Mobilitazione dei blogger per il 55%
Articolo che ho scritto per Terra del 10 ottobre 2010
Ci si è chiesti per molti mesi come si potesse andare avanti senza Ministro per lo Sviluppo Economico. Ora che un Ministro c’è, con alcuni amici blogger si è pensato che forse è meglio cominciare a distoglierlo dagli interessi suoi (Nucleare e TV), e provare mettere in primo piano nell’agenda ministeriale gli interessi di cittadini e imprese.
Una delle questioni che da tempo abbiamo ritenuto centrali per il futuro del nostro paese è quella della proroga delle agevolazioni fiscali del 55% per gli interventi volti all’efficienza energetica degli edifici.
La storia del 55% è in fondo la dimostrazione di come non sia necessario cementificare ulteriormente territorio per far crescere il settore edilizio: in questi anni, proprio grazie alle agevolazioni fiscali, le aziende più all’avanguardia e più dinamiche e gli artigiani e installatori più flessibili, hanno saputo costruirsi un intero settore, che ha prodotto, al netto delle agevolazioni, un ritorno al Sistema paese di 4 miliardi di euro.
Un miracolo se pensiamo alla crisi economica, un doppio miracolo se pensiamo che i circa 600.000 interventi agevolati (dalla sostituzione di finestre, caldaie all’installazione di pannelli solari, ma anche soluzioni di isolamento termico delle pareti e dei tetti) hanno prodotto un risparmio di oltre 4500gw sulla bolletta energetica italiana.
Significa che moltissimi cittadini italiani, grazie alle agevolazioni, hanno potuto non solo migliorare la qualità edilizia delle proprie case scaricando la spesa sostenuta dalla propria Irpef, ma anche risparmiare sulla bolletta casalinga, evitando tonnellate su tonnellate di emissioni nocive. Ma non solo: le modalità di pagamento previste dalle agevolazioni hanno favorito l’emersione delle transazioni, in un settore spesso tendente, per così dire, al grigio.
L’obiettivo di risparmio energetico posto dall’Unione Europea e contenuto nel Piano d’Azione nazionale (42.000gw entro il 2016) sarà molto difficilmente raggiungibile senza la conferma della detrazione fiscale. Per questo, dopo i numerosi tentativi di boicottaggio nelle recenti finanziarie, abbiamo promosso un appello al neoministro Romani per chiedere un suo impegno alla proroga del 55%. Un provvedimento più volte sollecitato dal parlamento, richiesto da associazioni di categoria e istituzioni locali. Un provvedimento che è a vantaggio dell’ambiente, delle imprese, dei cittadini contribuenti e del Fisco.
Come si fa a dire di no?
Aderite anche voi all’appello su www.cinquantacinquepercento.it
L’impatto ambientale dello switch off
Quale è l’impatto ambientale legato al passaggio al digitale terrestre, il famoso switch off? Quanti televisori, in questa occasione, finiscono tra i rifiuti? E le amministrazioni locali possono fare qualcosa per ridurre i danni? Se lo è chiesto Leonardo Fiorentini, consigliere ecologista nella Circoscrizione 1 di Ferrara che ha presentato una mozione in tal senso.
Il documento prende spunto da esperienze positive come quella ferrarese del riutilizzo del materiale informatico da parte di TiRicicloPC o quella del Comune di Bressanone che in occasione del passaggio dal segnale analogico al digitale ha attivato un servizio per la popolazione più anziana curato dagli studenti di due scuole professionali, i quali si sono recati a domicilio dei richiedenti per l’installazione, la sintonizzazione e la comprensione dei nuovi decoder e dei nuovi telecomandi.
Così i Verdi hanno chiesto alla Circoscrizione e all’amministrazione comunale di mettere in campo azioni volte a limitare al massimo i danni ambientali e sociali dovuti al cambio di tecnologia di trasmissione.
