
Referendum costituzionale: l’esercizio del dubbio
Referendum costituzionale: l’esercizio del dubbio
Incontro col Senatore Walter Tocci del Partito Democratico e Daniele Lugli giovedì 6 ottobre alla Sala della Musica.
Si possono avere dubbi sulla riforma costituzionale senza finire nel novero dei “nemici della patria“? Si può discutere nel merito senza lasciarsi andare a beceri populismi e slogan raffazzonati? Si può esprimere un’opinione libera senza vedersi rinfacciare improbabili personaggi che la pensano in maniera simile? E’ questo il tentativo dell’iniziativa che si terrà giovedì 6 ottobre alle ore 21 presso la Sala della Musica del complesso di San Paolo (ingresso da via Boccaleone 19).
L’incontro, promosso dal Gruppo consiliare di Sinistra Italiana del Comune di Ferrara ed introdotto dal consigliere Leonardo Fiorentini, vedrà protagonisti Daniele Lugli e Walter Tocci, senatore del Partito Democratico.
Walter Tocci, Senatore del Partito Democratico, è stato fra i più critici all’interno della maggioranza di governo rispetto all’ipotesi di riforma costituzionale, ed ha promosso una lunga battaglia parlamentare – sempre alla ricerca del dialogo sul merito – volta a modificarne gli aspetti più deletari, giungendo alla fine, inascoltato, ad esprimere voto contrario. E’ anche fra i 10 parlamentari del PD che hanno scelto di lanciare un appello per il NO.
Tocci nella sua carriera politica e istituzionale, oltre ad essere stato l’assessore della “cura del ferro” per la mobilità romana, è stato anche direttore del Centro per la Riforma dello Stato ed è quindi erede di quella storia politica che ha visto in Pietro Ingrao un riferimento. L’Ingrao del dubbio, ma anche il Pietro Ingrao del monocameralismo e del proporzionale.
Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/113079632486735/
Referendum e Riforma: dal sito di Walter Tocci
- Perché voto NO al referendum – Lettera aperta al PD
- Per la riforma costituzionale che non è stata ancora scritta
- Ho fatto un sogno costituzionale
- Sulla riduzione del numero delle Regioni
- Come si discute sulla Costituzione
- I non detti del premierato assoluto
- Era meglio la legge Scelba: perché non va bene l’Italicum.

Privatizzazioni. Fiorentini (Ecologisti) il PD dica se è con i cittadini o con gli interessi privati
Privatizzazioni. Fiorentini (Ecologisti) il PD dica se è con i cittadini o con gli interessi privati
Dichiarazione di Leonardo Fiorentini, co-portavoce di Ecologisti e Reti Civiche – Verdi Europei di Ferrara:
Non mi sorprende la reazione dell’Assessore Marattin, che del resto non ha mai nascosto le sue idee sul tema della privatizzazione dei Servizi Pubblici Locali. Il problema infatti non è l’Assessore al Biliancio. Marattin era a favore delle privatizzazioni prima del referendum, mentre la maggioranza del PD sosteneva il sì al quesito referendario. Dopo il successo del Referendum il Partito Democratico è stato ben presto colpito da amnesia, si è dimenticato le milionate dì voti contro le privatizzazioni dei servizi pubblici locali e non ha certo fatto le barricate contro i provvedimenti del Governo Berlusconi prima e Monti poi.
E’ un po’ paradossale che negli stessi giorni in cui ci si prende la briga di annullare atti conseguenti ad un libero contratto dalle parti (leggi derivato), si metta in dubbio la necessità di fermare un processo, come quello di privatizzazione di alcuni servizi comunali, reso obbligatorio da una disposizione legislativa considerata illegittima dalla Corte Costituzionale.
Ma forse, è qui il vero problema: è tutto il Partito Democratico, e non solo Marattin, che probabilmente rimane d’accordo con quella disposizione legislativa che prevedeva una privatizzazione forzata dei servizi pubblici locali a favore degli interessi privati, in barba al volere dei cittadini e, oggi, anche al pronunciamento della Corte Costituzionale.

Ecologisti all’attacco: fermate le privatizzazioni dei servizi
Ecologisti all’attacco: fermate le privatizzazioni dei servizi
La Nuova Ferrara del 22/07/2012 ed. Nazionale p. 13
Esultano i difensori dell’acqua pubblica per il pronunciamento della Corte costituzionale contro il decreto Berlusconi che ripristinava l’obbligo di privatizzare i servizi pubblici, abolito dalla consultazione referendaria della primavera 2011. In realtà, il decreto teneva fuori dai nuovi obblighi proprio l’acqua, e quindi la discussione si concentra sul resto, dai rifiuti ai parcheggi. «Chiediamo che il Comune di Ferrara blocchi immediatamente ogni ulteriore privatizzazione dei servizi, prevista in ossequio alla normativa oggi abrogata, e apra, subito, una discussione con la città su quale modello di gestione dei servizi pubblici locale sia più utile a Ferrara e ai suoi cittadini» dice ad esempio Leonardo Fiorentini, a nome degli Ecologisti e civici. In effetti il Comune, dopo aver ceduto i servizi verde e disinfestazione e aver “salvato” la proprietà pubblica dell’Amsefc, stava preparando il bando per la cessione del 40% di Ferrara Tua. «Cosa faremo ora? Vediamo, anche se non c’è l’obbligo la cessione potrebbe comunque essere conveniente» ragiona l’assessore Luigi Marattin. Il decreto sulla spending review, tra l’altro, prevede un nuovo obbligo: sciogliere le aziende che fatturano più del 90% con la pubblica amministrazione. Sul fronte Hera sparisce l’obbligo di gara pubblica per il servizio acqua e rifiuti, anche se i soci avevano scelto questa strada rinunciando, un mese fa, a scendere al 40% del capitale. Il vincolo cade anche per la pubblica illuminazione e qui Marattin esprime un rimpianto, «avremmo voluto rivedere il contratto prima della scadenza, nel 2017: cercheremo di rinegoziare». Da vedere cosa succederà in Area, Soelia, Cmv o Cadf. E’ la rivincita per Marzia Marchi, ecologista del Comitato acqua, che ricorda la recente espulsione «con la forza dal Consiglio comunale, per aver chiesto l’applicazione del risultato referendario, attraverso un processo di ripubblicizzazione del servizio idrico integrato e lo stop del percorso di privatizzazione degli altri servizi pubblici locali, oltre all’adeguamento delle tariffe dell’acqua in seguito al secondo requisito referendario». Ora è giusto «autoridursi la bolletta dell’acqua e qui dichiaro che procederò immediatamente».
