati definiti di “interesse storico-architettonico” (si pensi solo a tutta l’architettura del novecento) la proposta, per esser certi di non dilapidare il lavoro fatto negli ultimi 10 anni di pianificazione urbanistica di escludere anche gli immobili definiti dal PSC vigente di “interesse storico-architettonico” (quelli maggiormente tutelati dal PSC).

    Voti sulle proposte di integrazione alla delibera:

    – escludere gli edifici che hanno usufruito di condono edilizio per aumento di superficie.
    3 favorevoli (Verdi, IDV, 1 PD), 16 contrari

    – escludere gli edifici residenziali collocati all’interno delle fasce di rispetto individuate dal Piano di Tutela e Risanamento della Qualità dell’Aria (art. 25, comma 3 delle NTA)
    1 favorevole (Verdi), 18 contrari

    – escludere gli immobili definiti dal PSC vigente di “interesse storico-architettonico”
    1 favorevole (Verdi), 18 contrari

    Vista l’indisponibilità ad accettare neanche una delle proposte all’interno del parere non vincolante della Circoscrizione mi sono visto costretto all’astensione sulla delibera (passato poi con 11 voti favorevoli e 8 astenuti).

  • Piano Casa, il seminario e le pagelle…

    Sul Piano Casa del nostro sinistro Presidente del Consiglio vi segnalo due approfondimenti: qui sotto il seminario di Radicali e Verdi trasmesso da RadioRadicale, dal sito di legambiente invece il dossier a 120gg dall’annuncio berlusconiano, con un report sulle leggi regionali che nel frattempo sono state approvate o proposte. Per inciso l’Emilia Romagna risulta al 6 posto, rimandata con debito… (in coda al post l’articolo di Terra di oggi sull’argomento)

    EDILIZIA: Pagella per il PIANO CASA: Legambiente ha realizzato un dossier 120 giorni dopo l’annuncio di Berlusconi. Promosse solo Toscana, Bolzano e Puglia.

    Sono passati quattro mesi dall’annuncio del governo per il Piano casa. Per Legambiente è ora di tirare le somme. Per Edoardo Zanchini, responsabile Urbanistica dell’associazione ambientalista «il Piano ha portato a un vero e proprio “puzzle” di regolamenti con norme diverse a seconda della regione». Tanto che Zanchini, senza mezzi termini, parla di un «sostanziale fallimento».

    Legambiente ha presentato ieri un vero e proprio dossier in cui vengono esaminati i vari regolamenti di applicazione del Piano nelle varie regioni, con tanto di pagelle, per valutare gli aspetti ambientali quali l’attenzione al risparmio energetico e la tutela del territorio. Le zone d’Italia promosse sono tre: la Toscana, la Provincia di Bolzano (grazie agli alti standard energetici) e infine la Puglia. La Regione amministrata da Nichi Vendola è l’unica regione del Sud nelle prime posizioni della classifica stilata da Legambiente (subito dopo c’è la Basilicata che però è all’ottavo posto).

    Tuttavia anche la Puglia «andrà tenuta sotto controllo – si legge nel dossier – per la deroga ai piani regolatori concessa ai Comuni». Le regioni bocciate sono invece la Liguria (che concede bonus volumetrici fino al 50 per cento dell’esistente), Lombardia, Veneto e Campania. Le ultime quattro della classifica sono Molise, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Sicilia che hanno vincoli di efficienza energetica molto generici ma soprattutto, a differenza di tutte le altre amministrazioni, non hanno previsto nessuna zona in cui sarà vietato ampliare gli edifici.

    In pratica significa che si potranno realizzare gli interventi anche in aree vincolate, centri storici e parchi. Legambiente per realizzare il dossier sul Piano Casa ha analizzato i diversi testi di legge approvati, quelli il cui iter è tuttora in corso ma anche le proposte discusse nelle varie giunte regionali italiane. E proprio per questo motivo l’associazione ci tiene a specificare che «in molti casi si tratta di bozze, licenziate dalle commissioni o dalle giunte, suscettibili di modifiche nella fase di voto in Consiglio regionale». La promozione definitiva, quindi, le Regioni possono ancora conquistarla.