«Nonostante i regolamenti sui rifiuti elettronici prevedano già il ritiro gratuito della tv – spiega il presidente del gruppo consiliare dei Verdi in Circoscrizione 1 – nelle regioni dove il passaggio al digitale è già avvenuto gli abbandoni di televisori in modo non corretto, ad esempio di fianco ai cassonetti o peggio a fianco delle strade, si sono moltiplicati. E spesso i televisori gettati, anche in modo corretto, potrebbero essere ancora utilizzabili come postazioni di videoproiezione, ad esempio nelle scuole del territorio. L’altra questione – conclude il consigliere ecologista – è quella riguardante le antenne, che spesso hanno bisogno di un intervento di orientamento o di adeguamento. Potrebbe essere l’occasione giusta per promuovere un sistema di tariffe agevolate per coloro che, ad esempio accorpandole, decidono di diminuire l’impatto visivo delle antenne sui tetti del centro storico».
Michele Scotti su Terra del 28 maggio 2010.
Ancora un balletto di cifre: non si sa quanti e quali inquinanti
ANALISI. Da 400 a 600 tonnellate di idrocarburi: il sottosegretario Menia parla alla Camera di quantità variabili, mentre non si conosce con esattezza la composizione della macchia. Un’unica certezza: si è trattato di un’azione di sabotaggio.
«E’ una vera catastrofe e non solo ambientale quella che si sta prospettando per il Po». Le cifre dello sversamento si rincorrono ancora nella serata di ieri, ma il giudizio di Attilio Rinaldi, responsabile del progetto oceanografico Daphne che monitora la situazione dell’Adriatico, è netto. «Che ancora le cifre ballino sembra strano», dice Rinaldi ancora prima che il sottosegretario Roberto Menia parli nel pomeriggio alla Camera di una enorme quantità di idrocarburi rilasciati per un atto doloso (su questo il governo non ha oggi dubbi): da 400 a 600 tonnellate.
«Su quello che succederà in mare ancora non abbiamo nessuna certezza: lunedì saremo alle bocche del Po per vedere quello che arriva. Ho comunque la sensazione che il fiume si sacrificherà per l’Adriatico. Una buona parte del materiale rimarrà nelle acque dolci, sulle sponde, nelle sabbie di fondo, nei canneti, i quell’intrico di canali che è la foce. È senz’altro l’evento più devastante per il Po a partire dalla Seconda guerra mondiale”. A preoccupare Rinaldi è anche il particolare momento in cui è avvenuto l’incidente del Lambro. «Stiamo andando verso la primavera, il periodo in cui è maggiore l’attività riproduttiva. Inquinamenti di questo genere impattano enormemente sugli stadi giovanili degli organismi, sulle uova, sulle larve di pesci, molluschi e crostacei. Gli adulti – spiega l’esperto- hanno la capacità di spostarsi, gli stadi giovanili di molti organismi non hanno le stesse capacità di difesa».
Certo, è paradossale che dopo giorni dall’incidente ancora non si conoscano le dimensioni della macchia e neanche i componenti specifici. «Ci hanno detto che dentro ci sono greggio, gasolio, idrocarburi. Ma certamente c’è differenza: il gasolio tende a diluirsi nell’acqua e viene quindi assorbito dagli organismi filtratori. L’impatto del greggio è visivamente maggiore ma a livello di ecosistemi e di funzionalità del fiume è meno dannoso».
Perché il Po non è solo il più grande ecosistema acquatico italiano, ma anche un fornitore di servizi. «Ferrara beve acqua del fiume. E ora non si irrigano i campi, ma se fossimo più avanti nella stagione questo avrebbe significato anche una catastrofe per l’agricoltura della Pianura Padana». «Sull’approvvigionamento dell’acquedotto di Ferrara per ora non ci sono particolari problemi» spiega Paolo Pastorello, direttore cittadino dell’Hera, la multiutility che si occupa di gran parte del servizio idrico in Emilia Romagna.
«Domani mattina (oggi per chi legge, ndr) abbiamo una riunione in prefettura per capire le dimensioni del fenomeno. Se sarà necessario (e per ora non pare) chiuderemo l’approvvigionamento: abbiamo comunque la riserva per due o tre giorni, per aspettare che passi la marea nera». Ma Leonardo Fiorentini, candidato alle regionali per i Verdi, ricorda che la società ha chiuso il laboratorio di analisi di Pontelagoscuro, per spostarlo a Sasso Marconi: «Così ci vuole più tempo per farle, le analisi. Il consiglio comunale ha chiesto che il laboratorio rimanesse dov’era. Sarebbe stato meglio».
Simonetta Lombardo per Terra del 26 febbraio 2010.
