• Metamorfosi penitenziarie

    cop-metamorfosiLa Società della Ragione ONLUS
    Arci Ferrara
    in collaborazione con IBS Bookshop Ferrara
    con il Patrocinio del Comune di Ferrara

    Presentazione del libro di Stefano Anastasia

    Metamorfosi penitenziarie
    Carcere, pena e mutamento sociale

    Dialoga con l’autore
    Andrea Pugiotto
    ordinario di Diritto Costituzionale dell’Università di Ferrara

    è previsto il saluto di Massimo Maisto Vice Sindaco di Ferrara

    Ferrara
    Giovedì 4 aprile
    ore 17:30
    Libreria IBS
    Palazzo San Crispino
    (Piazza Trento e Trieste)

    La fine del «secolo breve» ha portato con sé la riscoperta del carcere e della privazione della libertà, di cui il sovraffollamento penitenziario italiano è solo un episodio. Questo è stato l’esito di un trasferimento di risorse economiche e simboliche dal welfare state a quello che è stato chiamato il prisonfare.

    Determinante, in questo mutamento, il modo in cui l’ideologia neo-liberista ha accompagnato il processo di globalizzazione, in nome di una flessibilità che si è risolta in precarietà sociale ed esistenziale, alimentando così una domanda di controllo penale della marginalità sociale. Al termine di un lungo ciclo durato più di trent’anni, le democrazie occidentali sono chiamate a fare i conti – anche in questo campo – con le loro promesse non mantenute, a partire dalla garanzia dei diritti fondamentali delle persone private della libertà.

    La mass incarceration è finita sotto processo e i nostri regimi politici sono di fronte a un bivio: continuare a perseguire politiche di sicurezza fondate sulla privazione della libertà o invertire la rotta e riscoprire politiche di sicurezza sociale compatibili con il rispetto dei diritti fondamentali di tutti i loro abitanti?

    Stefano Anastasia, Presidente onorario di Antigone, è ricercatore di filosofia e sociologia del diritto nell’Università di Perugia. Ha pubblicato Patrie galere. Viaggio nell’Italia dietro le sbarre (con P. Gonnella, Carocci 2005) e L’appello ai diritti. Diritti e ordinamenti nella modernità e dopo (Giappichelli 2008). Recentemente ha curato Contro l’ergastolo. Il carcere a vita, la rieducazione, la dignità della persona (con F. Corleone, Ediesse 2009), Il corpo e lo spazio della pena. Architettura, urbanistica e politiche penitenziarie (con F. Corleone e L. Zevi, Ediesse 2011) e Diritto e democrazia nel pensiero di Luigi Ferrajoli (Giappichelli 2011).

    Scarica la cartolina in formato pdf: anastasia.pdf.

    Durante l’incontro sarà possibile firmare per le 3 leggi di iniziativa popolare su Tortura, Carcere e Droghe.

  • Ecco perchè la legge Fini-Giovanardi è incostituzionale!

    cop-costituzionalitaLa legge Fini-Giovanardi è incostituzionale. All’interno di un dossier predisposto da la Società della Ragione, che viene presentato oggi pomeriggio a Udine, è infatti presentata una bozza di “Questione di legittimità costituzionale” che puo’ essere sollevata in sede di giudizio adattandola al caso di specie.

    A seguito di alcune recenti sentenze della suprema corte sulle procedure, e in particolare della 22/2012 (le disposizioni aggiunte in sede di conversione, estranee all’oggetto e alle finalità del testo originario del decreto di urgenza, esorbitano dal potere di conversione attribuito al Parlamento dall’art. 77, comma 2, della Costituzione), la Società della Ragione ha dunque promosso un accurato studio che ha prodotto uno schema di “questione di legittimità costituzionale” che, in occasione della terza Udienza presso il Tribunale di Tolmezzo del processo contro Rototom, gli avvocati di Filippo Giunta hanno sollevato in aula.

    Potete leggere la presentazione di Franco Corleone sul Manifesto di oggi, l’intervento di Luigi Saraceni al convegno di Udine sul caso Rototom del giugno scorso e scaricare il dossier predisposto dalla Società della Ragione.

  • Sprigioniamo le droghe

    Lunedì 25 giugno alle ore 12,00 presso la Sala Stampa del Senato (Corso Rinascimento) alla vigilia della giornata mondiale dell’Onu sull’abuso di sostanze stupefacenti si terrà la presentazione alla stampa del terzo Libro Bianco sugli effetti della Legge Fini Giovanardi.