  • Berlusconi come Honecker

  • Riqualificare le aree demaniali…

    Così l’ex Ministro all’Ambiente, ora alle Infrastrutture Altero Matteoli, dal Corriere della Sera:

    “è prevista la valorizzazione di aree demaniali con la loro riqualificazione urbana”

    Voce Demanio, su wikipedia, mi pare chiara ed esaustiva:

    il demanio è costituito dai seguenti beni: il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (c.c. 2774, Cod. Nav. 28, 29, 692); le opere destinate alla difesa nazionale.Fanno allo stesso modo parte del demanio pubblico, ma solamente se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi (Cod. Nav. 692 a); gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.

    Tali beni possono anche appartenere alle regioni, alle province o ai comuni, costituendo così il demanio regionale, provinciale o comunale, ma sono ugualmente soggetti al regime del demanio dello stato.

    La principale caratteristica dei beni che fanno parte del demanio pubblico è la loro inalienabilità. Essi non possono essere venduti (se non in forza di una specifica nuova legge) e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (Cod. Nav. 30 e seguenti).

    Sui beni demaniali si esercita l’uso pubblico, cioè la collettività ne può godere i benefici direttamente (come nel caso delle spiagge o dei musei) o indirettamente (nel caso dei porti o degli aeroporti).

    Quindi vecchie caserme e vecchie stazioni sono lì pronte per la speculazione (altrui, visto che non c’è rischio che il vantaggio economico vada allo Stato..), anche in deroga agli strumenti urbanistici se al di fuori di zone tutelate…

    Sempre che non siano in Lombardia, lì si puo’ speculare anche in quelle tutelate.

  • Piano Casa: quali le conseguenze a Ferrara?

    immagine-15Ho protocollato in data odierna la prima interpellanza da consigliere dei Verdi in Circoscrizione 1 sugli effetti della deliberazione 91/2009 della Regione Emilia Romagna  recante il titolo “GOVERNO E RIQUALIFICAZIONE SOLIDALE DEL TERRITORIO“. L’interpellanza trae spunto da un intervento pubblico dell’assessore all’Urbanistica della precedente legislatura Raffaele Atti, il quale metteva in luce alcuni aspetti della normativa regionale – che traduce l’accordo Governo-Regioni sul cosiddetto “Piano Casa” di Berlusconi – che  potevano mettere in discussione la possibilità di intervento da parte dei Comuni, in particolare di quelli in fase di rinnovo, e quindi la loro stessa potestà pianificatoria.

    Se da un lato è da apprezzare il tentativo delle regioni di depotenziare gli effetti sul territorio del Piano Casa di Berlusconi, limitandone fortemente gli ambiti di intervento e salvaguardando i centri e gli insediamenti storici, dall’altro lato vi sono aspetti, come la genesi stessa dell’iniziativa o come quelli messi un luce qualche settimana fa da Atti, che non possono non preoccupare. Per questo ho chiesto quali siano stati gli eventuali contatti intervenuti tra l’Amministrazione comunale e la Regione e soprattutto se gli uffici comunali stiano procedendo ad una verifica dell’impatto della nuova normativa nella nostra Circoscrizione ed in tutta la città.

    Se infatti fosse confermato, così come pare  il termine perentorio di 60g per escludere l’applicabilità delle norme sugli interventi di ampliamento e su quelli di demolizione e ricostruzione in relazione a immobili specifici o ambiti del proprio territorio, come recita la legge, “per ragioni di ordine urbanistico, edilizio, paesaggistico, ambientale e culturale ovvero stabilire limiti differenziati in ordine alle possibilità di ampliamento accordate da detti articoli, in relazione alle caratteristiche proprie dei singoli ambiti e del diverso loro grado di saturazione edilizia” sarebbe urgente una ricognizione dell’effettivo campo d’applicazione e l’assunzione di un provvedimento consiliare urgente onde evitare che un provvedimento che potrebbe anche avere positivi effetti sull’efficienza energetica e la qualità del costruito, non si tramuti in un aumento incontrollato e incontrollabile di cubatura nel perimetro urbano.