In difesa del Rototom Sunsplash
Articolo pubblicato da Terra il 21 novembre 2009 – scarica il pdf: pagina 10
Il Rototom Sunsplash, il più importante Festival Reggae europeo che si svolge da 16 anni a Osoppo (UD), è stato denunciato alla magistratura – nella persona del suo presidente Filippo Giunta – con l’accusa di “aver agevolato l’uso di sostanze stupefacenti”. I Carabinieri di Udine hanno così sfruttato una delle tante norme liberticide (l’art. 79) introdotte nella legislazione sulle droghe da Fini e Giovanardi, norma che prevede una pena dai 3 ai 10 anni di reclusione e un’ammenda fra i 3mila e i 10mila euro. Più o meno la stessa pena in vigore per lo stupro.
Non si tratta certo di un fulmine a ciel sereno. Da alcuni anni centinaia di agenti hanno blindato il festival. In 9 anni 340 persone sono state denunciate per spaccio (molte perché in possesso di minime quantità), mentre sono stati sequestrati circa 20 chili di marijuana contro soli 37 grammi di eroina. La sproporzione quantitativa (e qualitativa) fra le sostanze rende evidente come l’attacco al Rototom sia in effetti parte di un più vasto e complesso attacco miope e ideologico contro la marijuana avviato dal duo Giovanardi-Serpelloni. Attacco reso ancora più ridicolo dalla tesi dell’accusa per cui gli organizzatori agevolerebbero l’uso della marijuana poiché combattono efficacemente la diffusione di droghe pesanti.
In queste settimane intorno al Rototom si è però stretto il mondo musicale, sociale e politico, con numerose manifestazioni di solidarietà: Elisa, Almamegretta, Neffa, Sud Sound System, Vinicio Capossela, Subsonica, Giuliano Palma, Caparezza e Dario Vergassola fra gli artisti ma anche Moni Ovadia, Don Ciotti, Don Gallo, Giuliano Giuliani, Beppino Englaro, Guido Blumir, Luigi Manconi, Debora Serracchiani e Ignazio Marino (che ha dovuto pure subire la reprimenda ad personam dell’ineffabile Giovanardi) e infine i vignettisti Vauro e Altan. Questi sono solo alcuni dei nomi che appaiono sul sito del rototom (www.rototomsunsplash.com) dal quale si può seguire le iniziative di solidarietà – fra le quali anche “io agevolo” una raccolta di autodenunce fotografiche – culminate il 13 novembre scorso quando oltre duemila persone hanno invaso piazza Matteotti a Udine per una manifestazione-concerto in solidarietà con il Festival Reggae.
Purtroppo l’ipotesi più accreditata resta quella di un futuro lontano dall’Italia. “Speriamo non sia un addio, ma un arrivederci”, ha dichiarato alla stampa Alessandro Oria, portavoce del Sunsplash, che ha precisato che “l’ipotesi di un trasferimento a Barcellona resta in pole position”. Un vero peccato per una manifestazione che ha rappresentato negli anni un punto di riferimento per generazioni di giovani, appassionati di reggae ma non solo.
A difesa del Rototom Sunsplah, in solidarietà con gli organizzatori e per “dire basta a una politica delle droghe che riempie le carceri di tossicodipendenti e ingolfa i tribunali di decine di migliaia di processi per detenzione di sostanze stupefacenti irrogando condanne inique per spaccio presunto” Fuoriluogo.it sta promuovendo in queste ore un appello al quale è possibile aderire su www.fuoriluogo.it/rototom.
Leonardo Fiorentini
Fuoriluogo.it
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
In occasione del Ferragosto (e dell’iniziativa radicale) mi pare sensato segnalare questo appello lanciato da Ristretti Orizzonti sulla situazione nelle carceri italiane al quale ho aderito:
DIFENDIAMO L’ARTICOLO 27 DELLA COSTITUZIONE!
Educhereste i vostri figli al rispetto della legalità facendoli crescere in un ambiente dove è impossibile rispettare la legge?
Nelle carceri italiane ci sono 43.117 posti regolamentari e quasi 64.000 detenuti. Stipati uno sull’altro. Il personale sotto organico è costretto a lavorare in condizioni di pesante disagio e tensione. In questa situazione viene meno anche la dignità e l’umanità delle persone detenute.