    Saranno illustrati i  dei dati relativi al 2011 sugli ingressi in carcere e sulle presenze in carcere di consumatori di sostanze stupefacenti, sulle misure alternative per i tossicodipendenti, sulle sanzioni amministrative irrogate e sulle operazioni di polizia e i sequestri di sostanze.

    Introducono:
    Franco Corleone, Stefano Anastasia, Riccardo De Facci.

    Saranno presenti i Senatori:
    Roberto Della Seta, Francesco Ferrante, Roberto Di Giovan Paolo, Marco Perduca
    e l’onorevole Mario Cavallaro.

    Il libro bianco sugli effetti della Legge sulle droghe Fini-Giovanardi, giunto alla terza edizione, è a cura di Antigone, CNCA, Forum Droghe e Società della Ragione., con l’adesione di Magistratura Democratica, Unione Camere Penali.

    Per partecipare alla conferenza stampa, è necessaria comunicare la presenza tramite e-mail al seguente indirizzo: stampa@fuoriluogo.it

    Gli uomini devono indossare giacca e cravatta.

    (via fuoriluogo.it)

  • Ecco (quasi) tutti i danni della legge sulle droghe

    Dopo 5 anni di applicazione della legge 49/2006 Antigone, CNCA, Forum Droghe e La Società della Ragione hanno pubblicato il SECONDO LIBRO BIANCO SULLA LEGGE FINI-GIOVANARDI che contiene l’illustrazione e il commento dei dati sulle conseguenze penali e sulle sanzioni amministrative e i riflessi sull’amministrazione della giustizia e sul carcere delle politiche proibizioniste italiane sulle sostanze.

    Scarica il Dossier dal sito di Fuoriluogo.it: Secondo Libro Bianco sulla legge Fini-Giovanardi. (formato pdf, 1,1 mb)

    (dal blog di fuoriluogo.it)

  • Legalizzare non è più un’utopia

    Arci di Ferrara
    CGIL
    Forum Droghe
    La Società della Ragione

    con il Patrocinio del Comune di Ferrara

    Mercoledì 6 luglio – ore 18
    Mel Book Store
    Piazza Trento e Trieste
    Palazzo San Crispino
    Sala dell’Oratorio

    Legalizzare non è più un’utopia
    Presentazione del volume della Transform Drug Policy Foundation
    Dopo la guerra alla droga
    Un piano per la regolamentazione legale delle droghe

    Saranno presenti:
    Franco Corleone, segretario di Forum Droghe, già sottosegretario alla Giustizia
    Giuseppe Bortone,
    responsabile nazionale del Settore Tossicodipendenze della CGIL

    Quale può essere in concreto un percorso per superare l’ultracentenario regime mondiale di proibizione delle droghe definito dalle Convenzioni delle Nazioni Unite?
    Quali sono le opzioni possibili per la regolamentazione legale della produzione, dell’offerta e del consumo di tutte le droghe, illegali e legali? Attraverso quali tappe si deve procedere? Come distinguere fra le varie sostanze?
    Il volume di Transform, la fondazione britannica impegnata da anni sul terreno della riforma della politica sulle droghe, ha l’ambizione di rispondere a questi quesiti, offrendo per la prima volta una impalcatura normativa per tutte le sostanze psicoattive ad uso non medico. Con pragmatismo tipicamente anglosassone, gli autori scelgono i mattoni e presentano i plastici di costruzione del nuovo edificio legale che potrebbe sorgere dall’auspicabile «cambio di paradigma». Una riforma ormai inevitabile perché sono molti i segni di crisi della «guerra alla droga»: nonostante l’insistente retorica, imponenti evidenze ne documentano ormai la bancarotta politica, scientifica, etica. Non si tratta di uno scritto di mera testimonianza e neppure, come gli autori amano ribadire, di un testo «radicale ». Al contrario, l’estremismo ideologico è appannaggio dei proibizionisti.
    Forum Droghe con la condivisione della CGIL ha ritenuto utile presentare ai lettori italiani questa guida pratica ad una nuova politica delle droghe, radicata in «scienza e coscienza». La legalizzazione è un orizzonte possibile, a patto di discuterne con documentazione, discernimento e senza pregiudizi. Questo libro è un contributo in tal senso.

    Transform Drug Policy Foundation ha sede a Bristol, nel Regno Unito, ed è diretta da Steve Rolles.