    Peraltro vi sono anche interessanti opportunità che si potrebbero aprire, a seconda dell’interpretazione della norma, in particolare per quel che riguarda gli edifici già definiti incongrui all’interno del Centro Storico di Ferrara che potrebbero essere finalmente delocalizzati liberando aree e spazi – non più edificabili – all’uso pubblico.

    Da scaricare, in formato pdf:
    Interpellanza del consigliere Fiorentini: piano_casa
    Lettera aperta del precedente assessore all’urbanistica: estensecom-piano-casa-atti-scrive-ad-errani-versione-stampabile
    Deliberazione 91/2009 del consiglio regionale: governo_territorio_2009

  • Piano Casa: quali le conseguenze a Ferrara?

    Ho protocollato in data odierna la prima interpellanza da consigliere dei Verdi in Circoscrizione 1 sugli effetti della deliberazione 91/2009 della Regione Emilia Romagna recante il titolo “GOVERNO E RIQUALIFICAZIONE SOLIDALE DEL TERRITORIO“. L’interpellanza trae spunto da un intervento pubblico dell’assessore all’Urbanistica della precedente legislatura Raffaele Atti, il quale metteva in luce alcuni aspetti della normativa regionale – che traduce l’accordo Governo-Regioni sul cosiddetto “Piano Casa” di Berlusconi – che potevano mettere in discussione la possibilità di intervento da parte dei Comuni, in particolare di quelli in fase di rinnovo, e quindi la loro stessa potestà pianificatoria.

    Se da un lato è da apprezzare il tentativo delle regioni di depotenziare gli effetti sul territorio del Piano Casa di Berlusconi, limitandone fortemente gli ambiti di intervento e salvaguardando i centri e gli insediamenti storici, dall’altro lato vi sono aspetti, come la genesi stessa dell’iniziativa o come quelli messi un luce qualche settimana fa da Atti, che non possono non preoccupare. Per questo ho chiesto quali siano stati gli eventuali contatti intervenuti tra l’Amministrazione comunale e la Regione e soprattutto se gli uffici comunali stiano procedendo ad una verifica dell’impatto della nuova normativa nella nostra Circoscrizione ed in tutta la città.

    Se infatti fosse confermato, così come pare il termine perentorio di 60g per escludere l’applicabilità delle norme sugli interventi di ampliamento e su quelli di demolizione e ricostruzione in relazione a immobili specifici o ambiti del proprio territorio, come recita la legge, “per ragioni di ordine urbanistico, edilizio, paesaggistico, ambientale e culturale ovvero stabilire limiti differenziati in ordine alle possibilità di ampliamento accordate da detti articoli, in relazione alle caratteristiche proprie dei singoli ambiti e del diverso loro grado di saturazione edilizia” sarebbe urgente una ricognizione dell’effettivo campo d’applicazione e l’assunzione di un provvedimento consiliare urgente onde evitare che un provvedimento che potrebbe anche avere positivi effetti sull’efficienza energetica e la qualità del costruito, non si tramuti in un aumento incontrollato e incontrollabile di cubatura nel perimetro urbano.

    Peraltro vi sono anche interessanti opportunità che si potrebbero aprire, a seconda dell’interpretazione della norma, in particolare per quel che riguarda gli edifici già definiti incongrui all’interno del Centro Storico di Ferrara che potrebbero essere finalmente delocalizzati liberando aree e spazi – non più edificabili – all’uso pubblico.

    Da scaricare, in formato pdf:
    Interpellanza del consigliere Fiorentini: piano_casa
    Lettera aperta del precedente assessore all’urbanistica: estensecom-piano-casa-atti-scrive-ad-errani-versione-stampabile
    Deliberazione 91/2009 del consiglio regionale: governo_territorio_2009

  • Contrordine compagni!