Scarica l’articolo in formato pdf: lanuovafe_22072012.pdf.

Ci è voluto un anno in più
Incredibile, sembriamo un paese civile. Sembriamo, perchè in un paese civile un governo non riscriverebbe pari pari le stesse norme abrogate due mesi prima dai cittadini pensando di farla franca.
Ci è voluto un anno in più e una sentenza della Corte Costituzionale, ma alla fine il risultato del referendum finalmente entra a far parte del nostro impianto legislativo.
Ora, cari privatizzatori selvaggi, come la mettiamo, volete proprio fare la figura dell’ultimo giapponese sull’isola deserta?
(ASCA) – Roma, 20 lug – La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.138 (”Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”) convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni, che disponeva la possibilita’ di privatizzazione dei servizi pubblici da parte degli enti locali, quindi anche il sistema idrico integrato, su cui pochi mesi prima c’era stato il referendum. Il governo insomma avrebbe cercato di reintrodurre la normativa sulla privatizzazione dei servizi pubblici locali abrogata dal referendum popolare.
A fare ricorso erano state sei regioni: Puglia, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Umbria e Sardegna.
Nella sentenza, la Consulta spiega che ”la disposizione impugnata viola il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volonta’ popolare desumibile dall’art.75 Costituzione, secondo quanto gia’ riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale”.
L’articolo 4, rileva ancora la Consulta, ”e’ stato adottato con d.l. n. 138 del 13 agosto 2011, dopo che, con decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 113 (Abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalita’ di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica), era stata dichiarata l’abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, recante la precedente disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”.
Con la richiamata consultazione referendaria ”detta normativa veniva abrogata e si realizzava, pertanto, l’intento referendario di ‘escludere l’applicazione delle norme contenute nell’art. 23-bis che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoche’ tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)’ (sentenza n. 24 del 2011) e di consentire, conseguentemente, l’applicazione diretta della normativa comunitaria conferente”.
Ma, prosegue la sentenza, ”a distanza di meno di un mese dalla pubblicazione del decreto dichiarativo dell’avvenuta abrogazione dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, il Governo e’ intervenuto nuovamente sulla materia con l’impugnato art. 4, il quale, nonostante sia intitolato ‘Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea’, detta una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che non solo e’ contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house, al di la’ di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, ma e’ anche letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni dell’abrogato art. 23-bis e di molte disposizioni del regolamento attuativo del medesimo art. 23-bis contenuto nel d.P.R. n. 168 del 2010”.
Per queste ragioni la Corte ”dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni”.
Giù le mani dal referendum
Uno dei più grandi scandali democratici dell’ultimo anno è il tentativo di dimenticare o peggio annullare gli effetti del referendum sull’acqua. Dalla manovra estiva di Silvio, che ha riproposto pari pari l’articolato abolito, alle orecchie di mercante di ATO, Aziende ed enti locali sulle tariffe, sino al subdolo tentativo del Governo Monti di far rientrare dalla cantina ciò che gli elettori hanno gettato nel precipuo contenitore della raccolta differenziata costituzionale con il voto referendario.
Per questo ho aderito all’appello del Forum dei Movimenti per l’acqua che sta per lanciare una mobilitazione a difesa del risultato referendario.

“COME ABBIAMO VINTO IL REFERENDUM”, e come lo difenderemo!
Comitato Acqua Pubblica – Ferrara
martedì 6 dicembre alle ore 21.00
Sala della Musica c/o Complesso di San Paolo
Boccaleone 19
Ferrara (Ferrara, Italy)
“COME ABBIAMO VINTO IL REFERENDUM”, e come lo difenderemo!
Maggiori informazioni
presentazione del libro di Marco Bersani,
fondatore di Attac Italia e uno degli animatori più attivi del Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua
“COME ABBIAMO VINTO IL REFERENDUM,
dalla battaglia per l’acqua pubblica alla democrazia dei beni comuni”
ed. Alegre
Sarà l’occasione per confrontarsi con MARCO BERSANI sul post referendum, sulle prospettive e per lanciare a Ferrara la CAMPAGNA DI OBBEDIENZA CIVILE “IL MIO VOTO DEVE ESSERE RISPETTATO”
(via CAP Ferrara)
Il CAP risponde a Marattin
Il Comitato Acqua Pubblica di Ferrara risponde all’Assessore al Bilancio del Comune di Ferrara, dopo il fattaccio brutto dell’espulsione dalla sala di consiglio lunedì scorso.