  • La pena e lo spazio

    Società della Ragione
    Antigone
    Fondazione Michelucci
    Forum Droghe

    Architettura versus Edilizia
    QUALI SPAZI PER LA PENA SECONDO LA COSTITUZIONE?

    “Il carcere, magari nuove carceri, che eufemisticamente verranno chiamate in altro modo, si delinea come risposta prevalente ai problemi della nostra società. Non so se il carcere faccia più paura come oggetto o come concetto. Io li rifiuto in tutte e due le forme, come risposta sbagliata persino ai ‘terrori’ dell’opinione pubblica più sprovveduta che chiede ordine e tranquillità. Non ci potrà essere né ordine né tranquillità nei nuovi contenitori, magari rivestiti in marmo, che cominciano a farsi notare nelle nostre periferie, come non ci sarà mai sicurezza sufficiente per chi ha perduto qualsiasi rapporto con il proprio territorio”
    Giovanni Michelucci

    Roma, 2 e 3 dicembre 2010
    Senato della Repubblica – Sala ex Hotel Bologna

    Il Seminario intende concentrarsi sul senso della pena e i principi della Costituzione attraverso una analisi della corrispondenza tra forma e funzione.
    La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario hanno una stretta relazione col modo di interpretare la pena privativa della libertà in diversi contesti culturali sociali ed economici. Chi si propone di riformare la pena non può rinunciare a ripensare la forma penitenziaria, almeno fino a quando il carcere resterà dominante nelle nostre culture e nelle nostre pratiche punitive. La tendenza dominante è “più carceri” rispetto all’ipotesi “meno carcere”. Così la rinnovata emergenza del sovraffollamento penitenziario ha spinto il Governo ad assumere la questione edilizia come strumento principe per farvi fronte, attraverso la predisposizione di un “Piano Carceri” finalizzato all’ampliamento della capacità ricettiva. La Società della Ragione che ha già organizzato l’anno scorso un incontro su
    questi temi, propone invece la necessità di una grande riforma del carcere, proprio a partire dalla situazione di crisi individuando nuovi modelli di struttura, di vita e di inserimento sociale.
    Troppo spesso il carcere si trasforma in un deposito di corpi con un conseguente trattamento inumano e degradante che sfiora la tortura: occorre far rivivere i principi della Riforma del 1975 e attuare il Regolamento del 2000.

    Partecipano
    Stefano Anastasia
    Garante dei detenuti di Antigone e Ricercatore Università di Perugia
    Sebastiano Ardita
    Direttore generale Ufficio detenuti e trattamento DAP
    Vittorio Borraccetti
    già Procuratore della Repubblica di Venezia, membro del CSM
    Cesare Burdese
    Architetto
    Guido Calvi
    Avvocato, membro del Consiglio Superiore della Magistratura
    Lucia Castellano
    Direttore della Casa Circondariale di Milano Bollate
    Franco Corleone
    Presidente Società della Ragione, Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze
    Anna Finocchiaro
    Presidente del Gruppo parlamentare del Partito Democratico al Senato
    Patrizio Gonnella
    Presidente dell’Associazione Antigone
    Corrado Marcetti
    Architetto, Direttore della Fondazione Michelucci
    Sandro Margara
    Presidente della Fondazione Michelucci
    Francesco Maisto
    Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna
    Mauro Palma
    Presidente del Comitato Prevenzione Tortura del Consiglio d’Europa
    Sonia Paone
    Sociologa urbana, Università di Pisa
    Eligio Resta
    Professore di Filosofia e Diritto Università Roma 3
    Leonardo Scarcella
    Architetto, Responsabile Tecnico del Ministero della Giustizia
    Adriano Sofri
    Scrittore
    Maria Stagnitta
    Associazione Insieme, Vice Presidente di Forum Droghe
    Luca Zevi
    Architetto
    Grazia Zuffa
    Psicologa, direttrice di Fuoriluogo

    Scarica l’invito in formato pdf dal sito de La Società della Ragione, via fuoriluogo.it.

  • Il 5 per mille alla Società della Ragione

    Da socio fondatore della Società della Ragione non posso che far mio l’appello di Franco Corleone:

    Il tuo aiuto è prezioso. Scegli di devolvere il 5×1000 a “La società della ragione Onlus”. È sufficiente apporre la propria firma nei modelli di dichiarazione dei redditi, nella casella “sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale” e indicare il codice fiscale dell’Associazione.