    Mi spiegate bene cos’è cambiato del Piano Casa da non far più gridare i Governatori all’ennesimo Sacco del Territorio italiano?

    Cioè che non si potessero espandere le case nei centri storici e nelle aree protette mi pare fosse nell’ABC di una urbanistica un minimo sensata.

    Resta in piedi l’aumento del 20% senza alcun vincolo di efficienza energetica per villette uni e bifamiliari e condomini, addirittura del 35% (fate voi i conti su quanto potrebbe allargarsi solo il Grattacielo…) per demolizioni e ricostruzioni con interventi di bioedilizia.

    Insomma o mi spiegano meglio il “nel rispetto dei programmi urbanistici”, che sul corriere è un po’ più vincolante, oppure mi pare solo una concessione al bon ton istituzionale…

  • Vuole solo aggiungere la lavanderia nella villa in sardegna…

    “Ho sentito cose che non erano nelle idee iniziali e che non saranno nel testo, cioè quello che riguarda gli immobili urbani. Decreto o ddl che sia, si fermerà alle case mono e bifamiliari e alle costruzioni da rifare dopo che queste saranno demolite”

    Avevamo capito male.

    Non vuole fare speculazione edilizia. distruggere i centri storici, cementificare il cementificabile.

    Il nostro sinistro Presidente del Consiglio vuole solo aggiungere la lavanderia nella villa in sardegna.

  • idee originali

    Pensavo di essermelo sognato, ma finalmente l’ho ritrovato…
    Ma c’era bisogno di copiare la vodafone?

  • Il condono anticipato

    immagine-15Sul bonus casa del 20%, una delle cose più pericolose messe in cantiere dal nostro Sinistro Presidente del Consiglio volevo segnalare, oltre ai pezzi odierni di Repubblica e i sondaggi del Corriere, questo articolo apparso ieri su Repubblica, a firma Salvatore Settis che mi pare spieghi in modo semplice e chiaro l’intento berlusconiano.