Caro assessore Marattin,
rispondiamo in maniera puntuale alle domande poste, evitando commenti alla sua inutile considerazione sulle nostre forme di battaglia politica, semplicemente ricordandole che la manifestazione di lunedì 14, in occasione della discussione in Consiglio comunale di un ordine del giorno inerente il risultato referendario sull’acqua, è stata organizzata dagli attivisti del Comitato chiedendo tutte le autorizzazioni del caso, dandone diffusione attraverso la stampa, e adottando le nostre usuali forme di mobilitazione pacifiche e colorate. In analoghe occasioni passate queste modalità non erano state oggetto di pratiche di censura e autoritarismo. Fatta salva la discrezionalità di applicazione del regolamento comunale da parte dell’istituzione, registriamo un cambio di clima che certo non mira al coinvolgimento della popolazione.
Domande giuridiche
1. Lo sapevate che quello che voi chiedete in Comune a Ferrara è stato già dichiarato incostituzionale?
Sui tempi/costi di lavoro della locale Commissione statuto preferiamo non commentare, ci basta ricordare che la petizione popolare di modifica dello statuto comunale promossa dal Comitato, protocollata nel febbraio 2009, è stata discussa dopo due anni e mezzo, a fronte dei 60 giorni previsti sempre da regolamento comunale (il quale evidentemente viene applicato con solerzia differenziata).
La citata sentenza della Corte Costituzionale (187/2011) è basata sulla precedente (325/2010). Entrambe si fondano sul fatto che, avendo già lo Stato inserito il servizio idrico tra quelli di rilevanza economica, una Regione non può esprimersi in senso contrario. Ma la legge dello Stato citata da entrambe le sentenze è l’art.23 bis, abrogato con i referendum di giugno (primo quesito). Un eventuale ricorso, effettuato oggi, non potrebbe avere lo stesso esito, perché il referendum ha, de facto, superato le radici di quella sentenza. In aggiunta, informiamo l’assessore che diverse centinaia di comuni in giro per l’Italia hanno da tempo approvato analoghe modifiche al proprio statuto. Infatti dopo l’abrogazione referendaria con il primo quesito, la rilevanza economica del servizio deve essere qualificata caso per caso dagli enti locali affidanti (i Comuni!), come da parere della Sezione regionale della Corte dei Conti della Lombardia (sentenza 195/2009).
2. Dato che il testo unico degli enti locali rimane in vigore, e considerato che esso rappresenta la stella polare per l’azione amministrativa, cosa pensate al riguardo?
Il quesito sull’abolizione della remunerazione del capitale (secondo quesito), sul quale si sta per avviare la campagna nazionale di “obbedienza civile”, è stato dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale con specifica sentenza (26/2011), che al proposito è talmente chiara che non necessita di interpretazione: mediante l’eliminazione del riferimento al criterio della «adeguatezza della remunerazione del capitale investito», si persegue, chiaramente, la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua. […] Infine, la normativa residua, immediatamente applicabile (sentenza n. 32 del 1993), data proprio dall’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, non presenta elementi di contraddittorietà, persistendo la nozione di tariffa come corrispettivo, determinata in modo tale da assicurare «la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio“chi inquina paga”».
Infine, va ricordato che il referendum può abrogare esplicitamente solo leggi ordinarie o atti aventi valore di legge ma questo non significa che atti derivanti (direttamente o indirettamente) o collegabili a norme abrogate non ne risentano. E’ il caso del TUEL (Testo unico degli enti locali) che si vede recise le radici per ciò che attiene il servizio idrico e sarà invece applicabile per gli altri servizi pubblici.
Domande economiche
3. Perché volete che a gestire l’acqua siano aziende pubbliche, per poi causarne nei fatti il fallimento?
La supponenza su quello che noi “indecorosi” attivisti del Comitato acqua vorremmo deborda al punto da metterci in bocca idee che non abbiamo mai espresso, così come del resto l’assessore si arroga il diritto di salire in cattedra anche su quello che vogliono gli italiani tutti. Detto questo, è la stessa Federutilty che, nel documento del maggio 2010 “ Investimenti nel settore idrico: superamento del gap infrastrutturale e contributo per uscire dalla crisi”, è costretta a riconoscere che “l’ingente fabbisogno finanziario di cui necessita il sistema non può far carico unicamente alla leva tariffaria in quanto incapace di generare in tempi brevi le risorse per fare fronte al debito”. Per avviare un ciclo di investimenti significativo dal punto di vista delle risorse impiegate e certo nei suoi risultati, occorre progettare un nuovo sistema di finanziamento, che superi il meccanismo del full cost recovery e che sia invece basato sul ruolo fondamentale, oltre che della leva tariffaria, della finanza pubblica e della fiscalità generale. L’alternativa a quest’approccio sarebbe quella di incrementi tariffari del tutto insostenibili, ben al di là di quanto previsto dallo stesso metodo normalizzato del 1996 e da quelli già significativi realizzati con la scelta delle privatizzazioni di questi anni. Occorre dunque mettere in campo una nuova ipotesi strategica se effettivamente si vogliono realizzare gli investimenti necessari all’ammodernamento del servizio idrico e, soprattutto, per affrontare in modo strutturale il tema della riduzione delle perdite di rete. Solo l’intervento pubblico è in grado di cimentarsi con tale questione. Per questo il Forum nazionale dell’acqua propone un Piano straordinario di investimenti nel settore idrico che, oltre ad utilizzare pienamente le risorse già disponibili dall’iniziativa pubblica, a partire dai finanziamenti provenienti dalla UE, non può che passare sia dalla ridefinizione del meccanismo tariffario che dalla messa a disposizione di nuove risorse pubbliche. E che, dunque, non può essere concepito se non dentro ad un quadro di nuova gestione pubblica del servizio, se non altro per non incorrere nel sistema sanzionatorio dell’UE.