    Il codice fiscale della Società della ragione è: 94159130486

    www.societadellaragione.it

  • Gli spazi della pena e l’architettura del Carcere

    Sabato 13 giugno 2009 al “Giardino degli Incontri” del Carcere di Sollicciano – Firenze si è tenuto il seminario organizzto da La Società della Ragione che si è proposto di raccogliere idee  sulla corrispondenza di forma e funzione nella pena. In particolare la riflessione si è incentrata sulla struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario, e di come queste corrispondano alla sua funzione, al modo di interpretare la pena privativa della libertà in diversi contesti culturali, sociali ed economici. Scarica l’invito.

    Ecco alcuni degli interventi, dal sito della Società della Ragione, via Franco Corleone:

  • Anni 70

    Ho aderito a quest’appello lanciato da La Società della Ragione, via Franco Corleone:

    Dopo le polemiche contro il film “La Prima linea”, che fanno seguito a tanti altri e sempre più frequenti episodi di attacchi mediatici tesi a imporre il silenzio e l’invisibilità nei confronti di ex condannati per fatti di lotta armata, pubblichiamo un appello, che tra i primi firmatari vede padre Camillo De Piaz, Franco Corleone e Patrizio Gonnella.
    Ci pare preoccupante che il tono – spesso troppo alto e violento ? e i contenuti della discussione attorno agli anni 70 abbiano visto in questi anni un decadimento, oltre che un accanimento. La riflessione sulla lacerazione armata, sulle leggi d’emergenza, sullo Stato di diritto e sulla qualità della democrazia di venti anni fa era arrivata a un grado di maturità e profondità assai maggiore dell’attuale.
    Allora forse, questo ennesimo caso, può diventare occasione non solo per dire basta, ma anche per costruire luoghi e prossime occasioni di un confronto e di una riflessione alta e rivolta in avanti. Ad esempio, immaginando e organizzando un grande convegno da tenersi nei prossimi mesi.

