Non c’è proprio paragone…
Basterebbe il ritorno dei Jefferson in TV su FOX Retrò (uno dei canali sorti per “rimpiazzare” il pacchetto di raisat) per quanto mi riguarda a far pendere la bilancia del braccio di ferro RAI-SKY a favore di Murdoch.
Ma non c’è solo questo: da piovono rane il tentativo di Paragone di accaparrarsi il posto di cameriere (in questo caso del self man made in arcore), quasi in simbolica opposizione alla mitica Florence Johnston…
Ma. mi spiace, non c’è proprio paragone…
Si dice che durante la guerra contro l’Iraq, gli ayatollah iraniani mandassero i ragazzini a camminare davanti ai carrarmati: così, se c’era una mina, saltavano loro e il cingolato era salvo.
Bene: ora, in Italia, Berlusconi sta usando la Rai esattamente nello stesso modo. Nella sua guerra contro Murdoch, manda avanti la tivù di Stato facendole perdere ascolti e denaro, al solo scopo di preservare il suo cingolato, cioè Mediaset.
Se volete una prova plastica di questa strategia realizzata a spese nostre – visto che la Rai la manteniamo noi- leggetevi l’articolo su “Libero” di oggi del nuovo vicedirettore di Raiuno, Gianluigi Paragone. Un misto di bugie e di incompetenza che ha dell’incredibile.
Paragone infatti spiega che la Rai fa benissimo a togliere i suoi canali satellitari a Sky perché, se inclusi nel pacchetto Sky, – «regalano opportunità di raccolta pubblicitaria a un concorrente. Come se uno vendesse un giornale fatto per un terzo da articolo scritti dai suoi giornalisti, per un terzo da articoli di Libero e per un terzo da articoli del Corriere, poi lo porta in edicola e presso gli inserzionisti pubblicitari piazzandolo come un suo prodotto. In poche parole quelli di Sky salgono sulla giostra di viale Mazzini e non pagano il biglietto: geni loro o pirla gli altri».
Ora, in questo capoverso Paragone è riuscito a infilare tre balle – o tre grezze – spaventose.
Primo, gli spot pubblicitari che passano sui canali Rai attraverso la piattaforma Sky non vengono pagati a Sky ma alla Rai. E’ stupefacente che Paragone non lo sappia, o finga di non saperlo. La Rai fa il sei per cento di audience sulla piattaforma Sky e quindi incassa circa 140-150 milioni di euro l’anno grazie al passaggio sulla piattaforma Sky.
Secondo, sulla “giostra della Rai” quelli di Sky pagavano il biglietto eccome. Cinquanta milioni di euro l’anno, secondo l’ultima proposta rifiutata da viale Mazzini al solo scopo di fare un favore a Berlusconi. Cinquanta milioni di euro che ora la Rai non incasserà più, peggiorando vistosamente i suoi conti già in rosso.
Terzo, per legge in Italia la Rai è un servizio pubblico (so che fa ridere ma è così). E per legge il servizio pubblico deve raggiungere tutti. Quindi ha l’obbligo di andare via satellite nelle zone non raggiunte dal digitale terrestre. Pur di impoverire il pacchetto Sky, ora quindi la Rai è costretta a pagare di tasca propria una nuova piattaforma satellitare, Tivùsat, fatta in joint venture con una’azienda che in teoria dovrebbe essere una concorrente, cioè Mediaset.
Nella sua sesquipedale ignoranza, tutto l’articolo di Paragone ha in realtà un solo scopo: quello di andare contro Sky, che Berlusconi considera il suo vero concorrente.
In altre parole: il proprietario di Mediaset, entrato a Palazzo Chigi, usa il suo potere politico per nominare alla Rai uomini che facciano la guerra al suo concorrente privato, Sky. E, pur di combattere Murdoch, fa perdere centinaia di milioni alla Rai, che tanto non è mica sua, la pagano i contribuenti.
Poi qualcuno dice che il conflitto d’interessi non esiste.
(tutto ciò tralasciando il fatto che da oggi con il nostro canone paghiamo pingue stipendio, auto blu e chauffeur a uno che, com’è evidente, non sa una mazza di televisione. In compenso capisce tutto di Internet, essendo autore tra l’altro del seguente sublime pensiero: «Fino a che punto è giusto che internet sfugga a un qualsivoglia controllo? Mi dicono: fermare la rete è impossibile. E’ talmente vero che infatti ci riescono solo i cinesi, spesso maestri di censura. Ci sarà una via di mezzo oppure siamo costretti ad assistere al declino di un mezzo potenzialmente stupendo e aperto in una sorta discarica? Internet copre sconcezze e barbarie (un solo esempio: la pedofilia) perché garantisce l’anonimato».
Squadrismo informativo del terzo millennio
Più pericolosi della kriptonite, più micidiali delle toghe rosse, più deleteri di un avviso di garanzia. I solerti amici, sodali e dipendenti che corrono alla difesa di Silvio Berlusconi rischiano di rappresentare un vero pericolo per papi: troppo zelo sconfina nel ridicolo. Così, lo spettacolo di un premier che annaspa, costretto ad andare in tivù a dire “non frequento minorenni”, è se possibile reso ancor più grottesco dalle voci di contorno. Per la fantasia, per l’impegno, per la creatività di questi difensori bisognerà presto inventare targhe, coppe, medaglie, tutte in bronzo, come le facce. Nomination sicura per Carlo Rossella, per esempio, l’irresistibile dandy che pur di difendere il suo principale ridisegna il vocabolario: “Non userei la parola minorenne a vanvera… È un termine vecchio. Semmai, direi che la ragazza di cui si sparla aveva meno di 18 anni…”. Magistrale, inarrivabile, genio puro che ci conduce al concetto di “diversamente maggiorenne”. Pregevole anche Mara Carfagna, la signorina che per pura irrisione della carica papi Silvio ha voluto mettere al ministero delle Pari Opportunità. Eccola prendere carta e penna e descrivere il Parlamento popolato da “personaggi condannati per banda armata e concorso in omicidio, facinorosi violenti, condannati per detenzione e fabbricazione di ordigni esplosivi”. E in questo caravanserraglio di delinquenza ve la volete prendere con “…un leader mai prepotente o arrogante, consapevole di una innata capacità seduttiva che ha usato a fini di ricerca del consenso e non per scopi morbosi”? Una buona domanda, da aggiungere forse alle famose dieci. Ma sapete com’è, una domanda tira l’altra. E già che ci siamo con le domande: si può sapere perché il presidente del Consiglio rincorre a suon di carte bollate certe foto di certe feste che non vuole veder finire sui giornali, sempre con il codazzo di avvocati e dipendenti zelanti di complemento? Che c’è in quelle foto che gli italiani non possono vedere? E quale dei solerti dipendenti ce lo spiegherà, domani, facendo l’ennesimo autogol?
Da Voi Siete Qui, Alessandro Robecchi.
In attesa delle ronde nelle strade ci pensano i giornalisti dipendenti del nostro sinistro Presidente del Consiglio a darci una bella dimostrazione di squadrismo informativo del terzo millennio.
Da Alessandro Robecchi, Piovono Rane, Repubblica, L’espresso e Coq Baroque.