4. Lo sapevate che l’Emilia Romagna non adotta il metodo del 7%?
Lo sa, caro assessore, che i soggetti gestori dell’Emilia Romagna applicano un sistema tariffario elaborato su base regionale che è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale?
Domande politiche
5. Invece di favoleggiare di un mondo che non esiste (e che in ultima analisi danneggerebbe proprio il settore pubblico che voi volete proteggere), non ritenete prioritario chiedere che venga al più presto costituita un’Autorità di Regolamentazione in grado di fissare le tariffe sulla base di un metodo nuovo che garantisca agli utenti qualità e investimenti, lasciando gestire il servizio idrico all’operatore che si dimostri migliore (pubblico, privato o misto che sia)?
Proprio gli anni di gestione privata hanno mostrato, in Italia e nel resto del mondo che non esiste un operatore privato migliore da scegliere: primo, perché di fatto non si può scegliere e secondo perché in materia di servizi pubblici non è assecondabile la logica del profitto. Il servizio va offerto perché serve e non perché rende. Questa è, come lei giustamente titola, una questione politica. Rifuggiamo da una Agenzia nazionale che dovrebbe fissare norme e tariffe ad operatori privati inseriti in contesti diversi, perché sappiamo che sarebbe puro fumo negli occhi.
Sulle Autorità di regolamentazione in generale si rimanda alla puntata di Report del 14 novembre 2010 (intitolata “Il debole dell’autorità”); mentre per l’autorità dell’acqua in particolare, si ricordano le recenti intercettazioni telefoniche tra Valter Lavitola e il tecnico candidato a dirigere la neonata Agenzia delle Acque, Roberto Guercio (pubblicate sul FQ del 7 settembre 2011). Se c’è una chimera è proprio quella che restringendo il potere in pochissime mani (coloro che occupano le poltrone delle Autorità “indipendenti”) si faccia il bene dei cittadini. E non si tratta nemmeno di un problema solo italiano: se si va a vedere ad esempio l’autorità inglese di controllo delle risorse idriche, si capisce che non se la passa molto meglio in quanto a capacità di controllo e giudizio indipendente (http://www.psiru.org/publications?type=report). Tutto all’opposto, una gestione attraverso enti di diritto pubblico, con la partecipazione di utenti e lavoratori del servizio idrico, permetterà l’effettiva trasparenza amministrativa, un servizio equo quanto efficiente, che non genera profitti per pochi ma benefici per la collettività e per l’ecosistema.
6. In un momento così drammatico per la finanza pubblica del Paese, ritenete responsabile tale atteggiamento?
Innanzitutto i cittadini hanno già espresso il proprio parere, dicendo chiaramente che tipo di servizio vogliono, cioè pubblico, sempre che la democrazia non sia diventata un’opinione in questo Paese! A farsi interprete concreto di quel risultato ad oggi è il solo Comune di Napoli (giunta De Magistris), che il 26 ottobre scorso con una delibera ha ripubblicizzato l’azienda dell’acqua (da Arin Spa a Acqua Bene Comune Napoli) e introdotto uno statuto che prevede la partecipazione della cittadinanza attiva agli organi di governo dell’azienda speciale a carattere totalmente pubblico.
In termini tecnici, l’accademia dei professori, che tenta di giustificare lacrime e sangue sui diritti fondamentali dei cittadini, non incanta più. Se vogliamo stare ai dati, in termini trattabili sulla stampa, dalla relazione CoViRI 2007 con riferimento ad una studio condotto dall’OECD nel 2006 e da altri sviluppati negli USA e in Gran Bretagna, risulta che i valori di investimento previsto estrapolati per l’Italia (33 euro/ab/anno) sono un po’ meno della metà di quelli previsti per l’Inghilterra e il Galles (80 euro/ab/anno) e addirittura poco più di un terzo del massimo previsto per gli USA ( 72-114 euro/ab/anno). Lo stesso studio mette in relazione il fabbisogno di investimenti in termini di % sul PIL, distinguendo i Paesi in fasce di reddito. Ebbene, il valore degli investimenti medi annui previsti per il servizio idrico nel nostro Paese (2 mld euro) rispetto al PIL è pari allo 0,15%, che è meno della metà del valore minimo indicato per i Paesi ad alto reddito (0,35- 1,20%). Se poi vogliamo stare agli investimenti realizzati, da una elaborazione del CoViRi su dati di fonte ISTAT, riportata da uno studio del Dipartimento per le politiche di sviluppo del Ministero dello Sviluppo Economico si ricava che gli investimenti nel settore idrico sono caduti di oltre il 70% nel corso del decennio terminante al 2000, flettendo da circa 2 mld di euro annui dell’inizio degli anni ’90 a circa 600 milioni annui alla fine dello stesso decennio. E’ questo il periodo in cui si attua la “grande trasformazione” dalle gestioni delle Aziende municipalizzate al nuovo assetto fondato sulla gestione da parte delle società di capitali, periodo in cui tramonta il ruolo della finanza e dell’intervento pubblico al quale, evidentemente, non supplisce il ricorso al finanziamento tramite le tariffe e al ruolo del mercato e dei soggetti privati.
Riteniamo pertanto altamente responsabile che in un momento drammatico come questo le scelte del governo vadano in direzione della garanzia di un bene fondamentale come quello dell’acqua, attuando una manovra correttiva per esempio sul settore della difesa che invece pare non sentire aria di crisi, con investimenti in continuo aumento, che anche per quest’anno superano i 20 miliardi di euro. Per ciò che riguarda il piano di investimento per il servizio idrico stimato dal CoViRi, si parla di una cifra di 60 miliardi di euro, da spalmare su circa trent’anni.
Da ultimo, siamo noi a volere rivolgerle una domanda che riteniamo dirimente.