    APPELLO. BASTA CON L’ACCANIMENTO. PER UNA DISCUSSIONE SERIA SUGLI ANNI 70

    Raramente si è visto il caso di un film sottoposto a censura prima e durante la lavorazione. E, ovviamente, non si sa dopo. Sta capitando al film “La prima Linea”, tratto dal libro di Sergio Segio “Miccia corta”. Noi abbiamo letto quel libro: non è un racconto agiografico, è la ricostruzione sofferta di una storia politica, umana, d’amore, di morte. Drammaticamente autobiografica, fortemente autocritica. Da questo bel libro sta per essere tratto un film: il cinema racconta storie di persone o di gruppi, non la Storia, anche se può contribuire a rendere uno spaccato di momenti storici. Sono stati girati film su aspetti drammatici del passato lontano e recente del nostro Paese; sono stati girati film tratti dalle memorie autobiografiche di persone colpevoli di delitti, comuni o politici; sono stati girati film tratti da libri scritti da persone che hanno partecipato alle organizzazioni terroristiche degli anni Settanta.
    Perché questo è il cinema, questa è l’arte, questo è il racconto di storie.
    Mai nessuno, in precedenza, in Italia e all’estero (perlomeno in regime democratico), ha sottoposto a censura un film per il libro da cui è liberamente tratto, anche se molti criticano dei film, o dei libri, come dice la canzone di Rino Gaetano, senza prima vederli o leggerli.
    L’ultimo censore preventivo, al momento, di “La prima linea” è il dottor Spataro, procuratore della Repubblica a Milano, che in un’intervista lanciata in prima pagina dal “Corriere della Sera” ha duramente criticato Segio e il finanziamento pubblico a un film tratto da un libro di “un terrorista non pentito”.
    Noi non siamo d’accordo. In primo luogo perché il finanziamento a un film è valutato in base alle sue qualità artistiche, non alla personalità dell’autore da cui è liberamente tratto. In secondo luogo perché conferma la visione unilaterale, continuata nel tempo da parte del dottor Spataro, secondo cui le uniche persone che possono avere diritto di parola sono i collaboratori di giustizia, in quanto avrebbero permesso la sconfitta per via giudiziaria del terrorismo. Ma il terrorismo, a nostro giudizio, è stato sconfitto solo parzialmente dalla via giudiziaria, mentre è stato delegittimato alle radici da chi ha rivisitato criticamente, e in maniera collettiva, il proprio passato.
    È significativo quanto scrisse al riguardo padre Davide Turoldo tanti anni fa, quando la memoria e le ferite erano più fresche e tuttavia la riflessione più seria e profonda: «Cosa dire di uno stato che fonda la sua sicurezza sulla delazione e non tiene in adeguato conto la dissociazione, che invece significa precisamente nuova coscienza e collaborazione a “capire”? Infatti, il pentito non dice perché lo ha fatto, dice solo chi c’era; invece il dissociato non dice chi c’era ma dice perché lo ha fatto. E questo è ancor più importante per uno stato che si rispetti. Naturalmente se vuol “capire” e trarne profitto, e magari cambiare» (“il manifesto”, 28 gennaio 1985).
    Le possibili uscite dalle dinamiche della lotta armata sono state sostanzialmente tre: la prima è stata quella della collaborazione piena con i magistrati, definita normalmente come il fattore pentiti; la seconda è stata un movimento di rivisitazione critica comune del proprio passato, meglio conosciuta come dissociazione; la terza è stata una fuoriuscita attraverso l’utilizzazione personale degli strumenti messi a disposizione dalla legge Gozzini, meglio conosciuta come area del silenzio.
    La prima e la terza hanno avuto connotazioni prettamente individuali; la seconda ha conosciuto invece un percorso collettivo.
    Il movimento della dissociazione, di cui Segio è stato tra i principali esponenti, ha avuto quindi delle connotazioni collettive, quindi politiche. Non è stato solo un momento comune di revisione critica del passato, ha rappresentato anche un passaggio significativo per la riforma del carcere. La legge Gozzini, che ha aperto concretamente le porte delle prigioni alla possibilità riabilitativa, quindi di cambiamento reale, dei detenuti, è stata costruita con il contributo delle aree omogenee e delle sezioni penali delle carceri metropolitane.
    La connotazione stessa del movimento della dissociazione ha portato molti dei suoi esponenti, prima dentro e poi fuori dal carcere, a svolgere lavori socialmente utili. Per impegno personale e a dimostrazione che il cambiamento è possibile. Come appunto hanno fatto anche Segio e Ronconi presso il Gruppo Abele di don Luigi Ciotti e in altre realtà del volontariato e dell’impegno sociale. Questa cosa, che in altri Stati a civiltà giuridica consolidata è stata apprezzata al punto che gli ex esponenti di movimenti armati hanno potuto inserirsi nella vita lavorativa, nelle attività sociali e anche in quelle politiche, in Italia si è trasformata in una colpa.
    Gli ex terroristi non possono essere ex: sono e rimangono tali; non possono lavorare, soprattutto se lavorano bene, perché questa cosa a qualcuno può non piacere; soprattutto, non possono parlare: se a loro, anche una volta scontata la pena, si chiede qualcosa, devono solo stare zitti.
    Noi non siamo d’accordo sull’ergastolo alla parola né sull’epurazione sociale e lavorativa. Che riguardi ex militanti della sinistra o della destra o ex detenuti per reati comuni. Ci pare contro la Costituzione ma pure contro il buon senso. E neanche siamo d’accordo sul linciaggio mediatico, come quello cui è stato di nuovo sottoposto Segio in questi giorni.
    Non lo siamo perché sono persone che possono avere delle cose interessanti da dire sul presente, in relazione alle attività che svolgono; e non lo siamo perché sono persone che possono dare un contributo significativo nella ricostruzione delle loro scelte sbagliate negli anni Settanta. Ma non lo siamo soprattutto perché in Italia il diritto di parola finora non è mai stato negato a nessuno; e negarlo a loro significa arrecare un danno allo Stato di diritto.
    Per questo non condividiamo le censure a priori e a posteriori; e non siamo d’accordo con chi, come il dottor Spataro, vorrebbe subordinare la libertà di parola alla collaborazione di giustizia. Ci pare poi paradossale che gli attacchi si rivolgano sempre contro Segio, dopo che questi ha scontato sino in fondo decenni di carcere, a differenza di coimputati per gli stessi fatti che, a parità di responsabilità ma grazie al “pentimento”, sono rimasti sostanzialmente impuniti, ed è stato comunque l’ultimo della sua organizzazione a uscire dal carcere.
    Ridurre queste persone al silenzio e alla morte civile sarebbe un ritorno al diritto della Santa Inquisizione, non l’esercizio del diritto in uno Stato laico moderno. Sarebbe un modo preoccupante di soffocare ogni tensione alla riconciliazione in favore di una logica sterilmente vendicativa.

    Per aderire, inviare una mail a: appelli@societadellaragione.it.