    Il “decreto del cemento” prevede il silenzio-assenso delle sovrintendenze
    Con il piano-casa a rischio anche gli edifici storici
    SALVATORE SETTIS
    Palazzo Chigi ha diffuso, inviandola ufficialmente a Regioni ed enti locali, un´irresponsabile bozza di decreto legge su sedicenti “Misure urgenti per il rilancio dell´economia attraverso la ripresa delle attività imprenditoriali edili”.
    Nulla ha dunque insegnato al nostro governo la “bolla edilizia” (housing bubble) che ha duramente colpito l´economia americana l´anno scorso. Secondo l´analisi di George Soros nel suo ultimo libro (The New Paradigm for Financial Markets: The Credit Crisis of 2008 and What It Means), le aspettative artificialmente create da un mercato immobiliare gonfiato ad arte hanno prodotto, fra 2001 e 2005, una crescita incontrollata degli investimenti immobiliari, e dunque dei relativi meccanismi di finanziamento (a cominciare dai mutui), sul presupposto che il valore degli immobili possa crescere indefinitamente, appoggiandosi a finanziamenti e prestiti sempre più alti, per immobili sempre più cari. Il solo fatto di concedere sempre più mutui, a condizioni facilitate, fece crescere la domanda immobiliare, anzi per alcuni anni parve convalidare le previsioni più ottimistiche, innescando un perverso inseguimento fra eccesso di domanda (e di debito) ed eccesso di offerta. Bastarono pochi anni, e l´eccesso degli investimenti immobiliari e del relativo indebitamento, oltre che distrarre il risparmio da investimenti più produttivi, finì con l´esser tanto alto da trascinare l´intero sistema nella rovina: la terribile housing bubble con conseguente bancarotta, appunto, di cui abbiamo letto su ogni giornale, evidentemente invano.
    L´Italia, si sa, è il Paese europeo col più basso tasso di natalità. Ma è al tempo stesso il Paese col più alto consumo di territorio: per dare solo un esempio particolarmente raccapricciante, la Liguria ha consumato negli ultimi vent´anni il 45% della propria superficie libera da costruzioni, inondando il paesaggio di cemento (la media italiana è un già pessimo 17%). Basta mettere insieme questi due dati (bassa natalità, altissimo consumo del suolo), che contrastano drasticamente con l´esperienza Usa (un Paese in continua espansione demografica e con ampie aree a bassa densità abitativa), per comprendere come la “bolla immobiliare” nostrana, se gli investimenti non vengono dirottati altrove, sia destinata a esplodere con ben maggior violenza. La bozza ora emanata da Palazzo Chigi parte al contrario dall´ipotesi, quando meno azzardata, che per rilanciare l´economia nulla di meglio vi sia che scatenare la cementificazione del Paese. Allo scopo, s´intende, «di sostenere la domanda generale interna di beni e servizi, nell´attuale fase di congiuntura globale» (art. 1 della bozza). L´arcaica superstizione secondo cui l´unico investimento sicuro è quello del “mattone”, comprensibile come retaggio di una società preindustriale, viene dunque adottata dal governo come linea vincente per salvare l´economia del Paese.
    L´intento di fornire al “partito del cemento” una piena licenza di uccidere non potrebbe esser più chiaro. Si possono ampliare del 20% tutti gli edifici ultimati entro il 2008: la percentuale si calcola sul volume per le unità residenziali, sulla superficie coperta per ogni altra (art. 2, c. 2). Se poi il 20% non basta, niente paura: si può arrivare comodamente al 35% (del volume o della superficie), purché si abbatta integralmente un edificio, ricostruendolo più in grande. Queste ed altre espansioni edilizie saranno fatte, assicura la bozza, «in deroga alle disposizioni legislative, agli strumenti urbanistici vigenti o adottati e ai regolamenti edilizi» (art. 2 c. 1); persino l´altezza della nuova fabbrica può essere modificata, portandola fino a «quattro metri oltre l´altezza massima prevista dagli strumenti urbanistici vigenti». Per tutti questi interventi basta una d.i.a. (dichiarazione inizio attività), senza tanti permessi: il risanamento dell´economia non può aspettare. E se per caso si trattasse di edifici storici? Facile: basta far domanda alla competente Soprintendenza, e se per caso non risponde entro 30 giorni vale il principio del silenzio-assenso (art. 5, c. 3 e 5). Il Codice dei Beni Culturali viene in tal modo non ignorato, ma consapevolmente calpestato. La certezza del diritto cede il passo a una feroce delegificazione.
    Impallidiscono, al confronto, i condoni edilizi ex post, piombati a proteggere e incoraggiare la cementificazione dell´Italia coi governi Craxi (1985) e Berlusconi (1994, 2003, 2004). La foglia di fico della crisi economica non nasconde l´essenziale: questa bozza di legge è un condono ex ante, anzi non solo legittima e depenalizza, ma incoraggia ciò che fino ad oggi è reato, consegnando città e paesaggio dell´intero Paese al partito del cemento, al saccheggio di speculatori senza scrupoli, devastando senza rimedio borghi e campagne, persino lo skyline delle nostre città. Se, come è da sperare, questa bozza null´altro è che un ballon d´essai, sarà molto interessante vedere quali saranno le reazioni delle istituzioni. Che cosa farà il Ministero dei Beni Culturali, che in passato seppe far cadere le proposte di silenzio-assenso presentate dai ministri Baccini (2005) e Nicolais (2006), di fronte a questa norma assai più distruttiva? Che cosa diranno Regioni ed enti locali di fronte a tanta selvaggia deregulation? Qualcuno si ricorderà dell´art. 9 della Costituzione, che impone alla Repubblica, in via prioritaria rispetto ad ogni altro interesse anche economico, «la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione»?