Lo sa che con le sue argomentazioni lei sostiene posizioni che portano a non rispettare il pronunciamento di 27 milioni di cittadini, la maggioranza assoluta dei cittadini italiani che, le piaccia o meno, il 12 e 13 giugno scorsi si sono pronunciati per eliminare la remunerazione del capitale investito dalle tariffe del servizio idrico? E che contraddice le stesse conclusioni della Corte Costituzionale? Francamente, non ci sembra una grande concezione della democrazia quella di contraddire la volontà della maggioranza dei cittadini italiani e il massimo organo di garanzia del nostro ordinamento.
Tante altre cose ci sarebbero da dire.
Tuttavia, lunedì 21 alle 15.30 saremo di nuovo in Consiglio comunale insieme a tutti i cittadini che a noi vorranno unirsi per ribadire il nostro SI’.
Comitato acqua pubblica di Ferrara
Comitato referendario 2 SI per l’acqua bene comune di Ferrara
Per l’acqua pubblica, a Roma il 26 novembre
Il Comitato Acqua Pubblica di Ferrara organizza il pullman per la manifestazione di Roma del 26 novembre per difendere il risultato referendario, chiedere l’approvazione della legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico e lanciare la campagna di “Obbedienza civile”: se il referendum continuerà ad essere ignorato, verrà praticata dal basso l’abolizione dei profitti garantiti dalle bollette, obbedendo così al mandato della maggioranza assoluta dei cittadini italiani.
La partenza da Ferrara è prevista il 26/11 dall’Ex-Mof alle ore 7.00 (contributo di 20€ a persona).
Per informazioni e prenotazioni, chiamate entro DOMENICA 20 NOVEMBRE Marcella 327-0170698 e Laura 347-4448538
(via verdiferrara)

IL 26 NOVEMBRE IN PIAZZA PER L’ACQUA, I BENI COMUNI E LA DEMOCRAZIA
Il Comitato Acqua Pubblica di Ferrara organizza il pullman per la manifestazione di Roma del 26 novembre,
con partenza dall’Ex-Mof alle ore 7.00 (contributo di 20€ a persona).
Abbiamo bisogno di tutti per costruire la partecipazione da Ferrara!
Per informazioni e prenotazioni, chiamate entro DOMENICA 20 NOVEMBRE Marcella 327-0170698 e Laura 347-4448538
Il 12 e 13 giugno scorsi la maggioranza assoluta del popolo italiano ha votato per l’uscita dell’acqua dalle logiche di mercato, per la sua affermazione come bene comune e diritto umano universale e per una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico.
Un voto netto e chiaro, con il quale 27 milioni di donne e uomini – 180 mila nella sola provincia di Ferrara – per la prima volta dopo decenni, hanno ripreso fiducia nella partecipazione attiva alla vita politica del nostro paese e hanno indicato un’inversione di rotta rispetto all’idea del mercato come unico regolatore sociale.
Ad oggi nulla di quanto deciso ha trovato alcuna attuazione: la legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua continua a giacere nei cassetti delle commissioni parlamentari, gli enti locali – ad eccezione del Comune di Napoli – proseguono la gestione dei servizi idrici attraverso S.p.A. e nessun gestore ha tolto i profitti dalla tariffa.
Non solo. Con l’alibi della crisi e dei diktat della Banca Centrale Europea, il Governo ha rilanciato, attraverso l’art. 4 della manovra estiva, una nuova stagione di privatizzazioni dei servizi pubblici locali, addirittura riproponendo il famigerato ”Decreto Ronchi” abrogato dal referendum. Governo e Confindustria, poteri finanziari e lobby territoriali, resisi conto che il popolo ha votato contro di loro, hanno semplicemente deciso di abolire il popolo, producendo una nuova e gigantesca espropriazione di democrazia. L’anticostituzionale Maxiemendamento presentato dal morente Governo Berlusconi, come il programma annunciato dal neo Presidente Monti, non fanno altro che confermare questa tendenza.
La verità è che le politiche di austerity colpiranno i cittadini e le cittadine italiane, lasciando tranquilli i poteri forti che da anni ci stanno proponendo la ricetta delle privatizzazioni, della messa a profitto dei beni comuni e delle nostre stesse vite. Riteniamo inaccettabili questi provvedimenti e sappiamo che vogliono ignorare la richiesta della popolazione italiana di cambiare rotta ed uscire da questo sistema.
IL RISULTATO REFERENDARIO DEVE ESSERE RISPETTATO
E TROVARE IMMEDIATA APPLICAZIONE
Per questo il 26 novembre, con la Manifestazione nazionale a Roma, saremo di nuovo piazza per difendere il risultato referendario, chiedere l’approvazione della nostra legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico e lanciare la campagna di “Obbedienza civile”: se il referendum continuerà ad essere ignorato, verrà praticata dal basso l’abolizione dei profitti garantiti dalle bollette, obbedendo così al mandato della maggioranza assoluta dei cittadini italiani.
Siamo convinti che l’acqua sia un paradigma e che il popolo italiano questo lo sappia e che, per la prima volta dopo anni, si sia espresso chiaramente. Chi fa finta di non vederlo o di dimenticarlo non fa altro che mettersi nel campo di chi impoverisce, privatizza e precarizza la nostra società.
Noi abbiamo detto che bisogna cambiare. Con noi l’hanno detto 27 milioni di italiani. Indietro non si torna.

«Che battiquorum!» la vittoria del sì fa ripartire la festa
«Che battiquorum!»