Nelle sovraffollate carceri italiane, le persone che dovrebbero iniziare un percorso graduale di reinserimento nella società, sono invece sempre più spesso rinchiuse nelle celle a non far niente.L’articolo 27 della Costituzione italiana dice:
La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.I cittadini italiani chiedono sicurezza. Hanno diritto alla sicurezza. Ma in che modo parcheggiare in celle invivibili i detenuti in attesa di nulla contribuisce alla sicurezza?
Non conviene a nessuno che una persona che ha commesso un reato esca di galera forse peggiore di come ci è entrata. Se i cittadini liberi ci riflettessero più spesso, forse smetterebbero di pensare che la soluzione a ogni problema sia prevedere sempre più galera per chi viola la legge.
Oggi abbiamo superato non solo la capienza regolamentare delle carceri, ma anche quella ritenuta dal Ministero della Giustizia “tollerabile”. E le previsioni parlano di aumento esponenziale di “tempo inutile”, perché manca il personale, mancano attività lavorative, mancano spazi.Ci serve davvero più carcere, o ci serve un carcere diverso?
Il carcere ci serve e ci rassicura quando è previsto:
– per chi costituisce realmente un pericolo per la società.Il carcere NON ci serve e NON ci rassicura quando è previsto:
– per chi sta male e avrebbe bisogno di essere curato;
– per chi ha problemi con la droga;
– per chi è giovane e potrebbe essere aiutato con pene diverse dalla detenzione, piuttosto che parcheggiato in un luogo “intollerabile” come le attuali galere;
– forse non serve più neppure per parecchi di quei 20.000 detenuti che stanno dentro con meno di tre anni di pena ancora da scontare (di cui quasi 9.000 ne hanno meno di uno) e ci farebbero sentire tutti più sicuri se invece potessero scontare l’ultima parte della loro pena in misura alternativa, lavorando per costruirsi un futuro decente.L’articolo 27 della Costituzione ci fornisce la più moderna soluzione ai problemi della sicurezza: una pena che abbia un senso e che dia speranza. Teniamocelo stretto!
PS: da segnalare sul tema anche il fondo di Franco Corleone su Terra di oggi. Gabbie disumane.
Il 15 aprile Terra in edicola
Mercoledì prossimo, 15 aprile, esce in edicola un nuovo quotidiano nazionale: Terra, giornale di politica, ambiente, cultura e informazione pulita.
Potremmo discutere tanto sull’utilità o meno di uscire con un quotidiano verde in edicola. Però va dato atto, come sostiene la Presidente Francescato, che questo rappresenta “il compimento di una trasformazione che ci ha portato a creare da Notizie Verdi una nuova proposta editoriale, più ricca di contenuti e, ci auguriamo, capace di incontrare l’interesse di tutti coloro che sono sensibili alle tematiche ecologiche. Il tutto senza rinunciare alla nostra identità”. Che non è poco, considerando che la stessa vi ha appena rinunciato (all’identità) confluendo nella sinistra e la libertà.
Ma basta con le polemiche, la campagna elettorale è alle porte ed un giornale che esce in circa 60 città (la lista completa la troverete sul sito www.terranews.it) è sicuramente utile. L’elenco sul sito non c’è ancora ma c’è un programma di abbonamenti per recapitare il quotidiano direttamente a casa la mattina stessa del giorno d’uscita del giornale. E magari penseranno anche ad un programma d’abbonamento on line, per ricevere il numero pdf sul proprio computer.
Un augurio sincero alla redazione di Terra, ed in particolare all’amico Direttore Editorale, Giovanni Nani.
L’aspettiamo in edicola.
L’ive o terra?
Boh, a me l’ive non dispiaceva, e non ho sinceramente capito chi ha suggerito terra come nome del nuovo quotidiano dei Verdi (e soprattutto perchè si cambino le regole del giochino in corsa…).
Ma l’uno o l’altro, fa poca differenza, visto che il nome, in confronto alla sfida dell’edicola, è ben poca cosa…
Cose celesti
Per tutti gli astrofili lettori di questo blog, due segnalazioni. Una è che un asteroide, ma non quello che qualche mese fa ci era stato segnalato per la sua traiettoria molto vicina alla Terra, sta per passare. L’altra è questa galleria di foto, da Sawse – Stir it Up!.
Ah, nel frattempo c’è la CEI che spinge per le grandi intese. Un po’ troppo terreno?