Ritrovo spontaneo sul Listone dei comitati, i partiti si accodano: “un altro segnale che la gente ha voglia di cambiare”
QN – Il Resto del Carlino del 14/06/2011 , articolo di STEFANO LOLLI ed. Ferrara p. 2
ACQUA pubblica? Non scherziamo; per il brindisi, saltano i tappi di spumante metodo classico, e solo dopo qualche minuto al Comitato Referendario c’è chi si attacca al rubinetto per frenare il rischio d’ebbrezza. Sono le 15,40 quando il sito del Ministero dell’Interno riporta l’affluenza della Calabria e della Sicilia, ed in via Resistenza (ritrovo dei militanti ferraresi) esplode l’entusiasmo: «E’ fatta! E’ fatta!», gridano i referendari sciamando nel cortiletto, bottiglia alla mano. Squillano i telefonini, scatta la convocazione per la festa in piazza – che si è svolta a partire dalle 18.30 -, l’energia sembra contagiare tutti i presenti: «Ma è roba sana, non nucleare…», ammonisce un militante. Ricordando subito la fatica degli ultimi due anni, dalla raccolta delle firme a sostegno delle iniziative per l’acqua pubblica, trasformate poi nell’ampolla del referendum. Nel Comitato, si sono distinti dall’inizio gli esponenti di Legambiente, Sinistra e Libertà, Rifondazione e Pdci, la Cgil ma anche varie sigle pacifiste, i ‘grillini’: il brindisi ideale è «al 57% di italiani che ha evidenziato come sia possibile un altro modello di sviluppo – affermano i referendari -, incentrato sull’energia pulita e le fonti rinnovabili, sulla salvaguardia di beni comuni come l’acqua e la tutela dei servizi pubblici, oltre che sulla difesa della giustizia e dell’etica politica».
E SONO proprio loro, i referendari con bandiera e maglietta blu, i primi a salire sul palco di piazza Trento e Trieste: Marzia Marchi e Davide Scaglianti, promotori di numerose iniziative svolte in questi ultimi due anni (tra le più curiose il… presidio delle fontanelle pubbliche), concluse con lo striscione stile Greenpeace lungo dieci metri, esposto pochi giorni fa dalle torri del Castello. «Oggi è un giorno di grande festa», affermano. Scaglianti aggiunge, sommessamente, «che sarebbe anche il momento di ricordare al Comune la petizione, ferma ormai da due anni, in cui si chiede il riconoscimento dell’acqua bene pubblico nello Statuto municipale; ma in questo momento non facciamo troppa polemica…». Si smorzano i toni, c’è addirittura chi scherza (Elisa Corridoni del Prc e Leonardo Fiorentini dei Verdi fingono di picchiare l’assessore Luigi Marattin, colpevole di non essere allineato sui quattro Sì a prescindere).
TRA CHI esulta apertamente, c’è invece il segretario provinciale dell’Italia dei Valori Massimiliano Fiorillo; si presenta in piazza ‘descamisado’, con un adesivo sul petto. Si dice «doppiamente contento, perchè questo referendum lo volevamo vincere e perché l’abbiamo promosso». I quesiti lanciati dai ‘dipietristi’ sono stati quelli sul nucleare e sul legittimo impedimento: «E’ stata una battaglia avviata in perfetta solitudine, e che ci ha visto impegnati allo stremo per raccogliere le firme. Ma già quel primo traguardo è stato esaltante – dice Fiorillo -, oggi è un giorno storico. Siamo talmente felici da lasciare che persino il… Pdl provi a saltare sul carro dei vincitori!». Infine un buffetto lieve al Pd: «Siamo stati alleati nella battaglia finale per il quorum, ma all’inizio gli amici democratici avrebbero potuto risparmiarci tanta fatica nel raccogliere le firme; comunque, meglio tardi che mai», saluta Fiorillo.
IN PIAZZA anche i dirigenti del Partito Democratico, con il segretario Paolo Calvano che parla «di un’altra svolta storica, dopo quella delle amministrative: è il segnale che c’è una maggioranza forte di italiani che basa sull’universalità dei beni pubblici, sulla tutela dell’ambiente e sulla giustizia le fondamenta dell’azione civile e politica. Ora ai partiti spetta sostanziare questo programma». Ma c’è chi più semplicisticamente vede nell’esito del referendum una sorta di spallata al governo: Calvano, e così gli altri più smagati esponenti della sinistra (tra cui l’ex sindaco Roberto Soffritti, dirigente nazionale del Pdci), dice però di non illudersi. «Attendiamo sviluppi ma ci sarà ancora da patire: è un altro… battiquorum!».
Il vero spot Rai sui referendum
Se vorrete che l’acqua rimanga pubblica, fate pure, ma noi ci sputeremo dentro!
http://youtu.be/z_LAjzZEgoY
Corrado Guzzanti torna in tv su Sky domani sera con «Aniene»…
Vorrete mica u pilu radioattivo?
TAXIQUORUM il 12-13 giugno chi porti a votare?
12 e 13 giugno 2011, vai a votare in TaxiQuorum.
I volontari dei comitati referendari si mettono a disposizione degli elettori che vogliono votare ai referendum del 12 e 13 giugno, ma si trovano in difficoltà a raggiungere i seggi, offrendo loro un passaggio in TaxiQuorum.
Per tutta la durata delle operazioni di voto (domenica dalle 8 alle 22, lunedì dalle 7 alle 15), sarà attivo nel territorio comunale di Ferrara il servizio gratuito di navetta casa-seggio-casa, basterà chiamare con qualche ora di anticipo e prenotare la propria “corsa al voto”.
Per chi vota domenica si prenota al 3474448538, per chi vota lunedì invece si prenota al 3471340481. Gli stessi numeri sono validi per offrirsi come volontari quorumtaxisti.
La libertà è mobilità e partecipazione!
Per i Comitati Referendari di Ferrara
Marcella Ravaglia e Maria Teresa PistocchiFerrara, 10 giugno 2011
Prima al voto, poi al Mare con lo sconto!
AL VOTO & AL MARE
PER QUEST’ANNO VAI A VOTARE,
POI A GODERTI SPIAGGIA E MARE!
Chi l’ha detto che o si va al mare o si vota?
Ai lidi di Comacchio si fanno entrambe le cose!
Tantissimi stabilimenti balneari (quasi tutti!) della costa dei Lidi Nazioni, Pomposa e Scacchi, sosterranno la partecipazione al voto dei prossimi Referendum attraverso una meritevole ed originale iniziativa:
Domenica 12 e Lunedì 13 Giugno a chi si presenterà negli stabilimenti balneari aderenti con la tessera elettorale timbrata dopo aver votato ai seggi per i Referendum, verrà concesso uno sconto “referendario” del 10% sui servizi di spiaggia giornalieri (ombrelloni, lettini, sdraio, etc..)
Comunque la si pensi e quale che sia il voto, ASBalneari è a favore di un turismo rispettoso dell’ambiente ed una giusta integrazione tra natura e attività umana.
I comitati referendari sostengono che spiagge e coste libere dal pericolo del Nucleare e dove ancora si può bere Acqua Pubblica sono un grande valore per l’economia del turismo, per i cittadini che qui vivono e per quelli che passano le loro vacanze e il tempo libero ai Lidi di Comacchio e nel Delta del Po.
Hanno aderito all’iniziativa per Lido Nazioni: Galattico, Oasis, Chalet del Mare, Cristallo, Prestige, Orsa Minore, Cris, Rotonda, Trinidad, Albatros, Mexico, Giada, Capo Hoorn, Aloha, Tahiti. A Lido Pomposa: Tre moschettieri, Bagno Pomposa, Roccas, Serena, Hotel Lido, Marisa, Nettuno, Patrizia, Pic-Nic, Playa Dorada. A Lido Scacchi: Sagano, Delfinus, Clodia, Eden, Alfiere, Miami, Pinguino, Capriccio, Vascello, Camping Ancora.
Tutti gli stabilimenti aderenti sono riconoscibili dal simpatico logo del “Tutti al voto! – Battiquorum” esposto nei locali.
Buon voto e buona spiaggia a tutti! (e non dimenticate la tessera).
Miti nucleari
Roberto Codazzi sta smontando con attenzione certosina uno a uno i miti nuclearisti con cui ci stanno ammorbando le orecchie da qualche mese.
Nelle puntate precedenti ilKuda si è occupato di:
- L’Italia importa il 20% di energia prodotta da centrali nucleari dalla Francia!
FALSO. L’energia che l’Italia compra dall’estero è sì il 20% ma quella prodotta da centrali nucleari è solo l’1,5%. Approfondisci qui. - L’Italia è circondata da centrali nucleari di altri paesi, in caso di incidente avremmo gli stassi danni, ma non abbiamo i benefici!
FALSO. Le centrali ai nostri confini sono 11 e distano tutte più di 100 km. Un incidente in quelle centrali avrebbe ripercussioni molto meno gravi in Italia che nei paesi di istallazione. Approfondisci qui. - L’uranio ci rende indipendenti da paesi instabili!
FALSO. Le riserve maggiori sono in paesi come il Kazakhistan, la Namibia e il Niger. Approfondisci qui. - Tutti costruiscono centrali nucleari tranne l’Italia.
FALSO. Il numero di reattori attivi nel mondo è stabile dal 1987. Approfondisci qui.
Oggi invece si occupa del quinto mito, quello che riguarda le tasche: senza energia nucleare in Italia si paga la corrente più cara d’Europa.
Leggete e diffondete, fa bene alla salute e al quorum!
Vota sì! Ce lo chiede l’Europa!
(da Monica Frassoni)

In concerto per 4 Sì
La campagna referendaria volge al termine e si è fatta molto calda. Sono stati sconfitti i tentativi del governo di truffare i cittadini con finte leggi per evitare i referendum (la Cassazione e la Corte Costituzionale hanno provveduto a smascherare e bloccare la truffa). Se vogliamo un paese senza nucleare, con l’acqua pubblica e una giustizia uguale per tutti, ai referendum del 12 e 13 giugno dovremo raggiungere il quorum del 50% dell’intero corpo elettorale (non dei votanti!) un obbiettivo non facile ma raggiungibile per la prima volta dopo vent’anni grazie alla sensibilità cresciuta tra la gente sui temi fondamentali in gioco.
INSOMMA: portate a votare più gente che potete!
E per festeggiare l’ultimo giorno di una campagna referendaria costruita dal basso da tanti movimenti e associazioni e cittadini,
TROVIAMOCI TUTTI IN P.ZZA TRENTO E TRIESTE IL 10 GIUGNO A PARTIRE DALLE ORE 19
E FESTEGGIAMO INSIEME la fine della campagna referendaria e l’inizio, forse, di un sogno
Si suona si canta si balla si beve fino a mezzanotte insieme a:
DETESTO IL PRETESTO
STATE OF GRACE
4TDICE
THE BLUESMEN ACOUSTIC
BANDA LOSKA
PESTAFANGO
Comitati per il Sì ai Referendum su ACQUA PUBBLICA, NUCLEARE, LEGITTIMO IMPEDIMENTO di Ferrara.
In concerto per 4 Sì
La campagna referendaria volge al termine e si è fatta molto calda. Sono stati sconfitti i tentativi del governo di truffare i cittadini con finte leggi per evitare i referendum (la Cassazione e la Corte Costituzionale hanno provveduto a smascherare e bloccare la truffa). Se vogliamo un paese senza nucleare, con l’acqua pubblica e una giustizia uguale per tutti, ai referendum del 12 e 13 giugno dovremo raggiungere il quorum del 50% dell’intero corpo elettorale (non dei votanti!) un obbiettivo non facile ma raggiungibile per la prima volta dopo vent’anni grazie alla sensibilità cresciuta tra la gente sui temi fondamentali in gioco.
INSOMMA: portate a votare più gente che potete!
E per festeggiare l’ultimo giorno di una campagna referendaria costruita dal basso da tanti movimenti e associazioni e cittadini,
TROVIAMOCI TUTTI IN P.ZZA TRENTO E TRIESTE IL 10 GIUGNO A PARTIRE DALLE ORE 19
E FESTEGGIAMO INSIEME la fine della campagna referendaria e l’inizio, forse, di un sogno
Si suona si canta si balla si beve fino a mezzanotte insieme a:
DETESTO IL PRETESTO
STATE OF GRACE
4TDICE
THE BLUESMEN ACOUSTIC
BANDA LOSKA
PESTAFANGO
Comitati per il Sì ai Referendum su ACQUA PUBBLICA, NUCLEARE, LEGITTIMO IMPEDIMENTO di Ferrara.
Opportunismi e dimenticanze
Succede a Ferrara che il Vate dei grillini locale, pur di uscire sui giornali, non trovi di meglio da fare che accusare il PD (e i suoi alleati) di opportunismo per il sostengo ai referendum sull’acqua. Ora a parte che i referendum dovremmo esser impegnati a vincerli tutti insieme, anche con chi ci ha ripensato (Lega e PDL compresi come ho scritto meglio qui), mi chiedo come nessuno abbia ancora fatto notare al nostro che oltre a non aver attaccato un solo manifesto a sostegno dei referendum (si saranno dimenticati di far domanda), e senza che si sia visto un solo volantino in città, sul suo sito internet non vi sia alcun accenno ai referendum del 12 e 13 giugno se non un’iniziativa di un mese fa a Lagosanto e forse (vado a memoria) un’iniziativa a Codigoro di campagna elettorale (opportunismo, dove sei?) di oltre due mesi fa.
Un bannerino in fondo costa poco, coraggio: il webmaster li puo’ trovare qui e qui.
Due Sì per l’acqua pubblica
Marcello ribadisce sul blog le sue posizioni sul referendum sull’Acqua Pubblica. E’ per il no, come del resto lo è un bel pezzo della dirigenza del PD, sul solco già tracciato in passato dallo stesso Bersani e dalla Lanzillotta. Marcello a sostegno delle sue convinzioni, ci fornisce una lettura della questione prettamente economica. Dice, in soldoni: il privato è più efficiente, e puo’ metter meglio mano al disastro dei nostri acquedotti, tornare al pubblico è peggio che tornare ai soviet (mi consentirete l’estremizzazione). Ora non voglio dilungarmi su questa lettura “economicista”, anche se è assolutamente discutibile: dalla “presunta” maggiore efficienza del privato (Cirio e Parmalat ci dicono qualcosa), al mito della concorrenza quando parliamo di un monopolio naturale, sino al problema degli investimenti che il pubblico non potrebbe fare (ma che, tutti dimenticano, già oggi sono interamente recuperati in bolletta) e degli acquedotti colabrodo per colpa della gestione pubblica (guarda caso quello messo peggio è Roma, gestito da una spa quotata in borsa e a forte capitalizzazione privata, mentre la percentuale di realizzazione degli investimenti non supera il 50/60% delle previsioni…).
Ma è su un altro piano che questa partita va giocata. Un piano che per fortuna è stato più facile fra comprendere ai cittadini che a buona parte del centrosinistra italiano (Di Pietro incluso): l’acqua è un bene fondamentale per la vita. Senz’acqua non si vive, se non poche ore. E’ questo il punto: l’acqua è un bene comune assoluto, un diritto intrinsecamente connesso alla vita di ogni cittadino. Per questo non deve essere consentito privatizzarne anche solo la gestione, e consentito di trarne profitto. Anche senza cibo non si vive: ma mentre se il negoziante sotto casa non ci da mangiare possiamo sempre rivolgerci ad un altro (questa sì che si chiama concorrenza) o al peggio coltivarci noi il nostro orto, se il gestore dell’acqua non ci fornisce il servizio (perchè troppo caro o perchè già non paghiamo le bollette) non possiamo rivolgerci a nessun concorrente, e neanche possiamo realisticamente scavarci un pozzo o metterci a bere l’acqua del fiume di fianco a casa (nel nostro caso il Po, fate voi…).
Ed è vero quello che dicono in molti: questi referendum propongono un altro modello società, che sa riconoscere quali sono i limiti del mercato – pensate un po’ – e che cerca di superare il modello della globalizzazione liberista assoluta per costruire una società in cui i beni comuni siano condivisi e pubblici, gestiti in modo trasparente e partecipato. Nessuno si sogna di ricostruire i vecchi carozzoni del passato, ma perchè dopo aver sperimentato per 20 anni il fallimento del privato (qualcuno mi deve ancora spiegare cos’è cambiato in meglio con ENEL e Telecom privatizzate), non possiamo sperimentare un nuovo modello di azienda speciale municipale (ma ce ne erano già tante che funzionavano bene), con amministratore unico, che garantisce che i primi 50 litri di consumo pro capite al giorno debbano essere garantiti a tutti, che risponde ai cittadini tramite il consiglio comunale, e che gestisce in modo efficiente e condiviso il bene comune investendo gli utili nelle reti pubbliche?